Legge salva borghi, l’elenco ufficiale dei piccoli comuni

È stato pubblicato in G.U. n. 220 del 14 settembre 2021 il DPCM del 23 luglio 2021, che definisce l’elenco dei piccoli comuni che rientrano nelle tipologie previste all’art. 1, comma 2, della legge 6 ottobre 2017, n. 158, secondo i parametri definiti con il decreto del Ministro dell’interno in data 10 agosto 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 213 del 27 agosto 2020. Il decreto ha fissato i parametri per la determinazione delle tipologie dei piccoli comuni che possono beneficiare dei 160 milioni del Fondo nazionale istituito dalla Legge 158/2017. Il Fondo è destinato ai piccoli Comuni per il finanziamento di investimenti diretti alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla salvaguardia e alla riqualificazione urbana dei centri storici, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici nonché alla promozione dello sviluppo economico sociale e all’insediamento di nuove attività produttive.
Il perimetro di inclusione degli enti da considerare ai fini della legge e’ definito nella premessa dell’art. 1, comma 2 della legge n. 158/20217 che testualmente recita: «per piccoli comuni si intendono i comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti nonché i comuni istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti».

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Partecipate, legittima la trasformazione giuridica della società

Una più ampia possibilità per una società partecipata, in conseguenza di una mutata natura giuridica non lucrativa, di accedere a finanziamenti e contributi per l’attività di ricerca a ricaduta collettiva può giustificare la trasformazione della società per azioni in controllo pubblico in società consortile senza scopo di lucro in controllo pubblico, a condizione che tale ampliamento dell’attività della società sia “strettamente necessario per il perseguimento delle finalità istituzionali” di tutti i soci pubblici partecipanti (art. 4, comma 1, del Tusp) e il ricorso allo strumento societario sia compatibile con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa (art. 5, comma 1, del Tusp). È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 135/2021.
La Sezione osserva che l’art. 7, comma 7, lett. d) del TUSP assoggetta le fattispecie di trasformazioni societarie agli stessi oneri di motivazione analitica previsti dall’art. 5 per i casi di costituzione di società e di acquisto di partecipazioni; ciò implica la necessità di esplicitare in modo esaustivo non solo le ragioni, di fatto e di diritto, della decisione di modificare la forma giuridica della società partecipata, ma anche di operare una rivalutazione complessiva circa la sussistenza dei requisiti di mantenimento della partecipazione pubblica nella società risultante dalla trasformazione. La motivazione analitica dovrà evidenziare la perdurante idoneità della società trasformata ad essere lo strumento più adatto per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente, anche con riferimento al mantenimento dei poteri di controllo da parte dei soci pubblici nel nuovo assetto della governance societaria. La valutazione in concreto della stretta indispensabilità del servizio ai fini del perseguimento delle finalità istituzionali ai sensi dell’art. 4, comma 1, del Tusp rientra nella sfera decisionale dell’Ente, che deve analiticamente motivare in merito alle ragioni ed alle finalità che giustificano la scelta adottata, al fine di consentire il vaglio successivo della Corte in sede di esame dei piani di razionalizzazione periodica ai sensi dell’art. 20 del TUSP.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Il dirigente comunale può rivestire la carica di presidente di una commissione di gara d’appalto

Non costituisce violazione dei principi d’imparzialità e di buona amministrazione il cumulo, nella stessa persona, delle funzioni di Presidente della Commissione valutatrice e di responsabile del procedimento, nonché di soggetto aggiudicatore, risultando ciò conforme ai principi sulla responsabilità dei funzionari degli enti locali, come delineati dall’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000” (Consiglio di Stato, sez. V – 17/11/2014 n. 5632 e la giurisprudenza ivi richiamata). È quanto affermato dall’ANCI, analizzando il caso riguardante la società in house di un Comune che ha chiesto di autorizzare un dirigente comunale a far parte in qualità di presidente di una commissione di gara per un appalto. Incarico a titolo oneroso e da espletarsi al di fuori dell’orario di ufficio. Il dirigente in questione, tuttavia, è posto a capo di un settore che esercita poteri di direzione e controllo nei confronti della stessa società controllata, la quale espleta un servizio pubblico. A complicare la problematica interviene il regolamento comunale sulle procedure di autorizzazione degli incarichi extra istituzionali dei propri dipendenti, in base al quale “costituisce conflitto d’interesse ogni attività esercitata nell’ambito del territorio dell’ente di appartenenza, nei cui confronti il Settore in cui il dipendente opera debba istituzionalmente esprimere pareri, autorizzazioni, concessioni, permessi o altri provvedimenti amministrativi. Attraverso un articolato excursus dei principali atti normativi e sentenze giurisprudenziali attinenti alla materia (T.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. II, 16/12/2015, Consiglio di Stato, sez. III – 13/10/2014 n. 5057, artt. 2, 3 e 84 del D. Lgs. 163/2006), gli esperti ANCI pervengono a un posizione chiara in merito al quesito segnalato basandosi soprattutto sulle considerazioni dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (7/5/2013 n. 13), la quale ha avvertito che il motivo di incompatibilità riguarda soltanto i Commissari diversi dal Presidente, e che la deroga a favore di quest’ultimo attenua la rilevanza dell’interesse pubblico all’imparzialità: la volontà di conservare la distinzione tra i soggetti che hanno definito i contenuti e le regole della procedura e quelli che ne fanno applicazione nella fase di valutazione delle offerte non è pertanto rigorosa, essendo perseguita in modo parziale (per una specifica applicazione, si veda Consiglio di Stato, sez. III – 13/10/2014 n. 5057).

Anci, nota di lettura sulle norme di interesse del decreto Covid in ambito scolastico

L’ANCI ha pubblicato una nota di lettura sulle norme di interesse per i Comuni contenute nel D.L. 10 settembre 2021, n. 122 (Decreto Covid), che contiene le misure per fronteggiare l’emergenza in ambito scolastico e socio-sanitario. Il provvedimento, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 settembre scorso, è confluito nella legge di conversione del D.L. 111/2021, recante riguardante “Misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti’, già all’esame della Commissione Affari Sociali della Camera, al fine di accelerarne l’iter di approvazione.

Approvata la graduatoria del bando Sport e Periferie 2020

Il Dipartimento dello Sport ha approvato con apposito decreto la graduatoria finale dei progetti presentati nell’ambito del “Bando Sport e Periferie” pubblicato in data 13 luglio 2020.  Sono prioritariamente finanziati i progetti collocati utilmente in graduatoria che comportino una spesa complessiva fino alla concorrenza delle risorse finanziarie disponibili sul capitolo di bilancio 937 “Fondo Sport e Periferie”, anno 2020, per un importo pari ad € 100.000.000,00.
Nei limiti delle risorse economiche previste dalla delibera CIPE n. 45/2019 e secondo il piano operativo a valere sulle risorse del “Fondo per lo sviluppo e la coesione territoriale 2014-2020”, nonché del decreto del Ministro per le politiche giovanili e lo sport 18 gennaio 2021, sono inoltre finanziati ulteriori progetti inseriti nella graduatoria di cui all’allegato “A” fino alla concorrenza dell’importo massimo di €
200.000.000,00, nel rispetto dei vincoli di destinazione territoriale afferenti l’utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione territoriale 2014-2020, ossia l’80% delle risorse nella macro area del Mezzogiorno e il restante 20% nella macro area del Centro-Nord, tenuto conto dei contributi già attribuiti a conclusione della procedura di cui al bando sport e periferie 2018. Viene, pertanto, data evidenza dei progetti non finanziabili, pur se meritevoli di punteggio da parte della Commissione di valutazione, per insufficienza di risorse economiche, considerati i predetti vincoli afferenti l’utilizzo delle risorse FSC.
Sono approvate, altresì, le risultanze conseguite da ciascuna domanda di finanziamento, come dagli allegati “B” e “C” concernenti, rispettivamente, le domande di finanziamento ritenute non ammissibili – a seguito dell’istruttoria tecnico-amministrativa – con evidenza analitica delle motivazioni di non conformità al bando, per la presenza di vizi escludenti non superabili o non superati nemmeno a seguito dell’attivazione del soccorso procedimentale, nonché le domande ritenute non ammissibili dalla Commissione, con evidenza analitica delle motivazioni di inammissibilità.

I soggetti assegnatari del finanziamento saranno contattati per aggiornamenti ed ulteriori indicazioni, relative alla procedura, in particolare per quanto riguarda gli adempimenti propedeutici alla sottoscrizione della convenzione prevista dal bando, nella quale saranno definiti termini e modalità di realizzazione del progetto presentato e di successiva erogazione del finanziamento. Gli altri soggetti possono chiedere informazioni e delucidazioni contattando il Dipartimento per lo sport esclusivamente all’indirizzo di posta elettronica certificata progettisport@pec.governo.it, indicando nell’oggetto la seguente dicitura: “Bando sport e periferie 2020 – richiesta motivazione esclusione domanda prot. (es. BANDO202000000)”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Versamento contributo funzionamento Arera anno 2021

Con determinazione n. 70/DAGR/2021 (vedi Allegato A) il Direttore della Direzione Affari generali e risorse dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente definisce le necessarie istruzioni tecniche agli operatori dei settori dell’energia elettrica, del gas, dei servizi idrici e del ciclo dei rifiuti per il versamento e comunicazione dei dati relativi alla contribuzione per il funzionamento dell’Autorità per l’anno 2021.
In base alla Delibera 27 luglio 2021 334/2021/A (vedi Allegato A) il contributo per il funzionamento dell’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente per l’anno 2021, che dovrà essere versato entro il termine del 2 novembre 2021, è così stabilito:
– nella misura dello 0,31 (zerovirgolatrentuno) per mille dei ricavi risultanti dai bilanci approvati relativi all’esercizio 2020, per i soggetti operanti in Italia nei settori dell’energia elettrica e del gas, ivi comprese le società di diritto estero;
– nella misura dello 0,02 (zerovirgolazerodue) per mille dei ricavi risultanti dai bilanci approvati relativi, all’esercizio 2020, per i soggetti di cui al punto precedente, che esercitano una o più attività infrastrutturali sottoposte a tariffa;
– nella misura dello 0,27 (zerovirgolaventisette) per mille dei ricavi risultanti dai bilanci approvati relativi all’esercizio 2020, per i soggetti gestori del servizio idrico integrato o di una o più attività che lo compongono;
– nella misura dello 0,30 (zerovirgolatrenta) per mille dei ricavi risultanti dai bilanci approvati relativi all’esercizio 2020, per i soggetti esercenti il ciclo dei rifiuti.
Sono tenuti al versamento i soggetti operanti nei settori dell’energia elettrica, del gas, del servizio idrico integrato e dei rifiuti urbani e assimilati (di seguito: rifiuti urbani) o in una o più delle attività che li compongono, iscritti nel registro delle imprese nell’anno precedente e/o che svolgono l’attività in regime di gestione pubblica diretta, ivi comprese le società di diritto estero.
Per i soggetti non più operanti nell’anno di versamento nei settori dell’energia elettrica, del gas, del servizio idrico integrato e dei rifiuti urbani e assimilati, ovvero di una o più delle singole attività che li compongono e di seguito elencate ma che restino operative in una o più delle altre attività ovvero cessano tutte le suddette attività restano fermi gli obblighi di versamento e comunicazione del contributo per le attività esercitate nell’anno precedente a quello di versamento.
Qualora l’applicazione delle singole aliquote alla base imponibile determini separatamente per ciascuno dei settori (elettricità, gas, sistema idrico e rifiuti) un importo da versare uguale o inferiore a 100,00 (cento/00) euro, il versamento del contributo non è dovuto per quel singolo settore. Restano fermi gli obblighi connessi alla presentazione della dichiarazione nella raccolta dati relativa al contributo di funzionamento, anche in caso di esenzione dal versamento.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION 

Sanzioni per mancata trasmissione nei termini delle certificazioni Fondone Covid

Il Ministero dell’Interno ha pubblicato, ai sensi dell’articolo 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69, sul sito del Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali – Direzione centrale della finanza locale, con effetti di pubblicità legale, il decreto dell’8 settembre 2021 che determina le sanzioni per gli enti che non hanno inviato o hanno inviato tardivamente la certificazione della perdita di gettito connessa all’emergenza epidemiologica da COVID-19, al netto delle minori spese e delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato a ristoro delle minori entrate e delle maggiori spese connesse alla predetta emergenza.

Decreto 8 settembre 2021 – Allegato 1 – Riduzione dell’80%
 Decreto 8 settembre 2021 – Allegato 2 – Riduzione del 90%
 Decreto 8 settembre 2021 – Allegato 3 – Riduzione del 100%

Consiglio di Stato: non sono condonabili le opere soggette a vincolo idrogeologico

Le opere soggette a vincolo idrogeologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto, senza che residui alcun diaframma di discrezionalità in capo all’amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive. È quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 1 settembre 2021, n. 6140.

La Sezione ha preliminarmente ricordato che sotto il profilo urbanistico-edilizio la giurisprudenza ha più volte ricordato che l’autorizzazione rilasciata, anche per silentium, ai sensi dell’art. 97, d.lgs. n. 259 del 2003 assorbe in sé e sintetizza ogni altra autorizzazione, ivi comprese quelle richieste dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante il Testo unico delle disposizioni in materia edilizia (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 16 aprile 2014 n. 1955). Lo stesso art. 87 del citato decreto legislativo del 2003, inoltre, postula che il parere dell’ARPA sia richiesto esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto e non anche ai fini del perfezionamento del titolo abilitativo, perché non sussiste un onere per il richiedente di allegare siffatto parere in sede di presentazione dell’istanza di titolo edilizio, né un obbligo di far pervenire il parere medesimo all’ente procedente entro il termine di novanta giorni di cui al comma 9 dell’art. 87 (cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. VI, 20 agosto 2019 n. 5756 e 12 gennaio 2011 n. 98).

Il Codice delle comunicazioni elettroniche, con riferimento alle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, prevede pertanto la confluenza in un solo procedimento di tutte le tematiche rilevanti, con finale rilascio (in forma espressa o tacita) di un titolo abilitativo, qualificato come autorizzazione. La fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica è considerata dal legislatore di preminente interesse generale, oltre che libera (artt. 3 e 86, d.lgs. n. 259 del 2003). L’art. 8, l. 22 febbraio 2001, n. 36, inoltre, nel disciplinare il riparto di competenze tra le Regioni, le Province e i Comuni in materia, stabilisce che i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. La Corte Costituzionale, con la sentenza 11 marzo 2003, n. 331, ha chiarito che nell’esercizio dei suoi poteri il comune non può rendere di fatto impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformando i criteri di individuazione, che pure il comune può fissare, in limitazioni alla localizzazione con regole diverse da quelle previste dalla legge quadro n. 36 del 2001.

La Sezione ha aggiunto che ai fini della controversia sottoposta al suo esame assume rilievo preminente quanto sancito dall’art. 8, comma 6, l. 36 del 2001 alla cui stregua: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.

La disciplina in oggetto è stata intesa dalla prevalente giurisprudenza (cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. VI 13 marzo 2018 n. 1592) nel senso che alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.) mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi).

Con riferimento al cd. terzo condono ha ricordato come la giurisprudenza abbia chiarito (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2019 n. 4991) che l’art. 32, d.l. n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla l. n. 326 del 2003, fissa limiti più stringenti rispetto ai precedenti primo e secondo condono, di cui alle leggi n. 47 del 1985 e 23 dicembre 1994, n. 724, escludendo la possibilità di conseguire il condono nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico qualora sussistano congiuntamente queste due condizioni ostative: a) il vincolo di inedificabilità sia preesistente all’esecuzione delle opere abusive; b) le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non siano conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. In tal caso l’incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere positivo dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2013 n. 4619).

Pare il caso di soggiungere che il d.l. n. 269 del 2003 disciplina in maniera più restrittiva, rispetto al “primo condono edilizio” di cui alla l. n. 47 del 1985, la fattispecie in questione poiché, con riguardo ai vincoli ivi indicati (tra cui quelli a protezione dei beni paesistici, ma anche quello idrogeologico), preclude la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell’Autorità ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria.

Inoltre, sebbene la presenza di un vincolo idrogeologico non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area, la sua presenza impone ai proprietari l’obbligo di conseguire, prima della realizzazione dell’intervento, il rilascio di apposita autorizzazione da parte della competente amministrazione, in aggiunta al titolo abilitativo edilizio (Cons. Stato, sez. V, 24 settembre 2009 n. 43731 e sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5467). Per quanto attiene all’interferenza di tale disciplina con quella in materia di condono edilizio, si segnala la formulazione di cui all’art. 32 l. n. 47 del 1985, a mente del quale “il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”, eccetto i casi in cui si tratti di “opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino: a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64 e successive modificazioni e dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell’articolo 35; b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III; c) in contrasto con le norme del decreto ministeriale 1° aprile 1968, n. 1404 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con agli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190 e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico”.

Da tale complessiva statuizione deriva che le opere soggette a vincolo idrogeologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto (ma non è questo il caso) “successivamente alla presentazione dell’istanza di condono” (Cons. Stato, sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6662), senza che residui alcun diaframma di discrezionalità in capo all’amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive (Cons. Stato, sez. IV, 14 giugno 2018, n. 3659).

Giova rammentare anche che, anche in base alla normativa intervenuta successivamente in materia di condono edilizio (art. 32, comma 27, lettera d, d.l. n. 269 del 2003, c.d. terzo condono), a conferma di quanto rilevato pocanzi, non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive che “siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.

Dall’ANCI richiesta di chiarimenti su mobilità in ingresso e in entrata dei dipendenti di piccoli Comuni

Nel cosiddetto Decreto Reclutamento (DL 80/2021) si riscontrerebbero criticità per il personale dei piccoli Comuni con un numero di dipendenti non superiore a 100, assunti a tempo indeterminato. In questi enti, stando alla norma letterale, di cui al primo periodo della disposizione di cui al comma 1.1. dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 165/01, così come novellato dalla legge n. 113/2021, di
conversione del D.L. n. 80/2021, sarebbe esclusa la mobilità volontaria sia in uscita che in entrata, con con pesanti ricadute in termini gestionali che impedirebbero, soprattutto nei piccoli enti che ne hanno più bisogno, il reclutamento di personale con questa modalità. A segnalarlo è il segretario generale dell’Anci, che tramite una lettera solleva la questione al capo dipartimento della Funzione pubblica. 

Ad avviso dell’ANCI, la ratio della norma era invece di escludere, per tali Enti, la sola mobilità in uscita senza il previo assenso dell’Ente Locale, come si evince peraltro dagli altri periodi della disposizione stessa che introducono criteri restrittivi in tal senso per gli altri
enti locali. Pertanto, l’Associazione chiede di intervenire per chiarire la portata della disposizione e, se necessario, correggerla con una proposta normativa da inserire nel primo provvedimento utile.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Scuola, 455 milioni per la digitalizzazione di aule e segreterie. Presentazione domande entro il 1° ottobre

Sul sito del Ministero dell’Istruzione è disponibile l’Avviso da 455 milioni di euro per la digitalizzazione delle aule scolastiche e delle segreterie. Si tratta di risorse europee stanziate nell’ambito dell’iniziativa React-EU che potranno essere utilizzate per l’acquisto di monitor digitali interattivi per la didattica, ma anche di attrezzature informatiche per la digitalizzazione amministrativa. Lo stanziamento ha l’obiettivo di sostenere la digitalizzazione delle scuole, favorendo l’innovazione didattica e l’utilizzo delle metodologie didattiche innovative, la velocizzazione dei processi burocratici, una migliore comunicazione all’utenza.

Sono ammessi a partecipare le istituzioni scolastiche statali e i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA) appartenenti alle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto.

L’intervento, finanziato con Fondi strutturali europei e ricompreso all’interno del complessivo Piano nazionale di ripresa e resilienza, si articola in due moduli: il primo prevede l’acquisto di monitor digitali interattivi touch screen da collocare nelle classi del primo e del secondo ciclo di istruzione, nonché dei corsi dei CPIA. Il secondo prevede l’acquisto di attrezzature digitali per gli uffici di segreteria.

L’importo totale del finanziamento per ciascuna istituzione scolastica del primo e del secondo ciclo è determinato tenendo conto del numero complessivo delle classi, sulla base di specifiche percentuali di ripartizione dei costi. Per i CPIA si terrà conto del numero complessivo degli studenti.

Le candidature potranno essere presentate dall’apposita area collegandosi all’indirizzo http://www.istruzione.it/pon/ dalle ore 12.00 dell’8 settembre 2021 alle ore 12.00 del 1° ottobre 2021. Gli interventi dovranno essere realizzati, collaudati e conclusi non oltre il 31 dicembre 2022.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION