Aggiornamento Linee guida metodologiche per la rendicontazione degli indicatori comuni per il PNRR

La RGS ha pubblicato la circolare del 15 luglio 2024, n. 33, concernente l’aggiornamento Linee guida metodologiche per la rendicontazione degli indicatori comuni per il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Gli indicatori comuni sono funzionali all’osservazione dei progressi ottenuti dai PNRR di tutti gli Stati Membri su dimensioni che accomunano i vari piani nazionali, e sono pertanto oggetto di rilevazione periodica per un monitoraggio d’insieme del Dispositivo di ripresa e resilienza. Gli Stati membri sono tenuti a trasmettere i dati due volte l’anno, entro il 31 agosto per il semestre gennaio-giugno ed entro il 28 febbraio dell’anno successivo per il semestre luglio-dicembre.

L’aggiornamento delle linee guida, di cui alla Circolare della Ragioneria Generale dello Stato n. 34 del 17 ottobre 2022, si è reso opportuno alla luce del nuovo approfondimento metodologico relativo all’indicatore comune 4 “Popolazione che beneficia di misure di protezione contro inondazioni, incendi boschivi e altri disastri naturali legati al clima”, predisposto con il contributo di ISPRA e delle Amministrazioni titolari delle misure interessate dall’indicatore, nonché per dare evidenza dell’evoluzione di alcune funzionalità del sistema di monitoraggio ReGiS.

Non sono stati introdotti nuovi o diversi obblighi in tema di rendicontazione degli indicatori comuni: l’aggiornamento intende garantire la coerenza delle Linee guida con i più recenti approfondimenti metodologici e le funzionalità di ReGiS, affinché continui a rappresentare un valido strumento a supporto dell’azione delle Amministrazioni titolari e dei soggetti attuatori di misure PNRR.

Allegato alla Circolare del 15 luglio 2024, n. 33 – Linee guida metodologiche per la rendicontazione degli indicatori comuni per il Piano nazionale di ripresa e resilienza

 

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Richiesta di parere su accesso agli atti da parte dei consiglieri di minoranza

I dati riferiti al pagamento IMU di una società concessionaria del Comune possono essere forniti ai consiglieri in quanto gli stessi vantano uno specifico interesse a valutare il corretto operato dell’amministrazione nella gestione delle imposte. È questa, in sintesi, la risposta del Ministero dell’interno ad una richiesta di parere in materia di accesso agli atti dell’ente, da parte dei consiglieri comunali, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del TUEL. In particolare, il sindaco di un Comune, a seguito di istanza d’accesso a firma dei consiglieri di minoranza, ha chiesto se fossero consultabili gli atti relativi al rapporto concessorio tra l’ente e la ditta concessionaria dei terreni per l’estrazione di materiali nel territorio comunale, nonché i pagamenti IMU effettuati dalla stessa negli ultimi tre anni.

Il Ministero ricorda che il diritto di accesso” ed il “diritto di informazione” dei consiglieri comunali nei confronti della P.A., secondo la disciplina dell’art. 43, consenti ai consiglieri di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Tale diritto ha confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10, TUEL.) sia, più in generale, nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n. 241/90.

Il consigliere comunale non ha l’obbligo di motivare le proprie richieste di accesso, poiché tale diritto è essenziale per svolgere le proprie funzioni e rappresenta un principio democratico fondamentale per l’autonomia locale e la rappresentanza della comunità. Il Consiglio di Stato ha sottolineato l’importanza di trovare un equilibrio tra il diritto del consigliere di esercitare il proprio mandato e la riservatezza delle persone coinvolte, suggerendo di mascherare i nominativi e altri dati sensibili per garantire la privacy.

Il consigliere comunale è tenuto al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge, per cui il medesimo deve mantenere inaccessibili eventuali dati sensibili, rispondendone personalmente della diffusione illecita. Inoltre, viene precisato che, qualora nei documenti riguardanti la società in questione, da rilasciare ai consiglieri, vi siano situazioni che godano di una certa copertura costituzionale come la riservatezza di terzi, l’ente dovrà procedere con il sistema della “mascheratura” dei dati.

 

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ANAC: Non è possibile pagare un appalto con beni materiali. Serve il partenariato pubblico-privato

Un Comune non può assegnare la realizzazione di un parcheggio pubblico multipiano pagando l’appaltatore in parte in denaro e in parte in beni immobili, trasferendogli la proprietà di un immobile comunale. Il nuovo Codice non lo prevede più per i contratti d’appalto, ma solo all’interno del partenariato pubblico-privato.

Lo ha chiarito Anac con il Parere in funzione consultiva n. 27, approvato dal Consiglio dell’Autorità il 5 giugno 2024. La richiesta di parere è venuta da un comune della provincia di Verbania, intenzionato a procedere all’acquisto di un opificio dismesso adiacente al centro storico della città, al fine di realizzare un parcheggio pubblico multipiano, mediante affidamento in appalto dei lavori di adeguamento e trasformazione dell’immobile stesso. L’Amministrazione comunale chiedeva all’Autorità “se il corrispettivo dovuto all’appaltatore per detti lavori, poteva essere corrisposto in parte in denaro, in parte mediante trasferimento della proprietà di un immobile comunale; e se tale immobile poteva essere costituito proprio da alcune parti dell’opificio, da cedere prima o dopo l’esecuzione dei lavori, al fine di consentire all’appaltatore la realizzazione di autorimesse da alienare a terzi”.

Tutto questo all’interno di un contratto d’appalto e non nell’ambito del partenariato pubblico- privato. Anac nella sua risposta ha precisato “che il legislatore, con la previsione dell’art. 202 del d.lgs. 36/2023 (in continuità con il previgente Codice) ha voluto limitare il ricorso allo schema negoziale in esame, esclusivamente nell’ambito dei contratti di PPP e non prevederlo più (come nel d.lgs. 163/2006) anche nell’ambito dei contratti d’appalto.

Pertanto, non può che ribadirsi che nel nuovo Codice, la sostituzione del corrispettivo dell’affidatario in tutto o in parte mediante trasferimento della proprietà di beni immobili appartenenti all’amministrazione aggiudicatrice, deve ritenersi limitata ai contratti di partenariato pubblico privato nei termini sopra indicati, con esclusione del contratto d’appalto” (fonte Anc).

 

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