Consiglio di Stato: Stop alle proroghe delle concessioni balneari

Il Consiglio di Stato, Sez. VII, con sentenza n.3940/2024, intervenendo sulla questione inerente una concessione balneare, ha stabilito che la proroga delle concessioni balneari è illegittima e che si deve dare corso alla procedura di gare per assegnare la concessioni in un contesto realmente concorrenziale. La Sezione ha evidenziato che la proroga disposta dalla l. n. 118 del 2022, al pari di quelle disposte dal legislatore precedentemente e successivamente  come quella di cui alla l. n. 14 del 2023), è l’effetto della voluntas legis consacrata in quella che è, a tutti gli effetti (al di là del suo automatismo o semiautomatismo), una legge-provvedimento, perché, come ha chiarito l’Adunanza plenaria nella sentenza n. 17 del 9 novembre 2021 proprio con riferimento alle concessioni balneari, se una legge proroga la durata di un provvedimento amministrativo, quel contenuto continua ad essere vigente in forza e per effetto della legge e, quindi, assurge necessariamente a fonte regolatrice del rapporto rispetto al quale l’atto amministrativo che (eventualmente) intervenga ha natura meramente ricognitiva dell’effetto prodotto dalla norma legislativa di rango primario, sicché non è necessario che intervenga un atto ricognitivo della proroga stabilita ex lege dal legislatore in questa materia, anche con l’art. 3 della l. n. 118 del 2022.

Anche volendo ammettere che la proroga di cui all’art. 3 non sia più automatica, come quella disposta dalla l. n. 145 del 2018, e che l’assenza di nuovi
provvedimenti attuativi della l. n. 118 del 2022 manterrebbe vivo l’interesse dell’appellante ad ottenere, anche ad eventuali fini risarcitori, l’annullamento degli atti impugnati in prime cure per la riduzione dell’originaria durata della concessione sulla base di quanto previsto dall’allora vigente art. 1, commi 682 e 683, della l. n. 145 del 2018, infatti, l’effetto che discenderebbe dalla procedibilità, in ipotesi, del ricorso, non sarebbe la reviviscenza dell’originario – e illegittimo – regime di durata temporale delle concessioni previsto dalla l. n. 145 del 2018, bensì – proprio dando applicazione alla sentenza della Corte di Giustizia UE, 20 aprile 2023, in causa C348/22 e a tutta la giurisprudenza europea precedente – quello opposto, sancito dalla Corte, di dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale (v., per una fattispecie analoga regolata dal d.l. n. 400 del 1993, anche Cons. St., sez. VII, 3 novembre 2023, n. 9493).

Secondo la Sezione, la circostanza che l’odierna appellante, dopo la vendita forzata, si sia resa acquirente del complesso aziendale di cui fa parte lo stabilimento balneare non comporta un automatica assegnazione della precedente concessione: tale circostanza, infatti, non giustifica una deroga all’applicazione dei principî sanciti dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 17 del 9 novembre 2021, in quanto è evidente che l’acquisizione del complesso aziendale nell’asta pubblica di una procedura esecutiva non costituisce certo quella procedura competitiva trasparente che ha ad oggetto, sul piano pubblicistico, la sola assegnazione della concessione ad eque condizioni di mercato e soprattutto, quando pure infine determini, con l’autorizzazione del Comune ai sensi dell’art. 46, comma 2, cod. nav., il subingresso dell’aggiudicatario dei beni subastati nella concessione, non comporta certo de iure il prolungamento dell’originario rapporto concessorio, con un’eccezione rispetto ai principî sanciti dalla Corte di Giustizia; comunque, anche in ipotesi di autorizzazione al subingresso, non determina certo un prolungamento automatico dell’originaria concessione, né l’effetto di far rivivere la pregressa disciplina del 2018, palesemente contraria ai principi del diritto unionale e, come tale, disapplicabile non solo dai giudici nazionali, ma anche dalle stesse pubbliche amministrazioni, non ultime quelle comunali, come ha a chiare lettere precisato l’Adunanza plenaria nella sentenza n. 17 del 2021.

