I comuni non possono cedere le proprie capacità assunzionali a un ente gestore di un parco regionale

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 12/2021, in riscontro ad una richiesta di un Comune, ha evidenziato che l’articolo 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, non ammette fattispecie derogatorie o eccezionali non previste dalla legge quali quelle dello stesso articolo 33, comma 2, per i comuni con popolazione fino a 5000 abitanti che fanno parte di unioni di comuni, e dell’articolo 32, comma 5, ultimo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Di conseguenza, i comuni, in mancanza di una specifica previsione di legge, non possono cedere neanche in parte le proprie capacità assunzionali a un ente gestore di un parco regionale.

Le citate disposizioni, infatti, prevedono, come ripetutamente ricordato dalla Corte, un nuovo sistema flessibile basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa per il personale. Il piano tenore letterale delle nuove disposizioni, dunque, non pare lasciare spazio a fattispecie derogatorie non espressamente enunciate, qual è invece quella puntualmente prevista dallo stesso articolo 33, comma 2, per i comuni con popolazione fino a 5000 abitanti che fanno parte di unioni di comuni. Si tratterebbe, infatti, di eccezioni che in quanto tali, se non espressamente previste dalla legge, si scontrerebbero anche con lo spirito delle nuove disposizioni, che se da un lato introducono un regime flessibile nella determinazione delle facoltà di assunzione del personale a tempo indeterminato, dall’altro istituiscono un rigoroso vincolo tra la spesa per il personale e le entrate correnti. La scissione di questi due aspetti, pertanto, non può essere ammessa, se non espressamente prevista dalla legge come nel caso dell’articolo 32, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il cui ultimo periodo, con disposizione eccezionale, e perciò di stretta interpretazione, prevede che «I comuni possono cedere, anche parzialmente, le proprie capacità assunzionali all’unione di comuni di cui fanno parte». Anche la lettura sistematica dell’articolo 33, comma 2, in questione con riferimento all’articolo 32, comma 5, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 267/2000, dunque, conferma la risposta negativa al quesito.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

L’effettuazione del pagamento di tributi in un periodo di sospensione non comporta la rimborsabilità di quanto versato

L’effettuazione del pagamento di tributi in un periodo di sospensione del quale il contribuente non vuole fruire, non comporta la nascita di alcuna posizione creditoria nei confronti dello Stato. Non vi è alcuna norma che disponga la rimborsabilità delle imposte ed accessori versati nel periodo di sospensione. È quanto evidenziato dalla CTR per l’Abruzzo, con la sentenza n. 9 del 25/01/2022, richiamando la decisione della Commissione Europea del 14.8.2015 – riguardante le misure sa.35083 (2012/C) (ex 2012/NN) – che ha considerando illegittime ed incompatibili le agevolazioni tributarie ed ha stabilito il recupero di tutti gli aiuti di Stato eccezione fatta per quelli risalenti ad oltre dieci anni prima. Non vi è alcuna norma che abbia disposto la rimborsabilità delle imposte ed accessori versati nel periodo di sospensione di cui il contribuente non abbia inteso fruire, vigendo la disposizione normativa che esclude la rimborsabilità. Infatti, l’aver effettuato il pagamento, alle scadenze previste, non comporta per il ricorrente la nascita di alcuna posizione creditoria nei confronti dello Stato, a maggior ragione trattandosi di rimborso prevalentemente di imposta IVA da ritenersi illegittima. Infatti, l’IVA quale tributo armonizzato non può rientrare tra le imposte che beneficiano di riduzione, in quanto incompatibile con il diritto comunitario.  Tutti i provvedimenti agevolativi parlano esclusivamente di sospensione e dunque di un successivo rientro dei versamenti e, certamente, non di un rimborso di quanto già versato volontariamente, senza usufruire della sospensione.

 

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Cassazione, paga l’IMU il proprietario dell’immobile occupato abusivamente da altri soggetti

Con ordinanza 2966/2022 del 1° febbraio, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’IMU deve essere versata da parte del soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale, anche se il bene è occupato abusivamente da soggetti terzi. Secondo quanto stabilito dall’art. 9 del D.lgs. n. 23/2011, applicabile ratione temporis alla presente controversia «soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinate, ivi compresi quelli strumentali alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi, …per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto».
Dalla lettura di tale disposizione si evince con chiarezza che il concetto di possesso quale presupposto impositivo del tributo, ai sensi dell’art 8 comma 2 del decreto citato, è riferito al potere di fatto sulla cosa che trova corrispondenza nella titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti reali di godimento indicati dalla norma in coerenza con la natura patrimoniale dell’imposta che prescinde dalla redditività del bene sottoposto a tassazione. Proprio facendo leva sulla natura reale e patrimoniale dell’imposta la Corte ha ripetutamente riconosciuto la legittimazione passiva in capo al proprietario del cespite sottoposto a procedura ablatoria allorché vi sia stata occupazione temporanea d’urgenza da parte della P.A., finché non sia intervenuto il decreto di esproprio.

Su tali presupposti è stato così affermato che “in tema di ICI, nel caso di comproprietà dell’immobile, l’imposta è dovuta dal comproprietario nei limiti della sua quota, senza che possa assumere alcun rilievo l’eventuale esercizio, da parte sua, di poteri gestori e di amministrazione dell’intero immobile, atteso che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 3, comma 1, riferiscono il possesso, quale presupposto del tributo, alla titolarità del diritto di proprietà del cespite, prescindendo completamente, nella configurazione dell’elemento oggettivo dello stesso presupposto, dalla fruttuosità, o non, del bene” (vedi Cass. n. 6064 del 2017), o si è giustificato la ritenuta persistenza del possesso quale presupposto impositivo, allorchè vi sia stata occupazione temporanea d’urgenza da parte della P.A., finchè non sia intervenuto il decreto di esproprio”.
Tali principi, d’altra parte, trovano conferma in altro indirizzo giurisprudenziale formatosi a proposito dell’IMU, allorché si è ritenuto che in tema di “leasing”, tenendo conto del disposto dell’art. 9 del D.Lgs. n. 23 del 2011, soggetto passivo dell’IMU, nell’ipotesi di risoluzione del contratto, è il locatore, anche se non ha ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore, in quanto ad assumere rilevanza ai fini impositivi non è la detenzione materiale del bene da parte di quest’ultimo, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che ne legittima la detenzione qualificata – cfr. Cass. n. 25249/2019.

 

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FAQ Fondo per il sostegno alle città d’arte e ai borghi

Pubblichiamo le risposte e chiarimenti alle domande più frequenti relative all’Avviso pubblico del 22 dicembre 2021, come integrato e modificato con provvedimento del 25 gennaio 2022, per l’assegnazione del fondo per l’anno 2021 a sostegno delle piccole e medie città d’arte e dei borghi particolarmente colpiti dalla diminuzione dei flussi turistici dovuti all’epidemia di COVID-19.

Si ricorda che i Comuni ammessi a concorrere all’assegnazione del fondo possono presentare la domanda di contributo per un solo progetto del valore massimo, comprensivo di IVA e di qualsiasi altro onere, non superiore a 200.000,00 euro. Il progetto deve contenere misure per la promozione e il rilancio del patrimonio artistico sito nel comune che presenta la domanda, che riguardino:
a) iniziative ed eventi intesi a promuovere la conoscenza del patrimonio artistico, facilitando il coinvolgimento di cittadini e portatori di interessi;
b) iniziative volte ad aumentare la fruizione del patrimonio artistico, ampliandone l’accessibilità a tutte le categorie di utenti in modo sostenibile e inclusivo;
c) attività di studio e ricerca sul patrimonio artistico cittadino da diffondere tramite elaborazione e attuazione di progetti formativi e di aggiornamento;
d) iniziative di promozione e comunicazione, anche digitale, del patrimonio artistico e delle attività di valorizzazione a esso dedicate;
e) servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico.

 

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Sono 120 i comuni e le province in dissesto finanziario, 266 gli enti in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale

Su un totale di 7.904 comuni italiani, la percentuale degli enti in sofferenza finanziaria è pari al 4,88%. È quanto emerge dal primo rapporto della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali 2021 realizzato dal dipartimento per Affari Interni e Territoriali del ministero dell’Interno che intende mettere in evidenza le attività realizzate per superare le criticità dei bilanci.
Dall’analisi emerge che attualmente sono 120 i comuni e le province in dissesto finanziario, in quanto non ancora trascorsi i 5 anni decorrenti dall’anno del bilancio stabilmente riequilibrato. I dati elaborati dal Viminale confermano una concentrazione delle dichiarazioni di dissesto nelle regioni meridionali del Paese, in particolare, 30 enti nella regione Sicilia, 37 in Calabria, 26 in Campania. Gli altri casi si riscontrano in Abruzzo (3 casi), in Basilicata (3 casi), nel Lazio (9 casi), 1 caso in Liguria, nelle Marche, in Piemonte, in Molise, in Piemonte, in Toscana ed in Umbria, in Lombardia (3 casi), in Puglia (3 casi).
Sono 191 organi straordinari della liquidazione che continuano l’attività di gestione delle passività anche in enti in dissesto per i quali sono, ad oggi, decorsi i 5 anni dall’anno del bilancio stabilmente riequilibrato.
Gli enti locali attualmente in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale sono 266.
I dati relativi alla distribuzione regionale delle procedure di riequilibrio attive registrano un coinvolgimento di un numero maggiore di regioni. Infatti, pur essendo confermata una concentrazione territoriale nelle regioni Calabria, Sicilia e Campania, il ricorso alla procedura ha interessato anche diverse amministrazioni locali distribuite sull’intero territorio nazionale.
In particolare, si evidenziano 30 enti nella regione Calabria, 47 in Campania, 46 in Sicilia, 27 in Puglia, 24 nel Lazio, 17 in Lombardia e Molise, 14 in Piemonte e 12 in Liguria.

Rapporto COSFEL 2021

Pubblicato in GU il decreto sulla stima capacità fiscali per singolo comune

È stato pubblicato in G.U. n. 28 del 3 febbraio 2022 il decreto del 16 dicembre 2021 sull’adozione della stima delle capacità fiscali 2022, rideterminata al fine di considerare i mutamenti normativi intervenuti e la variabilità dei dati assunti a riferimento delle singole componenti delle capacità stesse (fabbisogni standard dei comuni). In particolare, l’allegato “A” al Decreto contiene la stima della capacità fiscale per singolo comune, l’allegato “B” la relativa nota tecnica.

Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, la legge delega n. 42 del 2009 prevede che per le funzioni degli enti locali diverse da quelle fondamentali le necessità di spesa devono essere finanziate secondo un modello di perequazione delle capacità fiscali, che dovrebbe concretizzarsi in un tendenziale avvicinamento delle risorse a disposizione dei diversi territori, senza tuttavia alterare l’ordine delle rispettive capacità fiscali. La legge delega evidenzia come debba essere garantita la trasparenza delle diverse capacità fiscali e delle risorse complessive per abitante prima e dopo la perequazione, in modo da salvaguardare il principio dell’ordine della graduatoria delle capacità fiscali e la sua eventuale modifica a seguito dell’evoluzione del quadro economico territoriale. La capacità fiscale, in sintesi, rappresenta il gettito potenziale da entrate proprie di un territorio, date la base imponibile e l’aliquota legale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION