Sottoscritto l’accordo sulla regolamentazione inerente le modalità di espressione della volontà di adesione al Fondo Perseo-Sirio

Aran rende noto che è stato sottoscritto, in data 16 settembre 2021, l’accordo che regolamenta l’adesione al Fondo Perseo-Sirio, anche con la modalità del silenzio-assenso.
L’accordo si applica al personale assunto, dopo il 1° gennaio 2019, nelle amministrazioni pubbliche destinatarie del Fondo Perseo-Sirio, il fondo di previdenza complementare negoziale a cui possono aderire i lavoratori dei ministeri, delle regioni, delle autonomie locali, della sanità, degli enti pubblici non economici, dell’ENAC, del CNEL, delle università, degli enti di ricerca, delle agenzie fiscali.
L’accordo definisce modalità e regole che assicurino una puntuale ed esaustiva informazione per i neo-assunti. Si prevede infatti che il lavoratore, al momento dell’assunzione, riceva una dettagliata informativa, dalla propria amministrazione, sull’attività del Fondo pensione, sulla possibilità di iscriversi e sulla modalità di adesione mediante silenzio-assenso. Nei sei mesi successivi, il lavoratore può iscriversi direttamente o esprimere la volontà di non aderire. Se il dipendente non manifesta alcuna volontà, allo scadere dei sei mesi è iscritto. Il Fondo comunicherà ai nuovi iscritti l’avvenuta adesione, ribadendo il diritto al recesso da attivarsi entro un mese. Trascorso questo ulteriore periodo, senza che sia stata manifestata alcuna volontà, l’iscrizione si consolida.
L’ARAN, al fine di supportare le amministrazioni, ha predisposto:
– un’informativa contenente alcune prime indicazioni per facilitare l’applicazione delle disposizioni sottoscritte;
alcune slides che sintetizzano le varie fasi ed i principali passaggi previsti dall’accordo;
– alcuni orientamenti applicativi, in risposta a quesiti formulati da alcune amministrazioni nella fase intercorrente tra la firma della Ipotesi di contratto e la sua definitiva sottoscrizione.
Per approfondire il tema della previdenza complementare, si rinvia inoltre alla guida introduttiva alla previdenza complementare curata da Covip.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Illegittimo il regolamento comunale che consente l’installazione degli impianti di telefonia cellulare soltanto su immobili comunali

È illegittimo il regolamento comunale che consente l’installazione degli impianti per la telefonia cellulare esclusivamente su immobili di proprietà del Comune. È quanto stabilito dal TAR Veneto, sezione III, sentenza 23 agosto 2021, n. 1021, accogliendo il ricorso presentato da un operatore di telecomunicazioni contro la decisione di un Comune che ha negato il rilascio dell’autorizzazione alla installazione di una nuova Stazione Radio Base, su un terreno privato, censito al N.C.T. del Comune medesimo.
In base all’art. 86 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, tra cui sono ricomprese le stazioni radio base (SRB), sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria; tale assimilazione e la considerazione che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità rivestano “carattere di pubblica utilità”, postulano la possibilità che gli stessi siano ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (ex multis, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 6 aprile 2019, n. 312; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 6 giugno 2016, n. 1331; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 12 marzo 2015, n. 764; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 1° aprile 2014, n. 951).
Il Consiglio di Stato (Sez. IV, 17 aprile 2018, n. 2308) ha rilevato che “secondo la Corte costituzionale, la scelta di inserire le infrastrutture di reti di comunicazione tra le opere di urbanizzazione primaria esprime un principio fondamentale della legislazione urbanistica (Corte cost., n. 336 del 27 luglio 2005)” e che “Anche la giurisprudenza successiva ha concordemente sottolineato la necessità di una capillare distribuzione sul territorio delle reti di telecomunicazione (C.d.S., Sez. III, n. 2455 del 13 maggio 2014) e la loro compatibilità, in linea di principio, con qualsiasi destinazione urbanistica (C.d.S., Sez. III, sentenza n. 119 del 15 gennaio 2014)”.
Secondo i giudici, l’Amministrazione comunale non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure che costituiscano, nella sostanza, una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare SRB in intere zone territoriali omogenee, ovvero introdurre distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, poiché tali disposizioni sono funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell’elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Smart working PA, la bozza di CCNL presentata da Aran ai sindacati

I dipendenti pubblici interessati allo smart working dovranno firmare un accordo scritto con l’Amministrazione che preveda la durata (a termine o a tempo indeterminato); le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa fuori dalla sede abituale di lavoro, con specifica indicazione delle giornate di lavoro da svolgere in sede e di quelle da svolgere a distanza; le modalità di recesso, che deve avvenire con un termine non inferiore a 30 giorni salve le ipotesi previste dall’art. 19 legge 81/2017; le ipotesi di giustificato motivo di recesso; i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la diritto alla disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro; le fasce di operabilità, di contattabilità e di inoperabilità; le modalità di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore. È quanto prevede la bozza di CCNL Funzioni Centrali sul lavoro agile, presentata dall’ARAN.

Si potrà ricorrere al lavoro agile per processi e attività di lavoro, previamente individuati dalle amministrazioni, per i quali sussistano i necessari requisiti organizzativi e tecnologici per operare con tale modalità, fermo restando che sono esclusi i lavori in turno e quelli che richiedono l’utilizzo costante di strumentazioni non remotizzabili. L’amministrazione garantisce al personale in lavoro agile le stesse opportunità rispetto alle progressioni di carriera, alle progressioni economiche, alla incentivazione della performance e alle iniziative formative previste per tutti i dipendenti che prestano attività lavorativa in presenza.

L’amministrazione nel dare accesso al lavoro agile dovrà contemperare le esigenze di benessere e flessibilità dei lavoratori con gli obiettivi di miglioramento del servizio pubblico, facilitando l’accesso al lavoro agile ai lavoratori che si trovano in condizioni di particolare necessità, non coperte da altre misure, ad esempio:
a) genitori di bambini di età inferiore a 3 anni;
b) dipendenti portatori di handicap in situazione di gravità;
c) dipendenti che assistono portatori di handicap in situazione di gravità.

Il prossimo 22 settembre ci sarà un incontro tra Aran e sindacati per discutere della proposta.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Armonizzazione contabile, in G.U. il tredicesimo decreto di aggiornamento dei principi contabili

È stato pubblicato in G.U. n. 221 del 15 settembre 2021 il decreto del MEF del 1° settembre 2021, recante “Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011, recante «Disposizioni in materia dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”, approvato dalla Commissione Arconet nella seduta del 14 luglio scorso. Gli aggiornamenti riguardano gli allegati n. 1 (Principi generali o postulati), n. 4/1 (Principio contabile applicato concernente la programmazione ), n. 4/2 (Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria), n. 4/3 (Principio contabile applicato concernente la contabilità economico patrimoniale degli enti in contabilità finanziaria), n. 4/4 (Principio contabile applicato concernente il bilancio consolidato) , n. 6 (Piano dei conti integrato), n. 9 (Schema di bilancio di previsione), n. 10 (Schema di rendiconto) e n. 11 (Bilancio consolidato) al D.Lgs. n. 118/2011, per le esigenze del monitoraggio dei conti pubblici. Lo schema di decreto si presenta molto corposo anche per la presenza di numerosi esempi, che costituiscono un prezioso ausilio per gli enti.

Allegato al DM 1 settembre 2021

UPI, Appello al Parlamento per risolvere instabilità istituzionale e finanziaria delle Province

A 12 anni dall’entrata in vigore della Legge 42 su federalismo fiscale, il bilancio per le Province è del tutto negativo: sono troppi i nodi ancora irrisolti, sia dal punto di vista prettamente finanziario che istituzionale, a bloccare l’avanzare della riforma”. È il giudizio espresso dal Presidente dell’UPI Michele de Pascale, in audizione dalla Commissione Bicamerale per l’attuazione del Federalismo fiscale, per fare il punto sullo stato di avanzamento della riforma.

“Le Province – ha spiegato de Pascale – non hanno alcuna leva fiscale che permetta davvero di arrivare ad una autonomia e anzi, a causa dei tagli subiti negli anni, si trovano a dovere assolvere alle funzioni fondamentali loro assegnate ed erogare servizi essenziali, con bilanci ridotti all’osso e fortemente fragili. I soli tributi di riferimento delle Province sono IPT e RCAuto, su cui non c’è manovrabilità e che soprattutto rappresentano una base imponibile molto fragile, legata al mercato automobilistico e quindi fortemente influenzato dalla situazione economica”.

“A questa fragilità finanziaria – ha sottolineato il Presidente dell’UPI – si somma l’instabilità istituzionale generata dal caos introdotto con la Legge 56/14, che ha fortemente compromesso la capacità di queste istituzioni di sostenere e promuovere lo sviluppo locale, a tutto danno dei territori. È evidente quanto la revisione di questa legge sia ormai un tema urgente, anche considerate le sfide che il Paese ha davanti, a partire dal PNRR, che potrà essere una straordinaria occasione di rinascita se tutte le istituzioni saranno messe nelle condizioni di operare nella piena efficienza. Per questo – ha concluso de Pascale – chiediamo al Parlamento, rimasto per troppo tempo inerte, di affrontare le questioni aperte e approvare una legge di riordino della disciplina delle Province che sia coerente con la Costituzione, a partire dal consolidamento e ampiamento delle funzioni fondamentali e di definire una vera autonomia tributaria delle Province correlata alle funzioni esercitate che ne consenta il pieno esercizio. Auspichiamo che la prossima manovra economica sia l’occasione per intervenire a risolvere queste criticità stabilizzando finalmente i bilanci delle Provincia sia per la spesa corrente che per gli investimenti”.

In 117 comuni seggi elettorali in sedi alternative agli edifici scolastici

Il Ministero dell’interno rende noto che sono 117 i Comuni che hanno manifestato, entro il termine previsto, il proprio interesse ad ottenere i contributi previsti dal Fondo di 2 milioni di euro (art. 23-bis del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito nella legge 21 maggio 2021, n. 69) per realizzare sedi alternative agli edifici scolastici da destinare a seggi elettorali, al fine di evitare la sospensione delle attività didattiche, in occasione della tornata elettorale dell’anno in corso.

In totale sono 510 i seggi elettorali interessati, con il coinvolgimento di circa 300.000 elettori e di oltre 30.000 studenti.
Nella maggior parte dei casi sono state individuate come sedi alternative, palestre comunali, strutture polivalenti e uffici municipali dismessi.

I contributi saranno effettivamente erogati, come stabilito dalla normativa vigente, a seguito dell’attestazione dell’avvenuto trasferimento dei seggi da parte dei Comuni interessati, ai quali le competenti Prefetture-UTG hanno già comunicato gli importi dei contributi loro assegnati.

Modalità di riscossione del contributo annuale dovuto all’Aran per l’attività di contrattazione ed assistenza dagli Enti locali

Aran e Ministero dell’interno hanno diramato congiuntamente un comunicato in attuazione di quanto previsto dall’articolo 46, comma 8 del decreto legislativo n. 165/2001, nonché dal D.M. del 27 novembre 2013, pubblicato sulla G.U. n. 19 del 24 gennaio 2014, che definisce le modalità di riscossione del contributo annuale dovuto all’Aran per l’attività di contrattazione ed assistenza dagli Enti locali.

Al riguardo, si fa presente che il contributo annuale per l’anno 2021 dovuto dagli Enti locali non beneficiari di trasferimenti da parte del Ministero dell’Interno, sarà richiesto direttamente dall’ARAN ai singoli Enti con un avviso di pagamento “PagoPA” spedito dall’indirizzo pec serviziopa@pec.infogroup.it alla pec istituzionale di ogni singola Amministrazione, come già anticipato nella nota prot.n. 6129 del 15/09/2021 (elenco degli Enti tenuti al versamento). Per una fattiva collaborazione istituzionale, è chiesto agli enti di provvedere al pagamento del contributo dovuto all’Agenzia per l’anno 2021 esclusivamente utilizzando la procedura PagoPA. Si segnala, inoltre, che, eventuali chiarimenti in ordine alla quantificazione dell’importo del contributo dovuto – pari al prodotto del contributo annuale per singolo dipendente (€ 3,10) per il numero complessivo dei dipendente in servizio al 31 dicembre 2019 (dato estratto dall’ultimo conto annuale pubblicato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) – potranno essere richiesti direttamente all’Aran, al seguente indirizzo di posta elettronica: riscossionecontributi@aranagenzia.it .

Legge salva borghi, l’elenco ufficiale dei piccoli comuni

È stato pubblicato in G.U. n. 220 del 14 settembre 2021 il DPCM del 23 luglio 2021, che definisce l’elenco dei piccoli comuni che rientrano nelle tipologie previste all’art. 1, comma 2, della legge 6 ottobre 2017, n. 158, secondo i parametri definiti con il decreto del Ministro dell’interno in data 10 agosto 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 213 del 27 agosto 2020. Il decreto ha fissato i parametri per la determinazione delle tipologie dei piccoli comuni che possono beneficiare dei 160 milioni del Fondo nazionale istituito dalla Legge 158/2017. Il Fondo è destinato ai piccoli Comuni per il finanziamento di investimenti diretti alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla salvaguardia e alla riqualificazione urbana dei centri storici, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici nonché alla promozione dello sviluppo economico sociale e all’insediamento di nuove attività produttive.
Il perimetro di inclusione degli enti da considerare ai fini della legge e’ definito nella premessa dell’art. 1, comma 2 della legge n. 158/20217 che testualmente recita: «per piccoli comuni si intendono i comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti nonché i comuni istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti».

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Partecipate, legittima la trasformazione giuridica della società

Una più ampia possibilità per una società partecipata, in conseguenza di una mutata natura giuridica non lucrativa, di accedere a finanziamenti e contributi per l’attività di ricerca a ricaduta collettiva può giustificare la trasformazione della società per azioni in controllo pubblico in società consortile senza scopo di lucro in controllo pubblico, a condizione che tale ampliamento dell’attività della società sia “strettamente necessario per il perseguimento delle finalità istituzionali” di tutti i soci pubblici partecipanti (art. 4, comma 1, del Tusp) e il ricorso allo strumento societario sia compatibile con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa (art. 5, comma 1, del Tusp). È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 135/2021.
La Sezione osserva che l’art. 7, comma 7, lett. d) del TUSP assoggetta le fattispecie di trasformazioni societarie agli stessi oneri di motivazione analitica previsti dall’art. 5 per i casi di costituzione di società e di acquisto di partecipazioni; ciò implica la necessità di esplicitare in modo esaustivo non solo le ragioni, di fatto e di diritto, della decisione di modificare la forma giuridica della società partecipata, ma anche di operare una rivalutazione complessiva circa la sussistenza dei requisiti di mantenimento della partecipazione pubblica nella società risultante dalla trasformazione. La motivazione analitica dovrà evidenziare la perdurante idoneità della società trasformata ad essere lo strumento più adatto per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente, anche con riferimento al mantenimento dei poteri di controllo da parte dei soci pubblici nel nuovo assetto della governance societaria. La valutazione in concreto della stretta indispensabilità del servizio ai fini del perseguimento delle finalità istituzionali ai sensi dell’art. 4, comma 1, del Tusp rientra nella sfera decisionale dell’Ente, che deve analiticamente motivare in merito alle ragioni ed alle finalità che giustificano la scelta adottata, al fine di consentire il vaglio successivo della Corte in sede di esame dei piani di razionalizzazione periodica ai sensi dell’art. 20 del TUSP.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Il dirigente comunale può rivestire la carica di presidente di una commissione di gara d’appalto

Non costituisce violazione dei principi d’imparzialità e di buona amministrazione il cumulo, nella stessa persona, delle funzioni di Presidente della Commissione valutatrice e di responsabile del procedimento, nonché di soggetto aggiudicatore, risultando ciò conforme ai principi sulla responsabilità dei funzionari degli enti locali, come delineati dall’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000” (Consiglio di Stato, sez. V – 17/11/2014 n. 5632 e la giurisprudenza ivi richiamata). È quanto affermato dall’ANCI, analizzando il caso riguardante la società in house di un Comune che ha chiesto di autorizzare un dirigente comunale a far parte in qualità di presidente di una commissione di gara per un appalto. Incarico a titolo oneroso e da espletarsi al di fuori dell’orario di ufficio. Il dirigente in questione, tuttavia, è posto a capo di un settore che esercita poteri di direzione e controllo nei confronti della stessa società controllata, la quale espleta un servizio pubblico. A complicare la problematica interviene il regolamento comunale sulle procedure di autorizzazione degli incarichi extra istituzionali dei propri dipendenti, in base al quale “costituisce conflitto d’interesse ogni attività esercitata nell’ambito del territorio dell’ente di appartenenza, nei cui confronti il Settore in cui il dipendente opera debba istituzionalmente esprimere pareri, autorizzazioni, concessioni, permessi o altri provvedimenti amministrativi. Attraverso un articolato excursus dei principali atti normativi e sentenze giurisprudenziali attinenti alla materia (T.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. II, 16/12/2015, Consiglio di Stato, sez. III – 13/10/2014 n. 5057, artt. 2, 3 e 84 del D. Lgs. 163/2006), gli esperti ANCI pervengono a un posizione chiara in merito al quesito segnalato basandosi soprattutto sulle considerazioni dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (7/5/2013 n. 13), la quale ha avvertito che il motivo di incompatibilità riguarda soltanto i Commissari diversi dal Presidente, e che la deroga a favore di quest’ultimo attenua la rilevanza dell’interesse pubblico all’imparzialità: la volontà di conservare la distinzione tra i soggetti che hanno definito i contenuti e le regole della procedura e quelli che ne fanno applicazione nella fase di valutazione delle offerte non è pertanto rigorosa, essendo perseguita in modo parziale (per una specifica applicazione, si veda Consiglio di Stato, sez. III – 13/10/2014 n. 5057).