È da ritenersi legittima la facoltà riconosciuta ad una pubblica amministrazione di recedere, in via unilaterale, dall’accordo sottoscritto con altre amministrazioni, sia che la predetta facoltà sia stata espressamente pattuita nell’accordo, sia che l’accordo nulla preveda a tal proposito. È questo il principio affermato dal TAR Veneto, Sez. I, con sentenza n.841/2020 del 22 settembre 2020, conformandosi all’orientamento della magistratura amministrativa. La fattispecie sottoposta all’esame dei giudici riguarda il ricorso presentato dai comuni aderenti alla convenzione, per la gestione associata del servizio di polizia locale, che lamentano la violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per difetto di motivazione e carenza di presupposti, contestando la fondatezza del provvedimento del comune capofila di recesso unilaterale dalla convenzione. Dalla convenzione stipulata, si evince che gli enti abbiano liberamente e consapevolmente fissato apposite regole per l’esercizio del recesso non subordinandolo a particolari oneri o obblighi di motivazione.
Sull’ammissibilità dell’esercizio del diritto di recesso e della sussistenza o meno di un obbligo di motivazione e di corresponsione di un indennizzo nei casi in cui la convenzione nulla abbia previsto, i giudici hanno evidenziato che, anche in queste ipotesi (diverse dalla fattispecie in esame, caratterizzata dalla presenza di una clausola espressa che ammette il recesso senza subordinarlo a condizioni o adempimenti particolari), la giurisprudenza è giunta alla conclusione che “il potere di recedere nel pubblico interesse dagli accordi amministrativi, non rappresenta altro se non la particolare configurazione che la potestà di revoca assume quando il potere amministrativo è stato esercitato mediante un accordo iniziale anziché in forma unilaterale” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 12 settembre 2017, n. 4304; Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 luglio 2013, n. 3861). Sebbene l’art. 15, secondo comma, della L. n. 241 del 1990 non richiami in modo espresso, fra le disposizioni applicabili anche agli accordi fra amministrazioni pubbliche, il quarto comma dell’art. 11 della stessa legge nondimeno è da ritenersi che l’effettiva sussistenza di tale potere di recesso emerga quale corollario del principio di inesauribilità del potere pubblico, che caratterizza l’esercizio delle funzioni pubbliche” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 novembre 2011, n. 6162; Tar Puglia, Lecce, Sez. II, 20 dicembre 2014, n. 3141)”. Deve dunque ritenersi legittima la facoltà riconosciuta ad una pubblica amministrazione di recedere in via unilaterale dall’accordo sottoscritto con altre amministrazioni, sia che la predetta facoltà sia stata espressamente pattuita nell’accordo, come avvenuto nel caso di specie, sia che l’accordo nulla preveda a tal proposito” (cfr. Tar Piemonte, Sez. I, 16 maggio 2019, n. 600). Osservano infine i giudici che nel caso in esame il Comune capofila, abbia adottato un’ampia ed articolata motivazione in ordine alle ragioni che sorreggono la propria scelta di recedere, non sindacabile in sede di legittimità senza impingere nel merito delle valutazioni riservate all’Amministrazione.