 

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La funzione di Comandante dei Vigili Urbani può essere assunta soltanto da personale dei “ruoli” della stessa polizia locale

La funzione di Comandante dei Vigili Urbani può essere assunta soltanto da personale dei “ruoli” della stessa polizia locale. Ciò è espressamente previsto dalla legge regionale n. 42 del 2013 Regione Abruzzo. La ratio di tale scelta legislativa risiede nel fatto che il personale dei ruoli della PM viene originariamente reclutato con certi criteri e secondo determinati profili professionali e formativi, tali da poter svolgere funzioni di polizia giudiziaria, di  sicurezza pubblica e stradale (mansioni di una certa delicatezza che non sono abilitati a svolgere funzionari e dirigenti di altri settori “ordinari” dell’ente). Del resto, in caso di assenza o impedimento del comandante possono sopperire solo il vice comandante oppure, in assenza anche di quest’ultimo, il personale comunque del Corpo o Servizio di polizia locale (cfr. art. 5, comma 5, della citata legge regionale n. 42 del 2013).

Né potrebbe valere quanto previsto dalla legge n. 208 del 2015, comma 221, il quale prevede in particolare al secondo periodo che: “Allo scopo di garantire la maggior flessibilità della figura dirigenziale nonché il corretto funzionamento degli uffici, il conferimento degli incarichi dirigenziali può essere attribuito senza alcun vincolo di esclusività anche ai dirigenti dell’avvocatura civica e della polizia municipale”. Dunque i dirigenti della PM e dell’avvocatura comunale possono eccezionalmente assumere la direzione di uffici ordinari dell’ente ma non anche il contrario (ossia dirigenti esterni alla PM non possono diventare comandanti della stessa). Depone in tal senso, innanzitutto, la formulazione letterale della disposizione secondo cui può essere attribuito il “conferimento degli incarichi dirigenziali” ma non anche il ruolo di avvocato dell’ente oppure di comandante della polizia locale; Sul piano logico e sistematico, la ragione giustificatrice alla base di tale “divieto di inversione” (dirigenti di struttura oppure anche della avvocatura che assumano incarico di comandante della polizia locale) risiede pur sempre nella constatazione che i medesimi – al netto di ogni caso particolare – non sono in via generale stati formati e reclutati per assumere e svolgere determinate specifiche funzioni di polizia giudiziaria, di sicurezza pubblica e stradale.

In altre parole la richiamata disposizione ha consistenza di norma derogatoria ed eccezionale, rispetto alla ordinaria assegnazione delle funzioni dirigenziali (a seguito di procedura pubblicistica e comunque a dirigenti appartenenti ai relativi ruoli dell’amministrazione), e dunque di stretta interpretazione. Interpretazione che, per le ragioni sopra esposte, va intesa in chiave soltanto unidirezionale (dirigenti avvocatura e della polizia locale che assumono temporaneamente funzioni dirigenziali ordinarie) e non bidirezionale (dirigenti amministrativi e della polizia locale che assumono funzioni di avvocato dell’ente oppure dirigenti amministravi e della avvocatura che assumono le funzioni di comandante della Polizia Locale), e ciò proprio per la specificità sopra ricordata delle funzioni riservate a tali peculiari organi della PA (avvocatura e polizia locale). È quanto evidenziato dal Consiglio di stato, con la sentenza n. . 2518/2024.

