Per un sindaco è inconferibile l’incarico di presidente di consorzio di gestione di servizi della stessa zona

Con Atto del Presidente approvato dal Consiglio nella seduta del 30 luglio 2024, l’ANAC ha evidenziato che il sindaco di un Comune facente parte di un consorzio di gestione di servizi sociali non può essere allo stesso tempo presidente del Cda del consorzio con funzioni gestionali. Questo in base al decreto legislativo n. 39/2013, articolo 7.

Il decreto legislativo n. 39/2013 sancisce, infatti, che: “A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che conferisce l’incarico, ovvero a coloro che nell’anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa regione dell’amministrazione locale che conferisce l’incarico, nonché a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono essere conferiti – lettera c) – gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale”.

L’Anac ha stabilito l’inconferibilità, sia in ragione dei poteri ad esso connessi, sia alla luce di quelli attribuiti al CdA nel suo complesso, che rendono tale ruolo riconducibile a quello di amministratore di ente pubblico (vedi articolo 1, del d.lgs. n. 39/2013).

 

La redazione PERK SOLUTION

Pubblicazione dati di un consigliere comunale che intende rinunciare all’emolumento connesso alla carica

Con Atto del Presidente del 11 settembre 2024, l’ANAC ha fornito chiarimenti in merito all’obbligo di pubblicazione dei dati di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 33/2013 di un consigliere comunale che intende rinunciare alla percezione di qualsiasi emolumento connesso alla carica.

L’art. 14 del d.lgs. 33/2013 prevede che per i titolari di incarichi politici devono essere pubblicati i seguenti dati:

  • atto di nomina o di proclamazione e la durata del mandato;
  • curriculum vitae del consigliere;
  • compensi connessi alla carica, inclusi viaggi e missioni;
  • altre cariche pubbliche o private ricoperte, con i relativi compensi;
  • dichiarazioni patrimoniali e reddituali del consigliere, del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, se questi acconsentono.

Con riferimento agli incarichi a titolo gratuito, nella delibera n. 241/2017, l’Autorità ha già chiarito che “non rileva, ai fini dell’attuazione degli obblighi cui i titolari di incarichi politici sono tenuti, che la carica sia attribuita a titolo gratuito […]. Stante il chiaro disposto normativo, la deroga contemplata nel co. 1-bis dell’art. 14 per gli incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo non può essere estesa anche agli incarichi espressione di rappresentanza politica”.

Pertanto, il Comune dovrà pubblicare i dati di cui al comma 1 dell’art. 14 del d.lgs. n. 33/2013 anche per il consigliere comunale che intende rinunciare alla percezione di qualsiasi emolumento connesso alla carica, non essendo prevista alcuna deroga in tal caso.

Infine, l’Autorità ricorda che l’unica eccezione all’obbligo di pubblicazione dei dati riguarda i titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo di cui al comma 1-bis esclusivamente nelle ipotesi in cui la gratuità sia prevista da disposizioni normative e statutarie che regolano l’organizzazione e l’attività delle amministrazioni e degli enti o da deliberazione con carattere generale. Pertanto, non rileva neppure in quel caso un’eventuale rinuncia personale al compenso da parte del soggetto che riceve tale incarico o carica.

 

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La condanna per danno erariale non costituisce ipotesi di inconferibilità all’incarico di dirigente

Con Atto del Presidente dell’11 settembre 2024, l’Anac, in riscontro ad una richiesta di parere concernente la conferibilità dell’incarico di Direttore dell’Ufficio Legale a un dirigente avvocato condannato per danno erariale, ha evidenziato che la sentenza di condanna per responsabilità erariale non costituisce ipotesi di inconferibilità, atteso che il d.lgs. n. 39/2013 non indica tra le cause ostative all’attribuzione degli incarichi le pronunce della Corte dei Conti.

La norma astrattamente applicabile nel caso di specie è costituita dall’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 39/2013 che dispone ”A coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, non possono essere attribuiti: a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali nonché negli enti di diritto privato in controllo pubblico; […] c) gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale, regionale e locale […]”.

L’incarico di Direttore dell’Ufficio Legale è considerato un incarico di vertice amministrativo poiché è in posizione di supporto diretto alla Direzione Generale, Amministrativa e Sanitaria dell’ente. Pertanto, è soggetto al divieto previsto dal d.lgs. 39/2013, che si applica sia agli incarichi da conferire che a quelli già conferiti.

Tuttavia, secondo l’Autorità, l’amministrazione è chiamata a valutare l’opportunità di attribuire (o confermare) determinati incarichi – in particolar modo nelle aree più esposte al rischio di corruzione come quella degli affari legali – avuto riguardo alle funzioni svolte dal dipendente all’epoca dei fatti nonché alle condotte contestate nell’ambito del giudizio contabile. Nel caso in cui il l’amministrazione decida di confermare l’incarico precedentemente attribuito e la posizione in cui sono stati commessi i fatti accertati dal giudice contabile, è necessario potenziare le misure di prevenzione programmate in relazione ai processi riconducibili alla responsabilità del Direttore dell’Ufficio Legale.

 

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Nuovi servizi elettorali digitali su ANPR

Il Dipartimento per la trasformazione digitale rende noto che è stata completata l’adesione di tutti i Comuni, i dati elettorali sono oggi presenti su ANPR, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente.

I benefici, in termini di semplificazione delle procedure, ricadono sia sui cittadini che sulle pubbliche amministrazioni. I nuovi servizi consentono, infatti, a tutti i residenti in Italia e ai cittadini italiani residenti all’estero iscritti nelle liste elettorali di consultare, tramite l’area riservata del portale ANPR, la propria posizione elettorale, in particolare il Comune e la sezione presso cui recarsi in occasione delle consultazioni elettorali. È inoltre possibile richiedere e scaricare telematicamente un certificato di iscrizione nelle liste elettorali o un certificato di godimento dei diritti politici.

Per usufruire dei servizi, è necessario accedere all’Area riservata di ANPR autenticandosi tramite SPID, CIE, CNS o eIDAS. Inoltre, i cittadini comunitari, residenti in Italia e non ancora presenti nelle liste elettorali del Comune di residenza, possono richiederne l’iscrizione direttamente online dall’area riservata del portale ANPR.

La presenza dei dati elettorali dei cittadini sull’Anagrafe Nazionale digitale consentirà anche l’evoluzione e la semplificazione delle procedure legate alla verifica del godimento dei diritti politici.

Un esempio riguarda la Piattaforma Referendum, l’infrastruttura che consente la raccolta di firme per proposte referendarie o per progetti di legge di iniziativa popolare, che già oggi utilizza i dati elettorali presenti in ANPR per verificare in tempo reale, tramite la Piattaforma Digitale Nazionale Dati di interoperabilità (PDND), il diritto di voto dei cittadini sottoscrittori, evitando onerose richieste di certificati elettorali ai comuni interessati.

 

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È possibile nominare assessore il dipendente della società in house del Comune

Con atto del Presidente del 24 luglio 2024, l’ANAC – in riscontro ad una richiesta di parere volta ad appurare l’eventuale sussistenza di ipotesi di ineleggibilità ovvero di incompatibilità previste dagli artt. 60 e 63 del TUEL circa la nomina ad assessore comunale di un dipendente della società in house del medesimo Comune – ha evidenziato che non si ravvisano ipotesi di inconferibilità e/o incompatibilità disciplinate dal d.lgs. 39/2013, in quanto gli incarichi e le cariche cui si riferisce il citato decreto sono gli incarichi amministrativi di vertice, gli incarichi dirigenziali interni ed esterni, le cariche di presidente ed amministratore delegato in enti in controllo pubblico, ovvero in enti regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni, gli incarichi di direttore generale, amministrativo e sanitario nelle aziende sanitarie (delibera n. 622/2016).

Anac ricorda che, in merito all’accertamento delle cause di incompatibilità o delle situazioni di conflitto di interesse degli amministratori locali previste nel TUEL, l’Autorità ha inviato al Governo e al Parlamento l’Atto di segnalazione n. 7 del 4 novembre 2015. Per dette ipotesi si è espresso il Ministero degli interni, Dipartimento per
gli Affari Interni e Territoriali.

Per quanto concerne gli amministratori locali, l’Autorità ritiene opportuno fornire alcune indicazioni per il rafforzamento delle misure di prevenzione dei conflitti d’interesse. Questi ultimi non sono vincolati al rispetto del Codice di comportamento nazionale di cui al d.P.R. n. 62/2013 né a quello adottato dall’amministrazione e rivolto ai dipendenti. Ciò non esclude la possibilità che i componenti dell’organo politico si autovincolino al rispetto di tali disposizioni mediante una dichiarazione di impegno da rendere all’atto del conferimento dell’incarico in cui, ad esempio, diano atto della presenza di parenti all’interno dell’amministrazione, o di enti controllati.

L’efficacia preventiva di tali dichiarazioni potrebbe essere ulteriormente potenziata attraverso la pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente”, al fine di favorire forme di controllo diffuso, e/o la costituzione di un organo di controllo terzo, legittimato ad esprimere pareri sulla configurabilità o meno di un conflitto d’interessi e sul conseguente obbligo di astensione.

 

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Piano anticorruzione: al via una sperimentazione con i piccoli comuni di 5 Regioni

ANAC sta realizzando un sistema che aiuterà le amministrazioni nella redazione della sezione rischi corruttivi e trasparenza del PIAO. L’Autorità intende costituire un campione di 10-15 piccoli comuni che testeranno il nuovo software. I comuni dovranno appartenere alle cinque regioni obiettivo del progetto: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
A tal fine, l’Autorità invita i responsabili RPCT dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (cosiddetti piccoli comuni) di queste regioni a manifestare la propria volontà a far parte di tale campione, che testerà l’applicativo per la predisposizione del Piano 2025-2028 e potrà fornire osservazioni e suggerimenti migliorativi.

Il progetto riguarda la definizione, analisi, progettazione, realizzazione e gestione di un sistema informatico per supportare le Amministrazioni nel redigere la sezione Rischi corruttivi e trasparenza del Piano Integrato Attività e Organizzazione (PIAO). Obiettivo di Anac è quello di agevolare gli enti nella compilazione dei propri piani, semplificandone le attività, uniformandone i comportamenti e migliorando il monitoraggio dell’adeguatezza delle misure di contrasto ai fenomeni corruttivi. Nella prima fase il progetto accompagnerà i Comuni con una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, all’interno delle regioni indicate, nella redazione della sezione del PIAO, fornendo loro un sistema completamente informatizzato, di semplice utilizzo, che offre una serie di indicazioni e contenuti che il responsabile RPCT può far propri o adeguare alla propria realtà organizzativa. Ciò al fine di alleggerire gli oneri amministrativi e rendere più efficiente l’attività, migliorando il proprio sistema di prevenzione della corruzione.

Per dare la propria disponibilità a far parte del gruppo che testerà il nuovo software, occorre scrivere entro il 30 luglio 2024 al seguente indirizzo PEC protocollo@pec.anticorruzione.it inserendo i motivi della candidatura (ad esempio: esperienze specifiche da condividere, disponibilità a farsi da tramite per raccogliere indicazioni da altre amministrazioni omologhe con cui opera sinergicamente, l’aver affrontato problematiche specifiche nel proprio ruolo di responsabile RPCT maturando così un apposito know how, l’aver dedicato particolare attenzione alla predisposizione del proprio piano mediante approfondimenti mirati, eccetera). In base al numero di candidature ricevute, l’Autorità individuerà il campione desiderato, al quale comunicherà l’esito della selezione nonché tempi e modalità della sperimentazione.

 

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Richiesta di parere su accesso agli atti da parte dei consiglieri di minoranza

I dati riferiti al pagamento IMU di una società concessionaria del Comune possono essere forniti ai consiglieri in quanto gli stessi vantano uno specifico interesse a valutare il corretto operato dell’amministrazione nella gestione delle imposte. È questa, in sintesi, la risposta del Ministero dell’interno ad una richiesta di parere in materia di accesso agli atti dell’ente, da parte dei consiglieri comunali, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del TUEL. In particolare, il sindaco di un Comune, a seguito di istanza d’accesso a firma dei consiglieri di minoranza, ha chiesto se fossero consultabili gli atti relativi al rapporto concessorio tra l’ente e la ditta concessionaria dei terreni per l’estrazione di materiali nel territorio comunale, nonché i pagamenti IMU effettuati dalla stessa negli ultimi tre anni.

Il Ministero ricorda che il diritto di accesso” ed il “diritto di informazione” dei consiglieri comunali nei confronti della P.A., secondo la disciplina dell’art. 43, consenti ai consiglieri di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Tale diritto ha confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10, TUEL.) sia, più in generale, nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n. 241/90.

Il consigliere comunale non ha l’obbligo di motivare le proprie richieste di accesso, poiché tale diritto è essenziale per svolgere le proprie funzioni e rappresenta un principio democratico fondamentale per l’autonomia locale e la rappresentanza della comunità. Il Consiglio di Stato ha sottolineato l’importanza di trovare un equilibrio tra il diritto del consigliere di esercitare il proprio mandato e la riservatezza delle persone coinvolte, suggerendo di mascherare i nominativi e altri dati sensibili per garantire la privacy.

Il consigliere comunale è tenuto al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge, per cui il medesimo deve mantenere inaccessibili eventuali dati sensibili, rispondendone personalmente della diffusione illecita. Inoltre, viene precisato che, qualora nei documenti riguardanti la società in questione, da rilasciare ai consiglieri, vi siano situazioni che godano di una certa copertura costituzionale come la riservatezza di terzi, l’ente dovrà procedere con il sistema della “mascheratura” dei dati.

 

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IFEL: Vedemecum per i nuovi amministratori locali

IFEL ha pubblicato il Vademecum “Guida per il lavoro dei sindaci, degli assessori e dei consiglieri comunali”, un “prontuario” che illustra le funzioni e le responsabilità di sindaci e amministratori, definendone status e funzioni.
Il documento illustra innanzitutto le funzioni e le responsabilità di Sindaci e Amministratori, definendone status e funzioni, ma si concentra sulla programmazione, gestione e rendicontazione del bilancio e delle risorse disponibili. Lo strumento principale per consentire la migliore e più efficace attuazione dei programmi di mandato. Con un linguaggio semplice e immediato, vengono illustrati i documenti e gli strumenti introdotti dai principi contabili con la riforma dell’armonizzazione, presentandone il corretto funzionamento e le corrette modalità di impiego.
Amministrare è un compito impegnativo e per affrontarlo IFEL mette a disposizione di tutti gli amministratori, soprattutto ai nuovi amministratori comunali, questo Vademecum, che vuole essere un agile strumento di lavoro: un piccolo “faro” per orientarli nel compito che li aspetta nei prossimi 5 anni. Un ausilio per svolgere meglio il proprio mandato e affrontare la sfida del buon governo locale.
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Corte Costituzionale: affini del Sindaco, con il divorzio niente incompatibilità con la carica di assessore e vicesindaco

Con lo scioglimento del matrimonio da cui deriva un vincolo di affinità con il Sindaco, viene meno l’incompatibilità a ricoprire la carica di componente della giunta e di vicesindaco. Lo ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza n. 107/2024, con la quale è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) nella parte in cui prevede l’incompatibilità per gli affini entro il terzo grado del sindaco, o del presidente della Giunta provinciale, a far parte della relativa Giunta, e a essere nominati rappresentanti del comune o della provincia, ove il rapporto di coniugio dal quale il vincolo di affinità è stato determinato sia cessato.

La questione era stata sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 51 della Costituzione, dalla Corte di cassazione, Prima sezione civile, che aveva ravvisato la violazione, ad opera della citata norma, del diritto all’elettorato passivo e la irragionevolezza intrinseca di una previsione che, in modo incoerente con il sistema, sortisce l’effetto di consentire l’accesso ad un ufficio pubblico politico all’ex coniuge di un amministratore locale, ma non all’ex affine. Il caso riguardava il coniuge divorziato della sorella del sindaco di un comune, il quale aveva proposto ricorso nei confronti della sentenza della Corte d’appello di Napoli che, in riforma della decisione di primo grado, aveva dichiarato la incompatibilità a partecipare alla giunta municipale e a ricoprire la carica di vicesindaco dell’ex coniuge della sorella del sindaco.

Nella specie, risulta manifestamente irragionevole, secondo la Corte, che, mentre l’ex coniuge del sindaco non è soggetto alle incompatibilità in esame, lo sia l’affine anche dopo che il rapporto di coniugio dal quale il vincolo di affinità è derivato sia cessato, così sganciandosi del tutto la sussistenza della causa di incompatibilità dal rapporto di riferimento. In realtà, la Cassazione aveva censurato l’art. 78, terzo comma, cod.civ. – che stabilisce in via generale l’incidenza sul vincolo di affinità degli eventi della morte del coniuge e della dichiarazione di nullità del matrimonio senza occuparsi degli effetti del divorzio – «implicitamente richiamato dall’art. 64, comma 4, T.U.E.L. ».

La Corte costituzionale, ha ritenuto, invece, per l’«elevato grado di specificità» della disciplina dettata in punto di incompatibilità, di circoscrivere il proprio sindacato all’art. 64 citato, quale specifica declinazione di una regola che non vive se non nei diversi contesti di riferimento. Poiché nelle varie situazioni previste dall’ordinamento lo status di affine può, di volta in volta, produrre effetti di attribuzione o di limitazione di un diritto, cui corrisponde di volta in volta un bilanciamento operato dal legislatore, la Corte costituzionale afferma che le censure sulla legittimità delle norme in contestazione devono essere
portate direttamente alla disciplina specialistica di settore. Ciò posto, il giudice delle leggi ha ritenuto che l’art. 64, comma 4, citato, nella parte in cui prevede l’incompatibilità per gli affini entro il terzo grado del sindaco, o del presidente della Giunta provinciale, a far parte della relativa Giunta, e a essere nominati rappresentanti del comune o della provincia, anche se il rapporto di coniugio dal quale il vincolo di affinità è stato determinato sia cessato, si ponga in contrasto con l’art. 51 Cost., che disciplina il diritto di elettorato passivo, da ricondurre alla sfera dei diritti inviolabili sanciti dall’art. 2 Cost., e in relazione al quale le cause di incompatibilità sono conformi a Costituzione solo nella misura in cui non introducano differenze di trattamento tra categorie  omogenee di soggetti che non siano manifestamente irragionevoli e sproporzionate.

 

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Anac: Amministrazione trasparente, i dati devono restare cinque anni in pubblicazione

Con Atto del Presidente adottato in data 8 maggio 2024, rispondendo alla richiesta di parere di una S.p.a. in controllo pubblico, Anac ha chiarito che i dati contenuti nella sottosezione “Bandi di gara e contratti” di “Amministrazione trasparente” devono restare cinque anni in pubblicazione, partendo dal 1° gennaio dell’anno successivo alla pubblicazione, e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i loro effetti, fatti salvi i diversi termini previsti dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali.

L’amministrazione è tenuta, quindi, a valutare attentamente se possa considerarsi cessata l’efficacia di taluni atti, sia in pendenza della gara, sia a seguito della sua conclusione, tenendo conto che la proroga, il rinnovo o l’estensione dei contratti verosimilmente determineranno un avanzamento del termine di durata della pubblicazione. “Per alcuni obblighi di trasparenza, tuttavia – aggiunge Anac – il decreto legislativo 33/2013 fornisce delle indicazioni specifiche sui termini di durata della pubblicazione, derogando alla regola generale innanzi riportata”. In particolare, il decreto trasparenza prevede che i dati concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i titolari di incarichi dirigenziali siano pubblicati per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell’incarico. Analoga precisazione è riportata in riferimento ai dati di consulenti e collaboratori.

Diversamente, “il legislatore – sottolinea Anac – non ha dettato alcuna disposizione ‘speciale’ sui dati soggetti all’obbligo di trasparenza di cui all’articolo 37”.
A seguito della recente entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, peraltro, l’Autorità ha ulteriormente chiarito la disciplina di pubblicazione dei dati e delle informazioni nella sottosezione “Bandi di gara e contratti”, precisando che i dati, gli atti e le informazioni oggetto di pubblicazione ai sensi del decreto trasparenza rimangono pubblicati nella Banca Dati Anac e nella sezione “Amministrazione trasparente” della stazione appaltante e dell’ente concedente per un periodo almeno di cinque anni e, comunque, nel rispetto delle previsioni del decreto trasparenza. Anac, infine, ha ricordato che “la pubblicazione dei dati riferiti ai contratti pubblici dovrà avvenire secondo i regimi differenziati puntualmente descritti nell’Aggiornamento 2023 al Piano nazionale anticorruzione”.

 

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