Proroga termine invio dati “Ricognizione delle articolazioni dei corrispettivi del settore rifiuti” anni 2022 e 2023

Con comunicato del 28 maggio 2024, Arera, nel ricordare l’apertura della raccolta dati sulla ricognizione delle articolazioni dei corrispettivi del settore rifiuti, con riferimento agli anni 2022 e 2023, cui sono tenuti alla compilazione tutti i gestori che svolgono l’attività di “Gestione tariffe e rapporto con gli utenti”, informa che – in considerazione del protrarsi dei tempi per l’inserimento dei dati (come segnalato da taluni gestori attivi su più ambiti tariffari), nonché delle concomitanti attività per la conclusione degli iter avviati per l’approvazione della TARI (alla luce delle recenti iniziative parlamentari concernenti il differimento dei relativi termini) – la data ultima per l’invio dei dati e delle informazioni richieste, secondo le indicazioni contenute nel Comunicato del 30 aprile, è aggiornata al 30 giugno 2024.

 

La redazione PERK SOLUTION

Nuova Governance UE. L’Anci contro nuove restrizioni finanziarie sugli enti locali

Nel corso dell’audizione presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, l’Anci ha espresso la ferma opposizione a trasposizioni dirette dei nuovi vincoli europei sugli enti locali italiani. Le regole da applicare agli enti territoriali a seguito degli accordi sulla nuova Governance economica europea sono lasciate alla valutazione di ciascun Stato membro.

L’introduzione di nuovi vincoli alla spesa dei Comuni e delle Città metropolitane costituirebbe un grave ostacolo alla ripresa degli investimenti locali attualmente in atto e alla capacità di ampie fasce di enti locali di erogare servizi fondamentali per la popolazione, servizi che hanno invece bisogno di ulteriore sviluppo per poter superare le forti disuguaglianze territoriali ancora esistenti.

Il nuovo quadro di governance economica dell’UE prevede un impianto con schema di natura “negoziale” il quale pone al centro l’obiettivo della sostenibilità del debito pubblico e la correlata analisi risk-based e prevede che ciascun Paese con un debito sopra il 60 per cento o un deficit sopra il 3 per cento del Pil presenti un proprio specifico Piano strutturale di bilancio a medio termine in grado di porre o mantenere il rapporto debito/Pil su un sentiero plausibilmente discendente e comunque prudente. Il Piano dovrà avere una durata di 4 o 5 anni, in relazione alle legislature nazionali, e prevedere un aggiustamento che copre un periodo di 4 anni estendibile fino ad un massimo di 7 se il Paese si impegna a realizzare riforme ed investimenti riconosciuti come rilevanti sia per la crescita e l’equilibrio delle finanze pubbliche nazionali che per i più generali obiettivi macroeconomici e sociali europei (priorità comuni, ecc.).

La nuova struttura di governance si pone l’obiettivo finale della sostenibilità del debito attraverso il controllo operativo di un unico aggregato: la spesa netta (detratti, cioè, gli interessi; le spese cicliche connesse ai sussidi per la disoccupazione e quelle temporanee e una-tantum; le spese che trovano piena copertura in trasferimenti dal bilancio europeo e quelle per co-finanziare progetti europei; e infine, ma assai importante dal punto di vista delle implicazioni di ordine procedurale, le entrate di natura discrezionale). L’essenza del Piano sta, dunque, in un programma di aggiustamento che attraverso il controllo della traiettoria della spesa netta, la quale diventa, in sostanza, l’obiettivo intermedio da conseguire, sia in grado di correggere le tendenze della finanza pubblica che si registrerebbero a politiche invariate e considerate le spinte dei costi d’invecchiamento della popolazione.

In un contesto in cui permangono i vincoli tradizionali del 3 e del 60 per cento del Pil, rispettivamente per il deficit e il debito pubblico (la riforma non tocca, infatti, i Trattati), le modifiche del framework richiedono ai Paesi di assicurare comunque:
a) da un lato, una prestabilita riduzione annua minima del rapporto debito/Pil (1 punto all’annuo, nella media del periodo di aggiustamento, per i paesi con un rapporto superiore al 90 per cento e mezzo punto all’anno per i Paesi con debito tra il 60 ed il 90 per cento;
b) dall’altro lato, un margine di resilienza dell’aggiustamento medesimo, tal che esso non possa considerarsi concluso fino a quando il deficit strutturale non scende all’1,5 per cento del Pil.

Secondo Anci sono anche da valorizzare nella declinazione del nuovo patto di stabilità europeo l’esigenza di assicurare un ambiente favorevole agli investimenti, l’attenzione alla dimensione sociale nella scelta dei parametri di definizione e il monitoraggio degli obiettivi nazionali, l’attivazione di un dialogo Stato membro-Commissione per indicare la «traiettoria di riferimento» da rispettare ai fini della convergenza”. L’attuale fase di gestione della finanza locale, gli investimenti e i servizi di rilevanza sociale, la scuola e il sostegno alle emergenze locali, richiedono una attenta riflessione che dovrebbe condurre all’esclusione degli enti locali da nuove restrizioni quantitative, anche in ragione delle tendenze e dell’assetto finanziario attualmente rilevabili.

 

La redazione PERK SOLUTION

Stop al decreto sulla spending review. Rinviato il passaggio in Conferenza Stato-città

La pubblicazione dello schema di decreto sulla spending review, con annessa nota metodologica– previsto dall’articolo 1, comma 533, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, modificato dall’articolo 3, comma 12-decies, lett. a), nn. 1) e 2), del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18 – ha scatenato, come prevedibile, forti critiche da parte dei Sindaci che avevano già lanciato l’allarme sulla decisione paradossale e irragionevole del governo di tagliare le risorse di parte corrente penalizzando fortemente i Comuni che hanno ricevuto i finanziamenti del PNRR e che sono impegnati nella realizzazione delle opere pubbliche.

Il riparto del concorso alla finanza pubblica da parte dei comuni, delle province e delle città metropolitane, per gli anni dal 2024 al 2028, ammonta complessivamente a 1.250 milioni di euro (di cui 1 miliardo a carico dei comuni), leggermente attenuato dal recupero delle quote covid rimaste inutilizzate. Sono esclusi dal taglio delle risorse gli enti in dissesto finanziario o in procedura di riequilibrio finanziario, alla data del 1° gennaio 2024, o che abbiano sottoscritto gli accordi di cui all’articolo 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e di cui all’articolo 43, comma 2, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, ora legge 15 luglio 2022, n. 91. Considerate le predette esclusioni, gli enti che sono chiamati ad assicurare un contributo alla finanza pubblica di  sono: 6.838 comuni; 78 province e 13 Città metropolitane. L’importo dovuto da ogni comune è pari alla somma del concorso calcolato sulla spesa corrente, al netto degli impegni relativi alla Missione 12 – Diritti sociali, politiche sociali e famiglia e alla Missione 20 – Fondi e accantonamenti e del concorso determinato sulle risorse PNRR + Investimenti per piccole opere.

“Il taglio previsto per gli enti locali è di 250 milioni quest’anno, è già un duro colpo per tutte le amministrazioni locali che si stavano appena riprendendo dagli anni difficili dell’austerity” – spiega Decaro – “ma la cosa più grave è che il MEF vuole ripartire questo taglio colpendo i Comuni in misura direttamente proporzionale ai finanziamenti PNRR che hanno ricevuto per gli investimenti. Col risultato che i tagli saranno più pesanti per chi avrà costruito più asili nido, avrà aperto più case-famiglia, avrà acquistato più autobus elettrici o avrà realizzato più parchi pubblici: tutti investimenti che naturalmente, per poter funzionare, richiederanno ai Comuni maggiore spesa corrente, per esempio, per le manutenzioni e per l’assunzione degli educatori da impiegare negli asili nido”.

Da qui la decisione del ministro dell’Interno di rinviare il passaggio in Conferenza Stato-Città a dopo le elezioni previste per i giorni 8 e 9 giugno.

 

La redazione PERK SOLUTION