 

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Anac: anche nel Comune piccolo dare evidenza di avvio procedimenti penali nei confronti dei dipendenti

Pur avendo il Comune poco più di 7.000 abitanti, l’Amministrazione deve riportare nella relazione annuale del responsabile anticorruzione l’avvio di procedimenti penali riguardanti i propri dipendenti per reati contro la Pubblica Amministrazione.
Così ha deliberato Anac, nella seduta di Consiglio del 26 marzo 2024, con Atto del Presidente nei confronti di un Comune a nord della città metropolitana di Roma capitale. La richiesta di parere da parte del segretario comunale del Comune verteva sul fatto che “le ridotte dimensioni dell’ente avrebbero agevolato l’identificazione dei soggetti indagati”, giustificando pertanto la non comunicazione del fatto.

Pur trattandosi di ente di ridotte dimensioni – scrive Anac nell’atto – “i dipendenti interessati da procedimenti penali non costituiscono le sole unità in servizio, posto che la dotazione organica del Comune consta di 28 dipendenti e sette apicali. In tal senso, è ragionevole ritenere che la mera indicazione numerica dei dipendenti indagati ed i corrispondenti titoli di reato contestati non costituiscano elementi di per sé sufficienti a consentire la loro esatta identificazione”. Nel caso specifico, continua Anac, “i dipendenti comunali sono stati indagati per reato d’abuso d’ufficio, ricorrendo pertanto un’ipotesi di applicazione facoltativa della rotazione straordinaria. In una logica di prevenzione e in considerazione della circostanza che le indagini hanno interessato ben due unità di personale, sarebbe stato opportuno che, avendo avuto conoscenza dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato, l’amministrazione comunale adottasse un apposito provvedimento per valutare la necessità di destinare i soggetti coinvolti ad un ufficio diverso.

Tale necessità non può ritenersi soddisfatta dallo spostamento (peraltro di uno solo degli indagati) effettuato in occasione di una riorganizzazione e, pertanto, indipendentemente dall’avvio dei procedimenti penali. Si segnala, poi, che il nuovo incarico assegnato ad uno dei due dipendenti nell’area Lavori pubblici comporta la partecipazione ad attività che la legge qualifica ad elevato rischio corruttivo, con la conseguenza che l’iniziativa assunta non sarebbe in ogni caso idonea ad evitare un pregiudizio all’immagine di imparzialità dell’amministrazione.

La vicenda occorsa – aggiunge Anac – impone al Responsabile di prevenzione della corruzione di attenzionare il settore in cui sono stati commessi i fatti penalmente rilevanti (e cioè l’area Urbanistica – Edilizia privata) sotto il profilo della valutazione del rischio e del suo trattamento. Appare opportuno procedere ad una rivalutazione dei rischi connessi ai processi di competenza dell’area, propendendo per un innalzamento dei valori indicati. Conseguentemente, occorrerà potenziare le misure di prevenzione programmate anche alla luce dei fatti contestati dall’Autorità giudiziaria”. Anac, infine, rileva la necessità di sensibilizzare il personale dell’amministrazione in ordine all’osservanza da parte dei dipendenti comunali dell’obbligo di comunicare i procedimenti penali avviati a proprio carico come stabilito dal Codice di comportamento del Comune stesso (fonte Anac).

 

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Elezioni, nota Anci sulle principali misure per Comuni e Città metropolitane

Anci ha pubblicato una nota sintetica sul D.L. 29 gennaio 2024, n. 7 recante “Disposizioni urgenti per le consultazioni elettorali dell’anno 2024 e in materia di revisione delle anagrafi della popolazione residente e di determinazione della popolazione legale” convertito in legge n. 38 del 25 marzo 2024, pubblicata in GU il 28 marzo 2024.

Il provvedimento prevede che che, per l’anno 2024, le eventuali operazioni di votazione relative alle consultazioni elettorali e referendarie si svolgono nella giornata di domenica dalle ore 7.00 alle ore 23.00 e nella giornata di lunedì dalle ore 7 alle ore 15.00, anziché solo nella giornata di domenica, come stabilito dall’art. 1, comma 399, della legge n. 147 del   2013, ad eccezione delle   elezioni   della   prossima primavera che   vedranno   il  contemporaneo svolgimento delle elezioni europee, amministrative e regionali. Solo per la tornata elettorale primaverile del 2024,  le operazioni di voto si svolgono nella giornata di sabato 8 giugno, dalle ore 15 alle  ore 23, e nella giornata di domenica 9 giugno, dalle ore 7 alle ore 23.

Sono rinviate al 29 settembre 2024 le elezioni dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali in scadenza nel 2024. La disposizione si applica esclusivamente alle province in cui il numero dei consigli comunali interessati al turno annuale elettorale sia tale da far superare la soglia del 50 per cento degli aventi diritto al voto dell’intera provincia. Conseguentemente, la durata del mandato degli organi provinciali è prorogata fino al loro rinnovo.  Risulta modificato l’articolo 51, comma 2, del TUEL con conseguente innalzamento del limite da due a tre mandati per gli enti che si collocano nella fascia demografica da 5.001 a 15.000 abitanti ed eliminazione di ogni limite di mandato per i Comuni fino a 5.000 abitanti. Inoltre, in deroga all’articolo 71, comma 10, del TUEL si dispone che, per l’anno 2024, per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale nei Comuni sino a 15.000 abitanti, ove sia stata ammessa e votata una sola lista, siano eletti tutti i candidati compresi nella lista e il candidato a sindaco collegato, purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti e il numero dei votanti non sia stato inferiore al 40 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune.

Inoltre, è prorogato fino al 31 dicembre 2025 il termine di cui all’art. 1 comma 20 ter del d.l. 198/2022, che dà la possibilità che il contributo statale per l’indennità degli amministratori locali possa essere attribuito anche agli amministratori che abbiano deliberato una riduzione della stessa.

 

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Nomina del Responsabile Anticorruzione: Le indicazioni di Anac

Il responsabile anticorruzione (RPCT) di un ente va individuato tra i dirigenti di ruolo in servizio, disponendo eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell’incarico con piena autonomia ed effettività. E’ quanto ha ribadito Anac con Atto del Presidente del 20 marzo 2024, rispondendo a richiesta di Parere di una società di servizi idrici integrati.

È opportuno – scrive l’Autorità – che l’incarico di RPCT sia attribuito ad un soggetto che abbia adeguata conoscenza dell’organizzazione e del funzionamento dell’amministrazione, sia dotato della necessaria autonomia valutativa e non si trovi in situazioni di conflitto di interessi. Tale ruolo, pertanto, non dovrebbe essere conferito a soggetti assegnati ad uffici che svolgano attività di gestione e di amministrazione attiva nonché assegnati a settori che sono considerati più esposti a rischio corruttivo.

È possibile nominare un dirigente esterno quale RPCT; trattasi di ipotesi eccezione, che necessita di una motivazione puntuale, anche in ordine all’assenza di soggetti aventi i requisiti previsti dalla legge. Qualora – aggiunge Anac – in ragione delle ridotte dimensioni di tali enti e degli organici estremamente ridotti, le figure che avrebbero le competenze per ricoprire tale incarico sono assenti o si trovano in una posizione di conflitto di interesse, essendo impegnate in settori esposti a rischio corruttivo, l’incarico, a titolo esemplificativo,  può essere affidato a titolari di posizioni organizzative o comunque a profili non dirigenziali che garantiscano comunque le competenze adeguate e la posizione di autonomia e indipendenza richiesta dalla legge. In tale ipotesi, l’organo di indirizzo è chiamato a svolgere una vigilanza stringente sulle attività del soggetto incaricato. In circostanze eccezionali, si ritiene inoltre possibile attribuire il ruolo di RPCT anche all’Amministratore di una società, ma alla sola condizione che non abbia deleghe gestionali.

 

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Linee guida per la pubblicazione e la trasmissione della relazione di fine mandato

La Corte dei conti, Sez Emilia-Romagna, con deliberazione n. 16/2024/INPR, ha approvato le linee guida per la pubblicazione e la trasmissione della relazione di fine mandato (art. 4, del D.Lgs. n. 149/2011). Come noto, ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 149/2011 e s.m.i., la relazione di fine mandato, redatta dal responsabile del servizio finanziario o dal segretario generale, è sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco non oltre il sessantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato.
La relazione risponde al principio di accountability degli amministratori locali, chiamati a dare conto della gestione, al fine di favorire e rendere effettivo il controllo democratico dei cittadini in occasione delle elezioni amministrative; essa si inserisce fra gli strumenti di attuazione dei principi di massima responsabilizzazione, di effettività e trasparenza del controllo democratico da parte dell’elettorato e risponde, pertanto, all’esigenza di consentire l’effettiva conoscenza della situazione dell’ente locale. Per agevolare gli enti nell’assolvimento del suddetto obbligo di rendicontazione, con D.M. del 26 aprile 2013, d’intesa con la Conferenza Stato – città ed autonomie locali, sono stati approvati i tre allegati di schemi tipo di relazione di fine mandato, rispettivamente per i Presidenti delle Province (allegato A), per i Sindaci di Comuni con popolazione pari o superiore a 5000 abitanti (allegato B) e per i Sindaci di Comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti (allegato C).

La scansione procedimentale
Le tempistiche da rispettare differiscono leggermente, a seconda che ci si trovi: 1) nell’ipotesi di scadenza ordinaria della consiliatura, ovvero 2) in quella di scioglimento anticipato. Nel primo caso, la relazione di fine mandato, redatta dal Responsabile del servizio finanziario o dal Segretario generale, deve essere sottoscritta dal Presidente della Provincia o dal Sindaco non oltre il sessantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato e certificata dall’Organo di revisione dell’ente locale entro e non oltre quindici giorni dalla sottoscrizione. Nel caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale o provinciale, la stessa norma stabilisce che la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno devono avvenire entro venti giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni. Nei tre giorni successivi alla data di certificazione – effettuata dall’Organo di revisione dell’ente locale – la relazione e la certificazione stessa devono essere trasmesse dal Presidente della Provincia o dal Sindaco alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, e, entro i sette giorni successivi alla data di certificazione, devono essere pubblicate sul sito istituzionale dell’ente, con l’indicazione della data di trasmissione alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

La scadenza del mandato
La Sezione ribadisce che la data di inizio del mandato decorre dall’atto della proclamazione, verbale redatto dall’ufficio elettorale, effettuata dopo la chiusura delle operazioni di scrutinio, ai sensi del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, «Testo unico delle 7 leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali». Di conseguenza, la scadenza del mandato andrebbe quindi individuata, innanzitutto, tenendo conto della fine dei cinque anni decorrenti dalla data della proclamazione. Assume rilevanza decisiva la proclamazione dei nuovi eletti. La data fissata per le nuove elezioni può infatti non coincidere con la naturale scadenza del precedente mandato, potendo collocarsi anche antecedentemente o posteriormente rispetto ad essa.

Decorrenza dei termini in caso di proclamazione dei nuovi eletti anteriore alla scadenza naturale del precedente mandato
Innanzitutto, può verificarsi il caso in cui la proclamazione dei nuovi eletti preceda il compimento del quinquennio del precedente mandato. In tal caso, i sessanta giorni andrebbero calcolati a ritroso dal momento in cui, proclamati i nuovi eletti, cessa il precedente mandato. La proclamazione degli eletti non è, tuttavia, una data certa determinabile a priori. La data certa è quindi unicamente quella delle elezioni. Prendendo atto di tali circostanze, la giurisprudenza della Corte dei conti ha ritenuto che, in caso di elezioni anteriori alla scadenza del mandato, il termine dei sessanta giorni antecedenti la scadenza del mandato deve essere calcolato a ritroso rispetto alla data delle elezioni amministrative, fissate con decreto del Ministro dell’Interno.

Decorrenza dei termini in caso di proclamazione dei nuovi eletti posteriore alla scadenza naturale del precedente mandato
Nel caso di proclamazione dei nuovi eletti successiva alla scadenza naturale del precedente mandato, i sessanta giorni andrebbero calcolati a ritroso dal momento in cui, proclamati i nuovi eletti, cessa il precedente mandato. Quindi, in caso di elezioni posteriori alla scadenza naturale del precedente mandato, il termine entro cui il Sindaco deve sottoscrivere la
relazione di fine mandato coincide con il mero decorso dei cinque anni, a partire dalla data della sua elezione formalizzata con verbale di proclamazione (cfr. Corte dei conti, Sezioni Riunite, in sede giurisdizionale, con sentenza n. 5/2021). Lo slittamento delle consultazioni determina una nuova ed eccezionale ipotesi di “prorogatio” delle funzioni (ma non del mandato), in deroga a quella ordinariamente prevista dall’art. 1 del D.L. n. 293/1991 (conv. L. n. 444/1994).

Soggetti tenuti alla sottoscrizione finale della relazione di fine mandato in caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale
La norma di cui al c. 3, dell’art. 4 del D.Lgs. n. 149/2011, relativa al caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale, non indica i soggetti tenuti alla sottoscrizione della relazione di fine mandato; pertanto, questi vanno individuati considerando le vicende che conseguono allo scioglimento dei Consigli. L’art. 53 del T.U.E.L. specifica che: «In caso, di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco e del presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente». Nei casi in esame, pertanto, è agevole ricondurre l’obbligo di sottoscrizione della sottoscrizione della relazione di fine mandato in capo al Vicesindaco e al Vicepresidente della Provincia, nella veste di vertice politico dell’ente di cui ha assunto le funzioni di Sindaco o di Presidente fino alle nuove elezioni.  In caso di scioglimento anticipato degli organi dell’ente, con conseguente nomina di un Commissario, la relazione di fine mandato costituisce un atto proprio del Sindaco non demandabile al Commissario straordinario nominato in seguito allo scioglimento dell’Organo consiliare e, pertanto, la sottoscrizione della stessa spetta al soggetto che ha ricoperto la carica di Sindaco o Presidente della Provincia prima dello scioglimento.
L’unico caso in cui l’obbligo di sottoscrivere la relazione di fine mandato sussiste in capo al Commissario consegue all’annullamento giurisdizionale delle operazioni elettorali, in quanto esso toglie efficacia alla stessa instaurazione del rapporto di servizio onorario, perché non avvenuta conformemente alle procedure e alle forme di legge (Corte conti, Sez. Aut., Del. n. 18/ 2021/QMIG).  Nel caso, invece, di scioglimento anticipato degli organi democratici dell’ente locale, il termine di riferimento è la data delle elezioni (art. 4, comma 3, D.lgs. n. 149/2011 e art. 2 della L. n. 182/1991), e la relazione di fine mandato deve essere sottoscritta e certificata «entro venti giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni».

Impianto sanzionatorio
L’art. 4, c. 6, del D.Lgs. 149/2011 prevede che «In caso di mancato adempimento dell’obbligo di redazione e di pubblicazione, nel sito istituzionale dell’ente, della relazione di fine mandato, al sindaco e, qualora non abbia predisposto la relazione, al responsabile del servizio finanziario del comune o al segretario generale è ridotto della metà, con riferimento alle tre successive mensilità, rispettivamente, l’importo dell’indennità di mandato e degli emolumenti. Il sindaco è, inoltre, tenuto a dare notizia della mancata pubblicazione della relazione, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell’ente». La sanzione è contemplata, pertanto, solo in due casi: la mancata «redazione e pubblicazione» (deve intendersi: da parte del Sindaco) e/o la mancata predisposizione (da parte del Responsabile o Segretario) della relazione di fine mandato. La verifica degli ulteriori presupposti per l’applicazione della sanzione resta in capo all’ente stesso, mentre alle Sezioni regionali spetta esclusivamente l’accertamento del presupposto sanzionatorio oggettivo della mancata redazione e pubblicazione della relazione di fine mandato.

 

 

La redazione PERK SOLUTION

Inopportuno far gestire le risorse finanziarie di un Comune a un dirigente rinviato a giudizio per concussione

Attribuire la gestione delle risorse finanziarie di un Comune a un dirigente rinviato a giudizio per concussione per fatti commessi in un’altra amministrazione, è inopportuno. Va valutato il pregiudizio che tale incarico arreca all’amministrazione e il danno all’immagine di imparzialità dell’ente che la nomina comporterebbe. E’ quanto stabilito da Anac con Atto del Presidente del 28 febbraio 2024, in risposta ad un parere richiesto da un’importante Comune della Romagna.

L’articolo 3 della legge N. 97/2001– evidenzia Anac – non contempla l’ipotesi in cui il fatto penalmente rilevante sia stato commesso in un’amministrazione differente da quella presso la quale l’imputato risulta in servizio al momento dell’avvio del procedimento. Si ritiene, pertanto, che debba escludersene l’applicabilità nel caso di specie e debba procedersi, invece, alla verifica dei presupposti per l’operatività della rotazione straordinaria. Questa è finalizzata ad evitare un pregiudizio all’immagine dell’ente che potrebbe derivare dalla permanenza nell’ufficio del dipendente indagato o imputato in un procedimento penale. Essa si differenzia dalla rotazione ordinaria, che si inserisce nel quadro degli strumenti organizzativi dell’Amministrazione, garantendo l’alternanza del personale nelle aree più esposte al rischio di fenomeni correttivi con l’obiettivo di neutralizzare il consolidamento nel tempo delle relazioni connesse alla posizione rivestita.

Il Comune è obbligato ad adottare un provvedimento nell’ambito del quale debba valutare la condotta ascritta all’imputato, con particolare riguardo all’impatto che avrebbe l’incarico attualmente ricoperto (o da assegnare) al dirigente sull’immagine di imparzialità dell’ente.

 

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Unione di Comuni – Dimissioni del presidente

Con il parere del 20 febbraio 2024, il Ministero dell’interno fornisce chiarimenti in merito alla questione relativa alle dimissioni presentate da un presidente di una Unione di Comuni e recepito dal Consiglio in data 29 gennaio 2024, e in particolare sulla continuità amministrativa dell’ente tenuto conto che le nomine dei responsabili di settore erano state prorogate con decreto del presidente fino al 31 gennaio 2024.

Il Ministero evidenzia come la figura del presidente sia disciplinata dagli artt. 24 e 25 dello statuto dell’Unione dei Comuni. In particolare, il comma 2, lett.d) del citato art. 25 annovera, tra le funzioni e competenze spettanti allo stesso, anche quella di nominare “il Segretario dell’Unione e i responsabili degli uffici e dei servizi”, la cui compiuta disciplina è rinvenibile agli artt.18 e ss. del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi. Si è, di conseguenza, posta la questione concernente l’individuazione del soggetto competente all’esercizio delle funzioni presidenziali.

Al riguardo, la normativa sopra menzionata non disciplina espressamente l’ipotesi delle dimissioni del presidente. Tuttavia, l’art.26 dello statuto, nel prevedere la figura del vice presidente, specifica che esso viene nominato dal presidente tra i sindaci dei comuni aderenti all’Unione, e che “sostituisce il Presidente in caso di assenza o di impedimento temporaneo”. Tanto premesso, pur a fronte della mancata espressa previsione della figura a cui spetterebbe esercitare le funzioni presidenziali, in caso di dimissioni del presidente, ed alla luce della lettera della disposizione statutaria da ultimo richiamata, sembrerebbe che nulla osti alla possibilità di interpretare estensivamente la locuzione “assenza”, in maniera tale da ricomprendervi anche l’ipotesi delle dimissioni, quale forma di assenza a carattere non temporaneo.

La prospettata soluzione interpretativa garantirebbe la continuità dell’azione amministrativa, che altrimenti rischierebbe di risultare paralizzata. Da ultimo, il Ministero rammenta che, nell’ambito dell’autonomia organizzativa riconosciuta dall’ordinamento agli enti locali, spetterebbe all’ente interessato valutare l’opportunità di indicare, con apposita normativa statutaria o regolamentare, una disciplina puntuale in materia di dimissioni del presidente dell’Unione dei Comuni, ovvero, alternativamente, procedere ad una interpretazione autentica della disposizione sopra esaminata.

 

La redazione PERK SOLUTION

Incarico Avvocato: È legittima la procura del Sindaco e non necessita di autorizzazione della Giunta

La Corte di Cassazione Civ., Sez. II, con sentenza n. 1571 del 16.01.2024, ha ribadito la legittimità della procura alle liti rilasciata dal Sindaco a margine della comparsa di costituzione in giudizio, risultando concluso un valido contratto di patrocinio che fonda il diritto al compenso.

La procura, d’altro canto, non necessita – se conferita dal sindaco – né di previa determina né di autorizzazione della Giunta perché nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, competente a conferire al difensore del Comune la procura alle liti è il Sindaco; la delibera della Giunta comunale è un atto meramente gestionale e tecnico, privo di valenza esterna (Cass., Sez. I, n. 11516 del 17/5/2007; Sez. 6 – 2, n. 5802 del 23/03/2016; Sez. 1, n. 16457 del 21/06/2018).

La procura alle liti, quale negozio unilaterale di conferimento della rappresentanza in giudizio, si distingue dal contratto di patrocinio che è, invece, un negozio bilaterale con cui e conferito l’incarico al professionista. È vero altresì che, ai sensi dell’art. 83 cod. proc. civ., il conferimento della procura è accettato dal professionista con il concreto esercizio della rappresentanza giudiziale e la sottoscrizione dell’atto di difesa, sicché in questa forma di accettazione del mandato alle liti apposto sull’atto è stato individuato, nella giurisprudenza, il contratto di patrocinio tra ente pubblico e professionista. Del contratto di patrocinio con la pubblica Amministrazione sono, infatti, presenti tutti i requisiti necessari e, cioè, l’incontro di volontà tra ente pubblico e difensore, la funzione economico-sociale (causa) del negozio, l’oggetto e la forma scritta ad substantiam; l’esigenza di identificarne il contenuto negoziale e di rendere possibili i controlli dell’autorità tutoria è, infine, soddisfatta dal collegamento necessario, funzionale e di contenuto tra la procura alle liti, sottoscritta dal rappresentante dell’Ente e l’atto di difesa (citazione, ricorso o comparsa) sottoscritto dal difensore.

 

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Le società private che lavorano col pubblico sono tenute a obblighi di trasparenza e pubblicità

Tra i soggetti menzionati dall’art. 2 bis, comma 3, d.lgs. n. 33/2013 rientrano anche le società interamente private, con bilancio superiore a 500.000 euro, che, indipendentemente dalla partecipazione di pubbliche amministrazioni, esercitino funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore di pubbliche amministrazioni o di gestione di servizi pubblici. È quanto evidenziato dall’ANAC, con la delibera n. 24 del 17 gennaio 2024, emanando un provvedimento di adeguamento del sito web di una società bresciana che si occupa di servizi di ecologia, pulizia aree lacustri, manutenzione aree verdi e giardini, pulizie condominiali e uffici, affidataria di contratti di appalto da parte della amministrazione del territorio.

 

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