Indennità arretrata al Segretario in caso di incapienza del relativo capitolo di bilancio

La Corte dei conti, Sez. Sicilia, con deliberazione n. 81/2022, fornisce chiarimenti in merito alla richiesta di parere di un Ente volta a conoscere se, in caso di incapienza, anche parziale, del relativo capitolo di bilancio, l’indennità arretrata di cui all’art. 41, comma 4, del CCNL 16/05/2001 dei segretari comunali e provinciali e Accordo n. 2 del Contratto Collettivo Integrativo Nazionale del 22/12/2003, costituisca una passività pregressa e, pertanto, necessita di apposita variazione di bilancio da parte del Consiglio Comunale quale organo deputato ad autorizzare e controllare la spesa, ovvero sia riconducibile alla fattispecie del debito fuori bilancio ex art. 194 del TUEL.

La Sezione ricorda che la consolidata giurisprudenza contabile (ex multis sezione regionale controllo Lombardia n.436/2013/PAR) considera la procedura per il riconoscimento del debito fuori bilancio di cui all’art. 194 T.U.E.L. una disciplina eccezionale, relativa ad ipotesi tassative e di tendenziale stretta interpretazione. Diverse dai debiti fuori bilancio sono le passività pregresse o arretrate, spese che, a differenze dei primi, riguardano debiti per cui si è proceduto a regolare impegno ma che, per fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della prestazione, hanno dato luogo ad un debito in definitiva maggiore. Proprio perché le passività pregresse si pongono all’interno di una regolare procedura di spesa, esulano dalla fenomenologia del debito fuori bilancio. In caso di incapienza del capitolo di spesa occorre effettuare le necessarie variazioni di bilancio, sotto il controllo e il giudizio dell’organo deputato ad autorizzare e controllare la spesa, vale a dire il Consiglio comunale. Conclusivamente la fattispecie prospettata dal Comune non è sussumibile nei casi disciplinati dal richiamato articolo 194 T.U.E.L. ma rientra nell’ambito delle passività pregresse o arretrate.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Da Anac le proposte di revisione della disciplina sul pantouflage

L’Anac ha recentemente inviato un atto di segnalazione al Parlamento con proposte di revisione della disciplina sul pantouflage, al fine di rafforzare l’istituto, e soprattutto con la possibilità di applicarlo al meglio. Come noto, la pratica del pantouflage, per cui pubblici dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per le pubbliche amministrazioni, vengano poi assunti dagli stessi soggetti privati destinatari dei provvedimenti, è proibita dalla legge italiana. Il decreto legislativo n.165 del 30 marzo 2001 stabilisce oggi che nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, i dipendenti pubblici non possono essere assunti o svolgere incarichi per gli stessi privati, oggetto dei loro precedenti provvedimenti. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di ciò sono nulli, ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti.

In forza del proprio potere di vigilanza in merito a casi di pantouflage, Anac evidenzia la necessità di precisare e rendere più organica la disciplina delle tipologie sottoposte al divieto. Attualmente, infatti, esiste un automatismo delle sanzioni, senza alcuna gradualità o valutazione di fattispecie diverse, prevedendo il testo di legge una sanzione inibitoria, come conseguenza automatica della dichiarazione di nullità dell’incarico. Per l’Autorità è necessario riconsiderare la formulazione del dispositivo al fine di valutare l’elemento psicologico sotteso alla violazione del divieto. Inoltre, la sanzione del divieto di contrattazione con le pubbliche amministrazioni per tre anni, in certi casi di minore gravità appare sproporzionata con riferimento alla durata prevista. Occorre, pertanto, poter graduare il periodo di interdizione, ancorando ad elementi oggettivi valutabili, caso per caso, in sede di applicazione della sanzione stessa.

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Autore: La redazione PERK SOLUTION

Bonus sociali: pubblicazione rendiconti economici relativi ai maggiori oneri sostenuti dai Comuni nell’annualità 2019

Anci rende noto che è stata avviata sul sistema SGAte la pubblicazione dei Rendiconti economici relativi ai Maggiori Oneri sostenuti dai Comuni nell’annualità 2019, sia per il bonus elettrico che per il bonus gas e per il bonus idrico. Il Rendiconto Economico, che sarà generato solo per i Comuni che nel corso di tale annualità abbiano caricato a sistema almeno una domanda di agevolazione, costituisce il documento in cui vengono riportati, per singola tipologia di bonus, i dati quantitativi relativi alle domande oggetto di rendicontazione per ciascun Comune. Nel Rendiconto figureranno solo le domande la cui data di caricamento su SGAte ricade nel periodo di riferimento (in questo caso dal 01/01/2019 al 31/12/2019) indipendentemente dalla data di protocollo indicata nella domanda.

Ai Comuni che hanno già provveduto a configurare il proprio indirizzo di Posta Elettronica Certificata di riferimento per il processo di gestione dei Maggiori Oneri verrà in ogni caso inviata una PEC con l’avviso della disponibilità dei Rendiconti. Gli Enti che non abbiano ancora provveduto alla configurazione dell’indirizzo di PEC sono invitati a provvedere in tal senso.

Per la visualizzazione e la gestione del Rendiconto, oltre alla configurazione della PEC, il Comune deve aver provveduto con proprio atto alla nomina del Rendicontatore e alla configurazione di tale ruolo nel sistema SGAte a cura dell’Amministratore SGAte dello stesso Ente. L’attività di creazione/modifica dell’Utente Rendicontatore su SGAte, nonché l’eventuale procedura di recupero credenziali/modifica password del Rendicontatore già abilitato sul Sistema, sono in carico all’Amministratore SGAte del Comune, che potrà operare tramite le credenziali in suo possesso.

Accedendo al sistema SGAte, se necessario, l’Amministratore potrà avviare la procedura di recupero delle credenziali, per cui si rinvia alle seguenti istruzioni per il recupero delle credenziali. Il Rendiconto può essere approvato dal Comune sia con Determina Dirigenziale che con Delibera di Giunta e che, per ogni altra informazione o chiarimento, nonché per ricevere assistenza è possibile contattare il Call Center SGAte per i Comuni al Numero Verde 800192719 oppure scrivere all’indirizzo di posta elettronica sgate@anci.it.

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Incompatibilità per i consiglieri comunali che si trovano ad avere parte in appalti nell’interesse dell’ente

L’art. 63 comma 1 n. 2 del TUEL, dispone una causa di incompatibilità per i consiglieri comunali che si trovano ad aver parte direttamente ed indirettamente in appalti nell’interesse del comune. E’ rilevante l’affidamento della gestione dei servizi socio – assistenziali del comune ad una fondazione nel cui consiglio di amministrazione il consigliere comunale riveste il ruolo di presidente. È quanto evidenziato dal Ministero dell’Interno in risposta  in merito alla possibile sussistenza di una causa di incompatibilità ai sensi dell’art.63 commi 1 e 2 in capo ad un consigliere comunale.

Nel caso di specie il Comune ha affidato ad una fondazione, che gestisce sul territorio comunale una struttura di accoglienza per anziani – nel cui consiglio di amministrazione il consigliere riveste la carica di presidente – il servizio di assistenza domiciliare comunale per la durata di un anno, servizio che in precedenza veniva svolto da una dipendente cessata perché collocata a riposo. Il Ministero ricorda che l’art.63 disciplina le cc.dd. incompatibilità d’interessi, le quali hanno la finalità di impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni dei consigli comunali soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli del comune o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità.

L’affidamento presuppone la stipula di un contratto e, come precisato dalla giurisprudenza amministrativa, in materia di affidamento di appalti pubblici, (cfr. Tar Basilicata n.194 del 20.03.2018) all’esito dell’espletamento della gara, dopo la stipula del contratto tra il Comune e l’aggiudicatario, sorge per l’appaltatore/consigliere comunale l’incompatibilità di cui all’art.63 comma 1 n.2. Inoltre, l’assenza di finalità di lucro dell’attività svolta dalla fondazione non è sufficiente ad escludere la sussistenza dell’ipotesi di incompatibilità. Il comma 2 dell’art.63 ha, infatti, escluso l’applicazione della suddetta ipotesi solo per coloro che hanno parte in cooperative sociali, iscritte in pubblici registri dal momento che solo tali forme organizzative offrono adeguate garanzie per evitare il pericolo di deviazioni nell’esercizio del mandato da parte degli eletti ed il conflitto di interessi, anche solo potenziale, che la medesima persona sarebbe chiamata a dirimere se dovesse scegliere tra l’interesse che deve tutelare in quanto amministratore dell’ente che gestisce il servizio e quello che deve tutelare in quanto consigliere del comune che di quel servizio fruisce. In ogni caso,  la valutazione in ordine alla eventuale sussistenza di ipotesi di incompatibilità è rimessa al consiglio comunale. Infatti, in conformità al generale principio per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all’espletamento del mandato è compiuta con la procedura prevista dall’art.69 del decreto legislativo n.267 del 2000, che garantisce il contraddittorio tra organo ed amministratore, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa di incompatibilità contestata (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 10 luglio 2004, n.12809; Id., sentenza 12 novembre 1999, n.12529).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION