Edilizia, Circolare congiunta MIT-Funzione Pubblica su norme DL Semplificazioni

La ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, e la ministra per la Funzione Pubblica, Fabiana Dadone, hanno firmato una circolare inviata alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, all’Unione delle Province d’Italia, all’Associazione Nazionale Comuni Italiani, al Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici e ai Provveditorati Interregionali per le Opere pubbliche.
Il testo riguarda il decreto Semplificazioni e le novità più significative sono quelle introdotte dall’articolo 10 che riguarda gli articoli 2-bis e 3 del Testo Unico, DPR 380/2001.
La prima, relativa all’articolo 3, risiede nella nuova definizione, più ampia, di “ristrutturazione edilizia” oggi estesa anche agli interventi di demolizione e ricostruzione dove risulti modificata la sagoma, il prospetto, il sedime e le caratteristiche tipologiche. In questi casi non sarà più necessario richiedere il permesso di nuova costruzione. E ciò varrà non solo per gli interventi di adeguamento alla normativa antisismica, come in precedenza, ma anche nei casi di migliorie all’accessibilità, di installazione di impianti tecnologici e di efficientamento energetico. Si potrà, addirittura, aumentare la volumetria se ciò risulterà funzionale alla rigenerazione urbana. Speculare alla semplificazione voluta con queste modifiche è però il maggiore rigore richiesto per gli immobili sottoposti a particolari vincoli previsti dal codice dei beni culturali. In questi casi non solo non sono ammessi aumenti di volumetria ma è richiesto il mantenimento delle caratteristiche tipologiche originarie. Stesso discorso per gli immobili nei centri storici, dove le deroghe sono ammesse solo se previste da previsioni legislative regionali o da strumenti urbanistici.
L’altra importante novità riguarda l’articolo 2-bis del Testo Unico e la deroga alle norme sulle distanze per gli interventi di ricostruzione o demolizione, deroga oggi consentita purché gli edifici originari siano stati legittimamente realizzati prima dell’adozione della disciplina sulle distanze.
Anche in questo caso, la deroga varrà per gli immobili dei centri storici solo se prevista nei piani di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale ovvero dalla legge regionale o dai piani urbanistici regionali.
“Le semplificazioni in materia di rigenerazione e riqualificazione urbana rappresentano una leva regolatoria importante per rilanciare un settore chiave della nostra economia e per innalzare il valore del nostro patrimonio immobiliare. Il decreto Semplificazioni è un primo passo importante, ma lo snellimento burocratico è un risultato che va perseguito nel tempo, con molti interventi mirati e la collaborazione di tutti i livelli di governo. Un’azione che condurremo con decisione grazie allo strumento dell’Agenda per la semplificazione 2020-2023”, ha dichiarato la ministra Fabiana Dadone.
“Queste norme inserite nel decreto semplificazioni rappresentano un passaggio fondamentale su almeno due fronti: da una parte, imprimono quell’accelerazione necessaria per la ripresa dell’economia, oggi ancora più di ieri. Dall’altra, garantiscono in maniera incisiva la certezza che tutte le attività si svolgano nel pieno rispetto delle regole, sempre nella direzione della legalità. Rendere più rapidi e trasparenti i processi amministrativi oggi significa snellire i processi che troppo spesso hanno fermato interi settori imprenditoriali, significa far ripartire l’economia. Si tratta di un traguardo imprescindibile per il quale lavoriamo senza sosta, anche grazie all’impegno del Sottosegretario Salvatore Margiotta al quale ho chiesto di istituire e coordinare un Tavolo di esperti sulla Rigenerazione urbana” ha dichiarato la Ministra delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli.

Consiglio di Stato, Divieto di “pantouflage” per gli ex dipendenti con poteri autoritativi

La previsione normativa sul divieto di pantouflage, dal termine usato per gli alti funzionari pubblici francesi che ottengono ad un certo punto della carriera lavori da soggetti privati, va interpretata nel senso che gli ex dipendenti pubblici, che abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni o degli enti da asse controlli, non possono nei tre anni successivi assumere rapporti di lavoro privati o incarichi professionali presso soggetti privati destinatari dell’attività del soggetto pubblico al tempo datore di lavoro di tali ex dipendenti. È quanto chiarito dal Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 7462 del 27 novembre 2020.
L’art. 53 comma 16 ter del d. lgs. n. 165/2001 stabilisce infatti che “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.”
L’art. 21 comma 1 del d.lgs n. 39/2013 ha inoltre stabilito che “Ai soli fini dell’applicazione dei divieti di cui al comma 16-ter dell’articolo 53 del d. lgs. n. 165/2001, e successive modificazioni, sono considerati dipendenti delle pubbliche amministrazioni anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al presente decreto, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo. Tali divieti si applicano a far data dalla cessazione dell’incarico.”

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

DURC, non rileva l’irregolarità contributiva intermedia

Il DURC, correttamente conseguito dall’impresa partecipante alla procedura di gara, impedisce all’amministrazione prima e al giudice amministrativo poi, ogni valutazione sulla rilevanza sulle irregolarità contributive verificatesi nei 120 giorni successivi alla certificazione, in quanto discende direttamente dalla legge l’irrilevanza medio tempore, durante il periodo di validità del documento e comunque non oltre la stipula del contratto, delle inadempienze sopravvenute. Lo ha chiarito il Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 10/11/2020 n. 6920.
Nelle procedure di gara, il DURC costituisce unico documento attestante il rispetto degli oneri previdenziali ed assistenziali da parte dell’operatore economico partecipante senza che la stazione appaltante sia tenuta ad altra verifica in merito (ex multis, Cons. Stato, V, 14 giugno 2019, n.4023; id., IV, 24 ottobre 2018, n. 6059; id., V, 12 febbraio 2019, n. 1141; 5 febbraio 2018, n. 716). L’eventuale inesattezza della certificazione relativa alla regolarità contributiva può essere oggetto di accertamento incidentale da parte del giudice amministrativo al fine della verifica dell’esistenza o meno del requisito di partecipazione ove detta questione gli sia sottoposta come vizio di legittimità del provvedimento impugnato, spettando alla parte che allega il contrasto tra la certificazione e reale situazione dell’operatore economico fornire la prova in giudizio che l’irregolarità contributiva riportata nel DURC sia in realtà insussistente ovvero, al contrario, che non sussista la regolarità accertata (da ultimo, Cons. Stato, V, 14 giugno 2019 n. 4023; id., V, 12 giugno 2019, n. 3943). L’eventuale impugnazione per illegittimità del DURC in relazione a vicende successive alla sua emissione, non potrebbe determinare alcuna sanzione annullatoria e, conseguentemente, alcun esito espulsivo del partecipante alla gara. Infatti, dinanzi al giudice amministrativo, per un verso, verrebbe in evidenza il comportamento della stazione appaltante il quale, non avendo l’ente la possibilità di sindacare i contenuti del documento contributivo, dovrebbe essere ritenuto corretto; per altro verso, si verrebbe a valutare la legittimità di un provvedimento sulla scorta di fatti intervenuti successivamente alla sua efficacia, dove anche qui è prevedibile un esito di rigetto della domanda.
L’impugnazione del DURC per inadempimenti contributivi commessi successivamente alla sua emissione ma nell’ambito del periodo di validità di 120 giorni, non appare scrutinabile. La situazione determina solo apparentemente un vuoto di tutela, in quanto un’analisi più dettagliata del dettato normativo comprende di cogliere meglio i termini della questione, evidenziando come la fattispecie sia perfettamente inquadrabile nell’ambito della riserva di legge sulle cause impedienti la partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici.
Infatti, come prevede il d.l. 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, convertito in l. 9 agosto 2013, n. 98, la disciplina vigente, di cui all’art. 31 “Semplificazioni in materia di DURC”, il documento è acquisito d’ufficio, attraverso strumenti informatici:
“a) per la verifica della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all’articolo 38, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
b) per l’aggiudicazione del contratto ai sensi dell’articolo 11, comma 8, del decreto legislativo n. 163 del 2006;
c) per la stipula del contratto;
d) per il pagamento degli stati di avanzamento dei lavori o delle prestazioni relative a servizi e forniture;
e) per il certificato di collaudo, il certificato di regolare esecuzione, il certificato di verifica di conformità, l’attestazione di regolare esecuzione, e il pagamento del saldo finale.”
Prevede inoltre il successivo comma 5 che il DURC “rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha validità di centoventi giorni dalla data del rilascio. I soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, utilizzano il DURC in corso di validità, acquisito per l’ipotesi di cui al comma 4, lettera a), del presente articolo, anche per le ipotesi di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma nonché per contratti pubblici di lavori, servizi e forniture diversi da quelli per i quali è stato espressamente acquisito.
Dopo la stipula del contratto, i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 acquisiscono il DURC ogni centoventi giorni e lo utilizzano per le finalità di cui al comma 4, lettere d) ed e), del presente articolo, fatta eccezione per il pagamento del saldo finale per il quale è in ogni caso necessaria l’acquisizione di un nuovo DURC.“
È quindi evidente, dalla scansione delineata dal legislatore, che le stazioni appaltanti abbiano necessità di acquisire tre diversi DURC, rispettivamente: il primo per a) la verifica della dichiarazione sostitutiva; b) l’aggiudicazione del contratto; c) la stipula del contratto; il secondo –eventualmente reiterato – per d) il pagamento degli stati di avanzamento; e) il certificato di collaudo; il terzo per il pagamento del saldo finale.
La detta cadenza evidenzia dunque il dato positivo, dove è il legislatore stesso a farsi carico del bilanciamento di opposte esigenze, costituite, da un lato, dalla puntuale osservanza della regolarità dei singoli adempimenti spettanti all’impresa e, dall’altro, delle esigenze di semplificazione procedimentale connesse allo svolgimento della gara, stabilendo un determinato periodo di copertura (e presunzione positiva) dell’adempimento degli obblighi contributivi.
E tale bilanciamento è compiuto attribuendo validità alla certificazione, tramite lo strumento della presunzione, anche per un periodo successivo alla sua emissione, ammettendo che detto DURC valga anche per la stipula del contratto e, quindi, considerando temporalmente irrilevanti le irregolarità verificatesi medio termine.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Gli avvocati comunali possono far parte delle commissioni di gara negli appalti

Non sembrano sussistere elementi che consentano di ritenere gli avvocati dipendenti dell’Ente esenti dallo svolgimento di incarichi in seno a commissioni di gara. Agli avvocati dirigenti è richiesta, ove nominati, una prestazione di carattere occasionale in seno alle commissioni di gara al pari degli altri dipendenti dell’Ente, in qualità di esperti ossia in ragione delle conoscenze in materia di legislazione amministrativa e contrattualistica proprie del profilo professionale dell’avvocato, che, nell’ottica del datore di lavoro, concorrono senza dubbio ad assicurare la legalità dell’azione amministrativa, soprattutto in una materia così complessa come quella degli appalti, da cui spesso scaturiscono gravosi contenziosi innanzi agli organi di giustizia amministrativa. È quanto precisato dal Dipartimento della Funzione pubblica – Servizio per la gestione del personale pubblico, nella nota prot. n. 55945 del 28-08-2020, in risposta ad una specifica richiesta di parere di un Ente in merito alla possibilità di designare anche gli avvocati dirigenti quali componenti delle commissioni di gara negli appalti. Il Dipartimento, nella ricostruzione del quadro normativo di riferimento e per chiarire gli elementi che contraddistinguono la prestazione lavorativa degli avvocati dipendenti di enti pubblici, ricorda che l’articolo 1, comma 221, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di bilancio 2019) ha stabilito una deroga all’articolo 23 della legge n. 247/2012, recante “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”, prevedendo la possibilità di attribuire ai dirigenti dell’avvocatura civica e della polizia municipale anche altre funzioni di natura gestoria («Le regioni e gli enti locali provvedono alla ricognizione delle proprie dotazioni organiche dirigenziali secondo i rispettivi ordinamenti, nonché al riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando eventuali duplicazioni. Allo scopo di garantire la maggior flessibilità della figura dirigenziale nonché il corretto funzionamento degli uffici il conferimento degli incarichi dirigenziali può essere attribuito senza alcun vincolo di esclusività anche ai dirigenti dell’avvocatura civica e della polizia municipale…»). Circa l’impossibilità per gli avvocati dirigenti di compiere atti di amministrazione attiva, il Dipartimento rappresenta che, anche in prospettiva della disciplina a regime dell’Albo dei commissari di gara per come prevista dagli articoli 77 e 78 del d.lgs. n. 50 del 2016, lo stesso art. 77 contempla la possibilità di nominare quali commissari di gara alcuni componenti interni alla stazione appaltante senza prevedere particolari esclusioni. Infatti, anche le Linee guida n. 5 dell’ANAC (emanate in attuazione del d.lgs. n. 50 del 2016 ed afferenti i “Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici“) prevedono, conformemente alla legge, sia l’iscrizione di professionisti esercenti le professioni regolamentate, stabilendo i relativi requisiti nel paragrafo 2.5, e sia l’iscrizione dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici; non contemplando, invece, esclusioni per gli avvocati dipendenti iscritti all’elenco speciale. Inoltre, l’ANAC ha avuto modo di affermare nelle dette Linee guida che “Alla commissione non possono essere attribuiti compiti di amministrazione attiva che competono alla stazione appaltante”. Infatti, secondo il consolidato e prevalente orientamento giurisprudenziale (Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 dicembre 1991, n. 1081; TAR Lombardia, Brescia, 3 febbraio 1984, n. 25; Consiglio di Stato, Sez. V, 30 maggio 2016, n. 223), essa svolge compiti di natura essenzialmente tecnica, con funzione preparatoria e servente rispetto all’amministrazione appaltante, essendo investita della specifica funzione di esame e valutazione delle offerte formulate dai concorrenti, finalizzata alla individuazione del miglior contraente possibile, benché la funzione di detta commissione si esaurisca soltanto con l’approvazione del proprio operato da parte degli organi competenti dell’amministrazione appaltante e, cioè, con il provvedimento di c.d. aggiudicazione definitiva. Resta ferma la necessità, per l’ente, di valutare attentamente la ricorrenza di situazioni, anche solo potenziali, di conflitto d’interesse in sede sia preventiva che successiva alla definizione delle procedure di aggiudicazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

PON Scuola, adeguamento spazi e aule: proroga termini conclusione delle operazioni

Il Ministero dell’Istruzione, con nota n. 33909 del 26 novembre 2020, preso atto delle difficoltà operative nell’attuazione degli interventi rappresentate dagli enti locali, comunica che, anche alla luce del perdurare della situazione emergenziale, viene concessa una proroga al 16 marzo 2021 per quegli enti che alla data del 21 dicembre 2020 possano documentare, con riferimento alle schede progettuali di cui all’articolo 7 degli avvisi in oggetto, di aver provveduto all’aggiudicazione delle procedure di affidamento previste. La documentazione in questione dovrà essere inoltrata attraverso la piattaforma Gestione Interventi GPU fino alla concorrenza dell’importo autorizzato. In assenza di formale rinuncia e in mancanza delle schede progettuali, complete della documentazione richiesta, regolarmente caricate a sistema si procederà alla corrispondente revoca totale o parziale del finanziamento concesso. A tal fine, il MIUR raccomanda il puntuale rispetto dei nuovi termini indicati e l’implementazione delle piattaforme GPU e SIF con l’inserimento delle informazioni e degli atti richiesti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Refezione scolastica, non è nulla la clausola che richiede la disponibilità di un centro di cottura

Nell’appalto avente ad oggetto il servizio di refezione scolastica la clausola della lex specialis di gara, che richiede la disponibilità di un centro di cottura, non introduce una causa di esclusione non prevista per legge, e quindi nulla ai sensi dell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, e ciò in quanto, attenendo al servizio di fornitura dei pasti, per l’oggetto della procedura di gara di refezione scolastica può senz’altro ritenersi riguardanti i livelli minimi di capacità tecnica. È quanto stabilito dal Tar Napoli, sez. VII, 24 novembre 2020, sentenza n. 5499.
La Sezione ha chiarito che il divieto di porre cause di esclusione non previste per legge, a pena di nullità della clausola, è previsto dall’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016. Le cause di esclusione nulle sono quelle che contengono “ulteriori prescrizioni” rispetto a quelle che le stazioni appaltanti indicano sulle “condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità” e su cui effettuano “la verifica formale sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche professionali”.
Trattandosi, nel caso all’esame del Tar, di procedura di gara avente ad oggetto il servizio di refezione scolastica, dirimente risulta allora la considerazione relativa alle clausole in contestazione, al fine di stabilire se possano annoverarsi tra “le condizioni di partecipazione” in quanto espressione dei “livelli minimi di capacità”, utili a consentire la verifica delle “capacità realizzative” e delle “competenze tecniche professionali”, in quanto solo le prescrizioni che risultano “ulteriori” rispetto a quelle appena specificate, sono nulle ai sensi del menzionato art. 83, comma 8.
Ad avviso della Sezione le previsioni relative alla disponibilità del centro di cottura debbono ritenersi attinenti ai livelli minimi di capacità e, dunque, rientranti tra le condizioni di partecipazione e non tra le “ulteriori prescrizioni” per le quali è prevista la nullità ai sensi dell’art. 83, comma 8, ultima parte, d.lgs. n. 50 del 2016. Le clausole in contestazione, infatti, attengono il servizio di fornitura dei pasti, che, per l’oggetto della procedura di gara di refezione scolastica, possono senz’altro ritenersi riguardanti i livelli minimi di capacità tecnica. Deve, pertanto, escludersi che si tratti di previsioni eccedenti i limiti specificati per le clausole di esclusione a pena di esclusione dall’art. 83, comma 8 del ‘secondo codice’ sugli appalti pubblici. Ne consegue che le clausole censurate, relative alle previsioni sul centro cottura non risultano violative del più volte menzionato art. 83, comma 8, con la conseguenza che eventuali vizi riferibili a tali clausole escludenti, renderebbero le relative previsioni, non nulle, ma al più annullabili.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Anac, inserimento attività smaltimento in discarica nell’ambito di appalto lavori

Con la delibera n. 962 de 11 novembre 2020 l’Autorità ha approvato l’atto di segnalazione n.9/2020 concernete la disciplina degli oneri di conferimento in discarica nell’ambito di un appalto di lavori e la disciplina dei sistemi telematici di affidamento dei contratti di forniture e servizi.
Più precisamente l’Autorità ha segnalato, con riferimento alla prima questione trattata, l’opportunità di inserire le attività di smaltimento in discarica nell’ambito delle lavorazioni oggetto dell’appalto, unitamente alle attività di trasporto dei rifiuti medesimi, contrariamente a quanto previsto nella bozza di Regolamento unico di cui all’articolo 216, comma 27-octies del Codice dei contratti pubblici; con riferimento alla seconda tematica trattata, l’opportunità di coordinare le disposizioni del predetto Regolamento con le previsioni della normativa di rango primario e segnatamente con gli articoli 29, 44, 80 e 213 del decreto legislativo n. 50/2016.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Ok in Conferenza unificata all’Agenda per la semplificazione

Approvata oggi in Conferenza unificata l’Agenda per la semplificazione 2020-2023, attivata grazie a una precisa disposizione contenuta nel Decreto Semplificazioni. L’Agenda prevede una serie di azioni di semplificazione, eliminazione di vincoli burocratici e taglio dei costi per imprese e cittadini. Si tratta di misure condivise tra Governo, Regioni ed enti locali: per ciascuna di esse sono individuati in modo puntuale obiettivi, scadenze e risultati attesi, ma viene anche definito il cronoprogramma delle attività. Al monitoraggio sull’andamento degli interventi parteciperanno anche le associazioni dei cittadini utenti e dei consumatori e le associazioni imprenditoriali.
Velocizzazione delle procedure, taglio dei procedimenti inutili e obsoleti, certezza e chiarezza del quadro regolatorio: su queste direttrici l’Agenda interviene per dare una spinta a settori quali la transizione green e l’economia circolare, la banda ultra larga, l’edilizia e la rigenerazione urbana.

Ecco in breve le principali linee di azione:

  • la predisposizione di un ‘catalogo delle procedure’ diretto a uniformare i regimi amministrativi, eliminando gli adempimenti e le autorizzazioni non necessarie;
  • la definizione di moduli e form online standardizzati e semplificati per l’accesso telematico alle procedure;
  • il supporto alle amministrazioni nella gestione delle cosiddette procedure complesse, in modo da accelerare gli interventi cruciali per la ripresa;
  • la pubblicazione dei tempi di conclusione delle procedure, in modo che la verifica diretta da parte dei cittadini contribuisca a generare una riduzione dei tempi stessi;
  • l’effettiva applicazione del principio del ‘once only’ attraverso la spinta sugli accordi di fruizione e il dialogo delle banche dati;
  • la semplificazione e reingegnerizzazione di un set di 50 procedure rilevanti e critiche, da individuare nell’ambito della ricognizione dei procedimenti in funzione della relativa gestione telematica;
  • l’estensione della modulistica standard a settori finora esclusi (per esempio la banda ultra larga o le autorizzazioni sismiche), in modo da favorire l’interoperabilità delle banche dati;
  • la razionalizzazione e semplificazione di controlli e attività ispettive;
  • la digitalizzazione dei SUAP o delle procedure per le attività produttive;
  • lo snellimento ulteriore delle Conferenze dei servizi, per giungere al 90% di esse svolte in via telematica e al 90% concluse nei termini;
  • la digitalizzazione delle procedure dell’edilizia, l’informatizzazione dei Sue e l’interoperabilità dei dati tra enti;
  • il potenziamento di sistemi di repository per la gestione e condivisione di documenti di grandi dimensioni, definendo standard condivisi per favorire il dialogo tra sistemi digitalizzati di back office;
  • la formazione del personale in materia di contratti pubblici e la professionalizzazione delle stazioni appaltanti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile, contributi aggiuntivi per l’anno 2021

È stato pubblicato in G.U. n. 289 del 20-11-2020 il decreto del Ministero dell’Interno dell’11 novembre 2020 che, in applicazione del comma 29-bis dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, assegna per l’anno 2021 contributi aggiuntivi ai comuni per investimenti destinati sia alla realizzazione di nuove opere pubbliche, che per ampliamenti di opere già previste e finanziate, in materia di  efficientamento energetico e sviluppo sostenibile. Il Comune beneficiario del contributo è tenuto ad iniziare l’esecuzione dei lavori entro il 15 settembre 2021, sia nel caso di nuovi lavori sia nel caso di ampliamenti di opere già previste e finanziate.
Il monitoraggio delle opere finanziate in base al presente decreto è effettuato attraverso il sistema di «Monitoraggio delle opere pubbliche – MOP» della «banca dati delle pubbliche amministrazioni – BDAP» ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229. I comuni beneficiari classificano le opere finanziate sotto la voce: «contributo piccoli investimenti legge di bilancio 2020 – quota 2021» (sezione anagrafica – «Strumento attuativo»), per i contributi riferiti all’esercizio 2021.
L’erogazione del contributo avverrà in due tranche:
• la prima, pari al 50%, previa verifica dell’avvenuto inizio, entro il 15 settembre 2021, dell’esecuzione dei lavori;
• la seconda, per il restante 50%, previa trasmissione del certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione rilasciato dal direttore dei lavori. Il certificato dovrà essere inviato esclusivamente con modalità telematica, tramite il Sistema certificazioni enti locali (Area Certificati TBEL, altri certificati), accessibile dal sito internet del Dipartimento per gli affari interni e territoriali alla pagina https://finanzalocale.interno.it/apps/tbel.php/login/verify.
Nel caso di risparmi derivanti da eventuali ribassi d’asta i relativi importi sono vincolati fino al collaudo, ovvero alla regolare esecuzione di cui al comma 33 dell’art. 1 della legge n. 160 del 2019 e, successivamente, possono essere utilizzati per ulteriori investimenti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Fondo amianto per gli edifici pubblici

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 288 del 19 novembre 2020 il Decreto Direttoriale n. 486 del 13 dicembre 2019 recante il bando relativo all’annualità 2018 per l’accesso ai finanziamenti del fondo per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica di beni pubblici contaminati da amianto, così come istituito dalla Legge 28 dicembre 2015, n. 221 (“Collegato Ambiente”).
Il fondo è finalizzato a finanziare i costi per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica, mediante rimozione e smaltimento. dell’amianto e dei manufatti in cemento-amianto su edifici e strutture pubbliche destinate allo svolgimento delle attività dell’amministrazione partecipante o comunque attività di interesse pubblico.
La graduatoria finale degli interventi ammessi a finanziamento è basata sui seguenti criteri di priorità:
1. interventi relativi ad edifici pubblici collocati all’interno, nei pressi o comunque entro un raggio non superiore a 100 metri da asili, scuole, parchi gioco, strutture di accoglienza socio-assistenziali, ospedali, impianti sportivi;
2. interventi relativi ad edifici pubblici per i quali esistono segnalazioni da parte di enti di controllo sanitario e/o di tutela ambientale e/o di altri enti e amministrazioni in merito alla presenza di amianto;
3. interventi relativi ad edifici pubblici per i quali si prevede un progetto cantierabile in 12 mesi dall’erogazione del contributo;
4. interventi relativi ad edifici pubblici collocati all’interno di un Sito di Interesse Nazionale e/o inseriti nella mappatura dell’amianto ai sensi del Decreto Ministeriale n.101 del 18 marzo 2003.
Le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, possono presentare domanda in via telematica esclusivamente tramite l’applicativo presente alla pagina web https://www.amiantopa.minambiente.it

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION