La Corte dei conti, Sez. Abruzzo, con deliberazione n. 19/2025, si pronuncia su una richiesta di parere da parte di un Comune in merito alla possibilità di un intervento finanziario per poter rendere accessibile alla Società, interamente partecipata dall’Ente, la procedura di Concordato Liquidatorio ai sensi della nuova formulazione dell’art. 84 del Codice della crisi di impresa (D.Lgs. n. 14/2019), derogando al divieto di soccorso finanziario previsto, invece, dal Testo unico delle società partecipate (D.lgs. n. 175/2016, c.d. TUSP).
Secondo la Sezione, un intervento finanziario pubblico in favore di una società partecipata in concordato liquidatorio è contrario ai principi di buona gestione della finanza pubblica. Il concordato liquidatorio rientra tra gli strumenti negoziali di gestione della crisi di impresa previsti dall’ordinamento giuridico al fine di prevenire e/o evitare che la definizione del complesso delle relazioni tra parte debitrice e parte (o parti) creditrice sia rimessa all’esito della procedura di liquidazione giudiziale. L’istituto si caratterizza per essere un accordo stragiudiziale tra debitore e creditori di un’azienda in condizione di difficoltà economica diretto alla vendita e alla “liquidazione” di tutti gli asset aziendali al fine di ottenere le risorse finanziarie necessarie e utili al pagamento dei debiti garantendo la soddisfazione delle classi creditorie. In quanto tale, il concordato liquidatorio rappresenta una modalità di realizzazione della regola generale della responsabilità patrimoniale posta all’art. 2740 c.c. Affinché lo strumento produca i suoi effetti, è necessario che alla domanda di ammissione, proposta dal debitore, faccia seguito un piano, dallo stesso predisposto, nel quale si esplichino le modalità di composizione della crisi.
Il concordato liquidatorio differisce nelle finalità dalla figura del concordato preventivo avente, invece, l’obiettivo di raggiungere il risanamento dell’impresa preservando la continuità aziendale. In questo ultimo caso, a maggior ragione, è data la possibilità di accedere a strumenti preventivi di gestione della crisi che permettono di conservare i valori aziendali.
L’art. 14, comma 5 del TUSP prevede il c.d. “divieto di soccorso finanziario” che limita fortemente per le amministrazioni pubbliche (dunque anche per gli enti locali) l’ammissibilità di interventi a sostegno di organismi partecipati. La norma impone l’abbandono della logica del “salvataggio a tutti i costi” di strutture e organismi partecipati che versano in situazione di crisi. La questione è stata più volte affrontata dalla Magistratura contabile la quale è giunta al consolidato orientamento secondo cui “non sussiste a carico del socio pubblico, anche se unico socio, alcun obbligo di procedere al ripianamento delle perdite né all’assunzione diretta dei debiti di una società partecipata” (cfr. Sez. regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 64/2021/PAR).
Dunque, laddove non risultino riscontrabili condizioni di pacifica ed evidente straordinarietà, il “soccorso finanziario” non è ammesso.
Eccezioni al divieto di soccorso finanziario sono ammesse solo “a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma […] purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento”, nella prospettiva, quindi, della prosecuzione dell’attività sociale, in presenza di una documentata e motivata prospettiva di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione che dimostri lo specifico interesse pubblico perseguito in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in particolare le ragioni economico-giuridiche.
Il divieto di cui all’art. 14, comma 5, TUSP vale a maggior ragione rispetto a società poste in liquidazione, essendo in tal caso di per sé esclusa qualsiasi prospettiva di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione 9 maggio 2022, n. 24/2022/PAR), a meno che l’ente pubblico sia in grado di dimostrare la sussistenza di un prevalente interesse pubblico tale da giustificare l’operazione. Ipotesi, quest’ultima, eccezionalmente ravvisata dalle stesse sezioni regionali di controllo «solo con riferimento a poche situazioni concrete, in
particolare nell’ipotesi della necessità di recuperare al patrimonio comunale beni societari indispensabili per la prosecuzione dell’erogazione di servizi pubblici fondamentali, o nel caso di pregresso rilascio di garanzia dell’Ente per l’adempimento delle obbligazioni della società.
La redazione PERK SOLUTION