Quaderno operativo Anci su rispetto tempi di pagamento e misurazione performance

ANCI ha pubblicato il Quaderno operativo n. 49 in materia di “Rispetto dei tempi di pagamento: interventi organizzativi e modalità di misurazione e valutazione della performance”, redatto a seguito dell’approvazione della legge 29 aprile 2024 n. 56, di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024 n.19.

Il Quaderno offre un quadro di sintesi ed integrazione tra i due macro temi della nuova disciplina sul rispetto degli obblighi dei tempi di pagamento: performance individuale e modalità di rispetto dei tempi di pagamento. Le interconnessioni fra i due temi sono, infatti, importanti e determinanti al fine di non incorrere nelle sanzioni previste e, dunque, nella impossibilità di riconoscere integralmente l’indennità di risultato spettante ai dirigenti.

Dopo un excursus che ripercorre il quadro normativo in materia degli obblighi di rispetto dei tempi di pagamento, il quaderno affronta le novità introdotte dall’articolo 4-bis, comma 2, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito nella legge 21 aprile 2023, n. 41, e fornisce spunti utili per la sua applicazione nonché strumenti operativi in merito alla costruzione degli obiettivi di performance cui è legata la sanzione.

 

La redazione PERK SOLUTION

 

 

 

Potere di vigilanza ANAC sulla congruità delle determinazioni assunte dai Responsabili Anticorruzione (Rpct)

Spetta ai Responsabili Anticorruzione (Rpct) il compito di curare il rispetto delle disposizioni sulle inconferibilità e incompatibilità degli incarichi secondo quanto stabilito dal Decreto legislativo n.39 del 2013. Anac, nella sua qualità di Autorità di garanzia e controllo, può però sempre esercitare – come confermato anche da due recenti pronunce del Tar Lazio – un generale potere di vigilanza sul rispetto di tali disposizioni, anche con l’esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi.

E’ quanto ribadisce l’Autorità Anticorruzione con il Comunicato del Presidente del 23 aprile 2024 indirizzato all’attenzione dei Responsabili della prevenzione della corruzione e della trasparenza (Rpct) delle pubbliche amministrazioni, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico. “Tenuto conto di tale riparto di competenze, spetta dunque ad Anac, in ultima istanza – precisa l’Autorità – anche il potere di vigilare sulla corretta applicazione dello stesso articolo 15 (che disciplina i poteri, le azioni e le attribuzioni del Responsabile Rpct, ivi compreso il dovere di segnalare all’Autorità i casi di possibile violazione della normativa).

Tale potere sussiste sia nei casi in cui il procedimento di contestazione sia stato avviato internamente all’ente dall’Rpct (cosiddetta ‘vigilanza interna’), che nei casi in cui tale procedimento sia stato avviato d’ufficio da Anac. Ciò comporta che le valutazioni dell’Autorità contenute nei propri atti di accertamento superano quelle errate eventualmente compiute dai Responsabili Rpct dei singoli enti” (fonte Anac).

 

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Nuove modalità di versamento del contributo ANAC

Con avviso 9 maggio 2024, Anac comunica le nuove modalità di versamento del contributo. In particolare:

  • per le gare pubblicate dal 1° gennaio 2024 tramite la nuova Piattaforma contratti pubblici, il versamento del contributo da parte delle stazioni appaltanti dovrà avvenire mediante il sistema di pagamento pagoPA; pertanto, per le suddette gare, non saranno elaborati i relativi bollettini MAV. La modalità di versamento del contributo tramite pagoPA sarà resa disponibile nell’ambito del servizio Gestione Contributi Gara dell’ANAC. Con successivo comunicato verrà data notizia della disponibilità del nuovo servizio;
  • per le gare pubblicate dal 1° gennaio 2024 tramite il precedente sistema SIMOG, il versamento del contributo da parte delle stazioni appaltanti dovrà avvenire, come di consueto, mediante il bollettino MAV, il quale è attualmente in elaborazione sul servizio Gestione Contributi Gara dell’ANAC.

 

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Interventi di rigenerazione urbana e medie opere: Pagamento di un ulteriore acconto del 20% del contributo

La Direzione Centrale dalla Finanza locale informa che ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2024, n.19, convertito, con modificazioni, in legge 29 aprile 2024, n.56, è stato disposto il pagamento, a titolo di ulteriore acconto, nella misura del 20% del contributo concesso a favore dei Comuni beneficiari del contributo di cui all’articolo 1, commi 42 e seguenti, della legge n.160/2019 (PNRR_M5C2I2.1_Investimenti in progetti di rigenerazione urbana) per i quali risultava già intervenuta l’aggiudicazione dei lavori.

In particolare, per gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana, è stato erogato un importo totale pari ad euro 19.212.718,49, in favore di 37 enti finanziati con decreto del 30 dicembre 2021 e 4 aprile 2022.

Nei confronti dei Comuni beneficiari del contributo di cui all’articolo 1, commi 139 e seguenti, della legge n. 145/2018 (medie opere), sono state effettuate erogazioni a titolo di acconto, ovvero relativamente agli stati di avanzamento lavori degli interventi finanziati e contabilizzati. In particolare, per gli investimenti in progetti di medie opere, è stato erogato:

  • un importo totale pari ad euro 308.290.964,64, in favore di 1169 enti finanziati con decreto del 23 febbraio 2021;
  • un importo totale pari ad euro 2.772.070,12, in favore di 70 enti finanziati con decreto del 19 maggio 2023.

Nei confronti degli enti finanziati con decreto dell’8 novembre 2021, del 18 luglio 2022 e del 28 marzo 2023, si fa presente che le erogazioni saranno disposte appena acquisite le necessarie disponibilità di cassa.

Sarà possibile prendere visione del dettaglio dei pagamenti effettuati, suddivisi per Provincia e con evidenza dei singoli CUP, nel corso delle prossime settimane.

 

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Corte Costituzionale: IMU e immobili occupati abusivamente

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 60/2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, vigente ratione temporis, riguardante i soggetti passivi dell’IMU. In particolare, il giudice delle leggi censura tale norma nella parte in cui non prevede che l’IMU non sia dovuta per gli immobili occupati abusivamente relativamente ai quali sia stata presentata una tempestiva denuncia in sede penale. Secondo la Consulta, è irragionevole affermare che sussista la capacità contributiva del proprietario che abbia subito l’occupazione abusiva di un immobile che lo renda inutilizzabile e indisponibile e si sia prontamente attivato per denunciarne penalmente l’accaduto.

La controversia nasce a seguito di due ricorsi di una casa di cura srl avverso il silenzio rifiuto opposto da Roma Capitale sull’istanza di rimborso del versamento IMU, rispettivamente per le annualità 2013 e 2014, relativo a un immobile di proprietà della suddetta società, occupato abusivamente da terzi a partire dal dicembre 2012. Tale società aveva dimostrato che erano state attivate tutte le necessarie iniziative per prevenire l’occupazione dell’immobile («dalla predisposizione della chiusura a mezzo blocchetti di cemento delle aperture […] alla attivazione di un servizio di sorveglianza privata ancorché non armata sin dal mese di marzo 2012») e che aveva altresì provveduto a denunciare immediatamente all’autorità preposta l’avvenuta sua occupazione abusiva e tuttavia, benché fosse stato disposto un sequestro preventivo dell’immobile da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Roma nell’agosto 2013, lo stesso non aveva avuto esecuzione per motivi di ordine pubblico.

La Corte, dopo una breve premessa normativa e giurisprudenziale relativa ai presupposti impositivi dell’IMU, evidenzia come, indipendentemente dalla nozione di possesso cui debba farsi riferimento a proposito dell’IMU, sia irragionevole affermare che sussista la capacità contributiva del proprietario che abbia subito l’occupazione abusiva di un immobile che lo renda inutilizzabile e indisponibile e si sia prontamente attivato per denunciarne penalmente l’accaduto, tanto che il legislatore è intervenuto con la legge n. 197 del 2022 per dichiarare non dovuta l’imposta in questione. Emblematico è il caso oggetto dei giudizi in cui la società proprietaria aveva assunto tutte le necessarie iniziative per prevenire l’occupazione dell’immobile e aveva tempestivamente provveduto a denunciare all’autorità giudiziaria penale l’avvenuta occupazione contro la sua volontà. Benché nell’agosto 2013 fosse stato disposto un sequestro preventivo dell’immobile ex art. 321 del codice di procedura penale da parte del giudice per le indagini preliminari, lo stesso sequestro non aveva avuto esecuzione per ragioni di ordine pubblico. Pertanto, la società proprietaria non era riuscita a tornare nel possesso dell’immobile nonostante l’uso di una diligenza adeguata.

È dunque irragionevole e contrario al principio della capacità contributiva che il proprietario di un immobile occupato abusivamente, il quale abbia sporto tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale sia, ciò nonostante, tenuto a versare l’IMU per il periodo decorrente dal momento della denuncia a quello in cui l’immobile venga liberato, perché la proprietà di tale immobile non costituisce, per il periodo in cui è abusivamente occupato, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso.

 

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Spetta all’Unione Europea e allo Stato e non alle Regioni disciplinare il trattamento dei dati personali

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 69/2024, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 3 della legge della Regione Puglia n. 13 del 2023 per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, della Costituzione, che regola il trattamento dei dati personali nella installazione degli impianti di videosorveglianza, in violazione degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e delle competenze legislative esclusive dello Stato nella materia «ordinamento civile».

La Corte rileva che l’Unione europea, nell’esercizio della competenza fissata nell’art. 16 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, detta una complessa disciplina in materia di trattamento dei dati personali, che «trova completamento e integrazione nelle fonti nazionali». Secondo i giudici delle leggi, la Regione non può regolare autonomamente la materia, né operare una selezione di fonti e di previsioni, «che, all’interno dell’articolato plesso normativo contemplato sia dall’Unione europea sia dal legislatore statale, sono chiamate a disciplinare questa complessa e delicata materia», poiché in tal modo «non solo si sovrappone alle normative eurounitaria e statale, travalicando le proprie competenze, ma oltretutto effettua una arbitraria scelta, il cui contenuto precettivo equivale a ritenere vincolanti le sole regole individuate dal legislatore regionale e non anche le altre», dettate dall’Unione europea e dal legislatore statale.

 

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Diritto di accesso dei consiglieri comunali agli atti di polizia giudiziaria

Il Comune è tenuto a consentire l’accesso agli atti oggetto dell’istanza del consigliere con esclusione di quelli effettivamente svolti nell’esercizio di attività di polizia giudiziaria coperti da segreto investigativo. È questa, in sintesi, la risposta del Ministero dell’interno ad una richiesta di parere in merito alla possibilità di un consigliere comunale di acquisire copia di alcuni documenti formati nello svolgimento di funzioni di polizia giudiziaria su iniziativa dell’ufficio di polizia locale, relativi ad inviti a comparire negli uffici di polizia giudiziaria per motivi di giustizia.

Il Ministero rammenta che il diritto di accesso dei consiglieri comunali è riconosciuto espressamente dall’articolo 43, comma 2, del TUEL ed è definito dal Consiglio di Stato (sentenza n.4471/2005) “diritto soggettivo pubblico funzionalizzato”, finalizzato al controllo politico-amministrativo sull’ente, nell’interesse della collettività; si tratta, all’evidenza, di un diritto dai confini più ampi del diritto di accesso riconosciuto al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10 T.U.O.E.L.) o, più in generale, nei confronti della P.A., disciplinato dalla legge n. 241/90. Il diritto di accesso del consigliere comunale, seppur ampio,  non implica che esso possa sempre e comunque esercitarsi con pregiudizio di altri interessi riconosciuti dall’ordinamento meritevoli di tutela, e dunque possa sottrarsi al necessario bilanciamento con questi ultimi (Consiglio di Stato-sez. V, sentenza 11 marzo 2021, n. 2089).

Con la  sentenza del 29.02.2024, n.1974 il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima la richiesta di un consigliere comunale, sottolineando che solo gli atti di indagine compiuti dal P.M. e dalla polizia giudiziaria sono coperti dall’obbligo di segreto nei procedimenti penali ai sensi dell’art.329 c.p.p.. Gli atti posti in essere da una pubblica amministrazione (non su delega dell’autorità giudiziaria bensì) nell’ambito dell’attività istituzionale demandatagli dalla legge, sono atti amministrativi ‒ come tali suscettibili di accesso ‒ anche se riguardanti lo svolgimento di attività di vigilanza, controllo e di accertamento di illeciti (per quanto concerne la materia edilizia, ai sensi dell’art.27 del d.P.R. n.380 del 2001) e rimangono tali pur dopo l’inoltro di una denunzia all’autorità giudiziaria.

Pertanto, il Comune è tenuto a consentire l’accesso agli atti oggetto della istanza del consigliere con esclusione di quelli effettivamente svolti nell’esercizio di attività di polizia giudiziaria e come tali coperti da segreto investigativo, la cui individuazione non può che essere rimessa ai competenti uffici dell’ente locale, i quali nell’ipotesi della sussistenza di dubbi interpretativi riferiti a singoli atti e documenti potranno a tal fine effettuare specifiche richieste preventive al competente pubblico ministero.

 

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Finanziamento attività socio-educative 2024: manifestazione di interesse entro il 27 maggio

Il Dipartimento per le Politiche della famiglia intende finanziare i comuni italiani per lo svolgimento di attività socioeducative in favore dei minori.  Gli enti dovranno manifestare l’interesse a beneficiare del  menzionato finanziamento relativo all’anno 2024 attraverso l’accesso alla piattaforma dedicata (https://centriestivi.sapp.famiglia.governo.it/), apponendo la spunta nell’apposita casella presente nella sezione “ 1. Anagrafica ” dell’anno di finanziamento 2023.

Per i comuni che non hanno in precedenza svolto attività sulla predetta piattaforma, e quindi non hanno le credenziali di accesso, è possibile manifestare l’interesse al finanziamento inviando una pec all’indirizzo dipofam.centriestivi2021@pec.governo.it con oggetto: MANIFESTO L’INTERESSE AL FINAZIAMENTO 2024. In caso di utilizzo di differente oggetto, il Dipartimento non assicurerà l’inclusione del comune nell’elenco dei beneficiari.

Tale interesse, sia sulla piattaforma che attraverso Pec, dovrà essere manifestato obbligatoriamente entro e non oltre il 27 maggio alle ore 12:00, pena la non inclusione del comune tra i soggetti beneficiari del finanziamento.

 

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La verifica della legittimità delle deliberazioni non rientra tra i controlli del responsabile del servizio di ragioneria

Secondo il sistema delle competenze assegnate dal TUEL e ridisegnate dalla riforma operata con il d. l. n. 174/2012, la verifica della legittimità delle deliberazioni, sia esse di giunta che di consiglio, non rientra tra i controlli che il responsabile del servizio di ragioneria deve effettuare prima dell’emissione del proprio parere di regolarità contabile. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Giurisdizionale per il Lazio, con deliberazione n. 183/2024.

Secondo la Sezione, il parere di regolarità contabile non può che coprire la legittimità della spesa in senso stretto del termine, cioè la corretta imputazione al capitolo del bilancio dell’ente, la regolare copertura finanziaria e il rispetto degli equilibri di bilancio, esulando dai compiti del responsabile del servizio di ragioneria ogni valutazione sulla legittimità dell’atto deliberativo (cfr. in termini Sent. Corte dei conti – Sez. giur. Calabria n.185/2019). Compete al responsabile del servizio economico finanziario, ai sensi dell’art. 49 del TUEL, come modificato dall’art. 3, comma 1, lett. b), del d. l. n. 174/2012, convertito in l. n. 213/2012, esprimere un parere di regolarità contabile su ogni proposta di deliberazione qualora la stessa comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico finanziaria o sul patrimonio dell’ente. Tale parere, che rientra tra quelli preventivi, è previsto dall’art. 147 del TUEL.

La lettura combinata dall’art. 49 e 147 bis, comma 1, del TUEL permette di individuare, innanzitutto, il contenuto del parere di regolarità tecnica, che non si limita a verificare l’attendibilità tecnica della soluzione proposta, ma involge l’insieme del procedimento amministrativo, coprendo e inglobando le regole sia tecniche, di un determinato settore, che quelle generali in ordine alla legittimità dell’azione amministrativa, ivi compresa la legittimità della spesa, in considerazione del fatto che ciascun centro di responsabilità, proponente un qualsiasi atto deliberativo recante spesa, gestisce autonomamente il piano esecutivo di gestione assegnato al proprio settore.

Di contro, con il “parere di regolarità contabile” il fine perseguito dal legislatore è stato quello di assegnare al responsabile del servizio di ragioneria un ruolo centrale nella tutela degli equilibri di bilancio dell’ente e, a tal fine, nell’esprimere tale parere egli dovrà tener conto, in particolare, delle conseguenze rilevanti in termini di mantenimento nel tempo degli equilibri finanziari ed economico-patrimoniali, valutando: a) la verifica della sussistenza del parere di regolarità tecnica rilasciato dal soggetto competente; b) il corretto riferimento (si sottolinea effettuato dall’organo proponente) della spesa alla previsione di bilancio annuale, ai programmi e progetti del bilancio pluriennale e, ove adottato, al piano esecutivo di gestione.

 

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Il Fondo perdite società partecipate non opera in ragione del tipo di organismo societario prescelto dall’Ente

La Corte dei conti, Sez. Toscana, con deliberazione n. 26/2024/PRSE, nell’ambito dell’esame dei dati finanziari relativi ai rendiconti degli esercizi 2020 e 2021 di un Comune ha evidenziato come l’istituto del fondo perdite società partecipate non opera in ragione del tipo di organismo societario prescelto dall’Ente (società azionaria o società a responsabilità limitata), ma è funzionale ad evitare che gli andamenti gestionali degli stessi possano ripercuotersi, anche in chiave prospettica, sulla tenuta degli equilibri dell’Ente. La ratio dell’art. 21 TUSP, dunque, è quella di conseguire un razionale utilizzo delle risorse della
collettività nel settore delle partecipazioni pubbliche e di tutelare il principio di libera concorrenza, incentivando la riduzione di società che presentano gestioni inefficienti. L’osservanza dell’adempimento in questione deve essere pertanto assicurata con riguardo a tutti i “tipi” di società e al ricorrere delle condizioni previste nell’articolo 21 del TUSP.

Nel caso di specie, nella nota di osservazioni finali, il Magistrato istruttore rappresentava che nella Relazione sulla gestione dell’Organo di revisione, relativa all’esercizio 2021, nel campo “Fondo perdite aziende e società partecipate (eventuale)” era precisato: “l’Ente ha solo partecipazioni azionarie non ricorre la necessità di accontamenti”, recte accantonamenti. La Sezione rilevava come tale affermazione apparisse non coerente con l’attuale disciplina di cui all’art. 21 dal d.lgs. n. 175 del 2016 (TUSP), richiamando l’attenzione sulla circostanza che la relazione sulla gestione dell’Organo di revisione, oltre ad essere necessaria per i successivi adempimenti contabili dell’Ente, costituisce un indispensabile strumento per incrementare la funzione di trasparenza dei bilanci nei confronti della comunità amministrata in ragione dell’elevato livello di tecnicismo della contabilità armonizzata.

In linea generale, la Sezione rammenta che gli enti locali possono costituire o acquisire partecipazioni societarie nell’ambito della cornice definita dal TUSP, previo invio dell’atto deliberativo a questa Corte per l’esercizio delle funzioni ex art. 5, comma 3, del TUSP. Allo scopo, gli enti possono ricorrere ai tipi individuati dall’art. 2, comma 1, lett. l. del TUSP, tra cui figura anche la società per azioni. Nel caso in cui le società partecipate dalle pubbliche  amministrazioni locali presentino un risultato di esercizio negativo il legislatore detta all’art. 21, intitolato “Norme finanziarie sulle società partecipate dalle amministrazioni locali”, una specifica disciplina a tutela degli equilibri di finanza pubblica dell’Ente, mediante la costituzione di un apposito accantonamento (i.e., il fondo perdite partecipate).

 

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