Indipendentemente dalla possibilità di non considerare i crediti verso le pubbliche Amministrazioni ai fini del calcolo dell’accantonamento al FCDE, risulta necessario, ai fini del mantenimento dei futuri equilibri di bilancio, svalutare i residui attivi in considerazione delle oggettive difficoltà di riscossione negli ultimi cinque esercizi precedenti. È quanto evidenziato dalla Corte dei Conti, Sez. Umbria, con la deliberazione n. 113/2020/PRSP all’esito dell’esame istruttorio condotto sui rendiconti 2016 e 2017 di un Comune. La Sezione ha riscontrato una scarsa riscossione dei residui attivi dei canoni di concessione e dei mutui per la gestione del servizio idrico, con conseguente obbligo di svalutazione dei relativi residui attivi, come previsto dal punto 3.3 dell’allegato n. 4/2 al D. Lgs. n. 118/2011.
La magistratura contabile ha inoltre rilevato che la soluzione adottata dall’Ente – di graduare il pagamento delle fatture per le utenze in ragione dell’incasso dei propri residui – non può essere ritenuta conforme alla legge, basandosi la compensazione tra crediti e debiti sul mancato assolvimento dell’obbligo contrattuale per il servizio ricevuto dal Comune.
Sempre in materia di accantonamento a FCDE, la Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 117/2020/PAR, ha evidenziato, tra l’altro, che in caso di conclamata e perdurante situazione di crisi di una società partecipata tale da non consentire più alla società medesima di onorare gli impegni verso l’ente socio, quest’ultimo deve procedere ad un corretto stanziamento del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità (FCDE) per scongiurare il rischio di mancati introiti. Nel caso di specie, i giudici hanno riscontrato l’insufficienza del FCDE in quanto, a prescindere dalla natura giuridica delle somme dovute dalla società del casinò al Comune, la perdurante situazione di crisi imputabile alla progressiva riduzione dei ricavi della società del Casinò rendeva evidente che la società stessa non fosse più in grado di onorare gli impegni verso il Comune, mentre l’Ente ha continuato ad accertare entrate da proventi da gioco per importi rilevanti (sebbene inferiori a quelli assicurati in passato), senza procedere ad alcun accantonamento prudenziale per scongiurare il rischio del mancato introito. Ne è derivato che, per effetto del mancato accantonamento, entrate accertate e non riscosse siano state comunque destinate al finanziamento di spese esigibili e pagate, comportando una gravissima crisi di liquidità cui il Comune è stato costretto a far fronte con il massiccio ricorso all’anticipazione di tesoreria