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Il fondo contenzioso va accantonato solo in presenza di effettiva pendenza di controversie

Con riferimento alla costituzione di un fondo contenzioso in assenza di vertenze, ove l’amministrazione non abbia notizia di possibili eccezioni o pretese manifestate dai terzi nei propri confronti, l’accantonamento, per quanto di modesto importo, rischia di eccedere le finalità prudenziali e di intaccare le equiordinate esigenze di verificabilità e attendibilità delle scritture contabili. È quanto affermato dalla Corte dei conti, Sez. Piemonte, con deliberazione n. 19/2022/PRSE, in seguito all’esame della relazione redatta, ai sensi dell’art. 1, commi 166 e segg., della Legge 23 dicembre 2005, n. 266, dall’Organo di revisione dei conti di un Comune in riferimento al Rendiconto per l’esercizio finanziario 2019.

Il Comune è stato invitato a relazionare in merito all’accantonamento della somma di euro 2.000,00 nel risultato di amministrazione a titolo di “fondo per il contenzioso”, dal momento che nel questionario, alla apposita domanda sulla congruità della posta, risultava la seguente risposta: “non ricorre la fattispecie”. Con la nota di riscontro l’amministrazione ha invece precisato che non vi sono contenziosi in atto e che “l’accantonamento è stato fatto a titolo prudenziale”.

Nel merito, la Corte ha evidenziato che il rendiconto è finalizzato a dare rappresentazione contabile degli eventi effettivamente esistenti ed apprezzati nel corso dell’intera gestione annuale riepilogata a consuntivo; ne deriva che gli accantonamenti, accomunati da una ratio prudenziale, devono però trovare effettivo spunto in fatti avvenuti ed apprezzati durante la gestione ormai conclusa e che sono ritenuti dall’amministrazione suscettibili di riverberare i propri effetti negli esercizi a venire. L’accantonamento di un fondo per il contenzioso postula quindi l’esistenza di fatti (ad esempio sinistri avvenuti, oppure provvedimenti assunti incisivi di diritti o interessi legittimi dei privati) che rendano ragionevole provvedere ad accantonare risorse per affrontare spese impreviste (o minori entrate) nell’immediato futuro. A tale fine è certo ammissibile accantonare risorse allorché eventuali controversie, foriere di potenziali rischi per le finanze dell’ente, pendano solo a livello stragiudiziale. Ove però l’amministrazione neppure abbia notizia di possibili eccezioni o pretese manifestate dai terzi nei suoi confronti, l’accantonamento di un “fondo contenzioso” rischia di eccedere le finalità prudenziali e intaccare le equiordinate esigenze di verificabilità e attendibilità delle scritture. Quando invece l’amministrazione intenda destinare somme per prepararsi a eventuali controversie, che dovessero manifestarsi solo nel futuro, la sede appropriata non è il rendiconto bensì il bilancio di previsione, giacché il fondo contenzioso accantonato nel risultato di amministrazione non è finalizzato a retribuire i professionisti legali incaricati dell’assistenza legale dell’ente.
In disparte la sostanziale “penalizzazione” che l’ente pare essersi autoinflitto, la Sezione rileva che la normativa pone requisiti stringenti per l’utilizzo delle quote accantonate del risultato di amministrazione, essenzialmente riconducibili al fatto che il rischio alla cui copertura erano preordinate non sussista più con certezza; è però ovvio che quando la ragione stessa dell’accantonamento non abbia solide basi di fatto, l’amministrazione si espone al rischio di una probatio diabolica al fine di legittimare successivamente lo svincolo di tali risorse, potendo risultare arduo dimostrare la sopravvenuta inesistenza di una condizione generica e puramente ipotetica.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

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