Durata minima triennale degli incarichi dirigenziali a contratto ex art. 110 TUEL

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 220/2021, pur dichiarando inammissibile la richiesta di parere di un Comune in merito alla durata minima degli incarichi dirigenziali a contratto di cui all’art. 110 TUEL, per possibili interferenze, sul punto, della propria attività consultiva con le funzioni di altro ordine giurisdizionale, rinvia, sulla questione, al principio di diritto, allo stato immutato, affermato dalla giurisprudenza di Cassazione nell’esercizio della propria funzione nomofilattica per cui “In tema di affidamento, negli enti locali, di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione si applica l’art. 19 d.lgs. n. 165 del 2001 […] secondo cui la durata di tali incarichi non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque, e non già l’art. 110, comma 3, d.lgs. n. 267 del 2000 (T.U. Enti locali) […]”.
La disciplina statale integra quella degli enti locali: la prima, con la predeterminazione della durata minima dell’incarico, è volta ad evitare il conferimento di incarichi troppo brevi ed a consentire al dirigente di esercitare il mandato per un tempo sufficiente ad esprimere le sue capacità ed a conseguire i risultati per i quali l’incarico gli è stato affidato; la seconda ha la funzione di fornire al Sindaco uno strumento per affidare incarichi di rilievo sulla base dell’intuitus personae, anche al di fuori di un rapporto di dipendenza stabile e oltre le dotazioni organiche, e di garantire la collaborazione del funzionario incaricato per tutto il periodo del mandato del Sindaco, fermo restando il rispetto del suddetto termine minimo nell’ipotesi di cessazione di tale mandato.
I sistemi di spoils system, in ragione dei quali il rinnovo del vertice politico dell’Amministrazione determina automaticamente la cessazione degli incarichi dirigenziali in essere, sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi in quanto ritenuti lesivi dei principi costituzionali di imparzialità e di continuità dell’azione amministrativa e, anche, con il principio del giusto procedimento.
Tuttavia l’illegittimità non è stata dichiarata in relazione agli incarichi più elevati. I meccanismi di c.d. spoils system, ove riferiti a figure dirigenziali non apicali, ovvero a titolari di uffici amministrativi per la cui scelta l’ordinamento non attribuisce, in ragione delle loro funzioni, rilievo esclusivo o prevalente al criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell’organo che nomina, si pongono in contrasto con l’art. 97 Cost. in quanto pregiudicano la continuità dell’azione amministrativa, introducono in quest’ultima un elemento di parzialità, sottraggono al soggetto dichiarato decaduto dall’incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolano la rimozione del dirigente dall’accertamento oggettivo dei risultati conseguiti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Riparto definitivo del contributo straordinario per le fusioni di Comuni

La Direzione centrale della Finanza Locale, con apposito comunicato, rende noto il riparto definitivo del contributo straordinario spettante agli enti istituiti a seguito di fusione tra comuni e/o fusioni per incorporazioni, ai sensi dell’articolo 15, comma 3, del Decreto Legislativo n.267 del 18 agosto 2000.
Sulla base di uno stanziamento iniziale per l’anno 2021 pari ad € 76.549.370,00, il riparto del contributo è stato predisposto secondo le modalità previste dal decreto del Ministro dell’interno del 25 giugno 2019 (G.U. n.152 del 1°luglio 2019).
Successivamente, tenuto conto delle economie derivanti di cui all’articolo 1, comma 885, della legge 27 dicembre 2017, n.205, quale residuo del fondo di solidarietà comunale per l’anno 2020, e dell’ulteriore incremento di 6,5 milioni a decorrere dal 2021 in favore dei comuni risultanti dalla fusione e/oo fusione per incorporazione come da decreto-legge 25 maggio 2021, n.73 (G.U. n.123 del 25 maggio 2021), gli importi spettanti agli enti per il contributo straordinario relativo all’anno 2021 sono stati rideterminati, così come previsto dalla normativa soprarichiamata, secondo l’allegata tabella di riparto.
A breve il Ministero procederà all’erogazione di quanto spettante.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Legittimo l’affidamento diretto del servizio alla società in house del comune con partecipazione pulviscolare

Il Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 22/10/2021 n. 7093, ha stabilito la legittimità dell’affidamento diretto del servizio di gestione ambientale alla società in house del comune, nonostante quest’ultimo sia titolare di una partecipazione infinitesimale. Malgrado, infatti, una partecipazione “pulviscolare” sia in principio inidonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi potenzialmente contrastanti, i soci pubblici ben possono sopperire a detta debolezza stipulando patti parasociali al fine di realizzare un coordinamento tra loro, in modo da assicurare il “loro controllo sulle decisioni più rilevanti riguardanti la vita e l’attività della società partecipata” . Nel caso di specie la possibilità di esercizio, in modo coordinato e concordato del controllo analogo congiunto sulla società sarebbe garantito dall’esistenza e dalla partecipazione della stessa al Comitato Unitario nonché dalla disciplina del “Regolamento di funzionamento del Comitato Unitario per l’esercizio del controllo analogo”, approvato dal Comitato Unitario per il Controllo Analogo allegato alla deliberazione di affidamento. Per cui, in difetto di una prova contraria, la mera prospettazione del carattere “pulviscolare” della partecipazione non è in grado di incidere sulla tenuta e validità del modello in house concretamente adoperato. L’affidamento diretto ad una società in house è consentito, in particolare, a condizione che la società non sia terza rispetto all’ente affidante ma una sua articolazione. Tra socio pubblico controllante e società v’è, infatti, una relazione interorganica e non intersoggettiva.
E’ necessario che tale relazione intercorra tra soci affidanti e società, non anche tra la società e altri suoi soci (non affidanti o non ancora affidanti), rispetto ai quali la società sarebbe effettivamente terza. In caso di società partecipata da più enti pubblici, il controllo analogo può essere esercitato in forma congiunta e che, inadeguati a tal fine i poteri a disposizione dei soci secondo il diritto comune, sia necessario dotare i soci di appositi strumenti che ne consentano l’interferenza in maniera penetrante nella gestione della società.
L’art. 11, c. 9, lett. d) d.lgs. n. 175 del 2016 ha introdotto il divieto per gli statuti delle società a controllo pubblico di “istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società”. Ciò potrebbe lasciar supporre che sia precluso ai soci pubblici di istituire organi speciali per esercitare il controllo congiunto sulla società in house. La giurisprudenza ha però escluso che vi sia divieto di istituire organi speciali; in quanto:
– il divieto è previsto in relazione alle “società a controllo pubblico” disciplinate appunto dall’art. 11, e non è ripetuto nell’art. 16 dedicato proprio alle società in house, la cui disciplina appare, pertanto, speciale e derogatoria;
– rispetto alle società a controllo pubblico, per le quali, l’art. 2, c. 1, lett. m) d.lgs. n. 175 del 2016 richiede che il controllo si esplichi nelle forme dell’art. 2359 cod. civ., le società in house sono sottoposte a quella forma particolare di controllo pubblico che è costituita dal controllo analogo.

Codice appalti, ANAC: “Delega al Governo troppo generica, serve semplificazione e digitalizzazione”

Semplificazione attraverso la digitalizzazione. Rafforzamento della Pubblica Amministrazione. Qualificazione delle stazioni appaltanti. Potenziamento del partenariato pubblico-privato.

Sono questi i punti prioritari da tenere presente, secondo il Presidente dell’Autorità Anticorruzione, Giuseppe Busia, nella revisione del Codice degli appalti che il governo Draghi si accinge a portare avanti. In audizione, il 21 ottobre all’Ottava Commissione del Senato, sulla Delega al governo per riscrivere il nuovo Codice degli appalti, Busia ha dichiarato come “la delega sia troppo generica in molte sue parti, e questo non fa capire in che direzione il governo si muove nel portare avanti la riforma. Cioè se vengono adottati aspetti migliorativi, o peggiorativi della legge attuale. Per esempio, in fatto di clausole sociali o di massimo ribasso”. “

In materia di appalti, bisogna introdurre semplificazione soprattutto attraverso la digitalizzazione delle procedure”, ha dichiarato Busia. “Questo consente una più forte e facile vigilanza sui contratti pubblici e prevenzione della corruzione, come già sta facendo Anac con la banca dati nazionale dei contratti pubblici, che controlla preventivamente pure il rispetto dei diritti dei lavoratori ed eventuali elusioni in materia di subappalto”.

Condividiamo i principi di delega, ma hanno un difetto: l’estrema genericità”, ha affermato Busia. “Faccio un esempio: quando si dice che le stazioni appaltanti useranno il criterio del costo, questo è già previsto nel nostro ordinamento. Quindi: si vuole aumentare o diminuire il ricorso a tale criterio? Noi consideriamo fondamentale il riordino normativo, e abbiamo assistito in questi ultimi anni a un susseguirsi continuo di interventi normativi che hanno creato disorientamento e oneri. Crediamo che l’idea stessa di Testo unico e Codice debba concentrarsi lì, proprio per garantirne conoscibilità, coerenza interna e armonia”. “

Esprimiamo piena condivisione su quanto indicato in materia di appalti verdi e digitali, però occorre un rafforzamento, prevedendo l’obbligo di attenersi ai criteri ambientali minimi”, ha continuato il Presidente dell’Autorità Anticorruzione. “Sulla deflazione del contenzioso l’Anac ha uno strumento molto apprezzato: il pre-contenzioso: è importante valorizzarlo. Il criterio del prezzo deve essere residuale, e quindi occorre indicare nel criterio di delega ciò che sicuramente è escluso”. “

Va inoltre potenziato il partenariato pubblico-privato, che funziona dove c’è il vero trasferimento del rischio nei confronti del soggetto privato”, ha aggiunto Busia. “Per la progettazione delle opere pubbliche è giusto e doveroso prevedere forme di semplificazione e accelerazione, però non dobbiamo dimenticare che una buona progettazione serve a ridurre le varianti in corso d’opera. Laddove le amministrazioni non abbiano capacità progettuali, bisognerebbe servirsi di centrali di progettazione o creare, attraverso gare, delle strutture di progettazione”.

 

Appalti pubblici: se il servizio è di natura intellettuale, l’impresa non è tenuta a indicare il costo della manodopera

In tema di procedure per l’affidamento di contratti pubblici, l’art. 95, comma 10, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 («Codice dei contratti pubblici»), là dove impone all’impresa di indicare nell’offerta economica «i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione […] dei servizi di natura intellettuale», dev’essere interpretato nel senso che sono «di natura intellettuale» i servizi professionali, svolti in via eminentemente personale, di ideazione di soluzioni o di elaborazione di pareri ad hoc, con carattere prevalente rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse.
Con riguardo alla interpretazione di tale locuzione, premesso che il Codice dei contratti pubblici non contiene una definizione di servizi di natura intellettuale, la giurisprudenza ha già avuto modo di evidenziare che: “in coerenza alla ratio dell’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici ciò che differenzia la natura intellettuale di un’attività è l’impossibilità di una sua standardizzazione e, dunque, l’impossibilità di calcolarne il costo orario” e che non può essere qualificato come appalto di servizi di natura intellettuale quello che “ricomprende anche e soprattutto attività prettamente manuali” o che “non richiedono un patrimonio di cognizioni specialistiche per la risoluzione di problematiche non standardizzate” (cfr. C.d.S., Sez. III, sent. n. 1974 del 2020). Di conseguenza, per servizi di natura intellettuale si devono intendere quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse. Al contrario va esclusa la natura intellettuale del servizio avente ad oggetto l’esecuzione di attività ripetitive che non richiedono l’elaborazione di soluzioni personalizzate, diverse, caso per caso, per ciascun utente del servizio, ma l’esecuzione di meri compiti standardizzati (C.d.S., Sez. V, n. 1291 del 2021; n. 4806 del 2020).
L’appalto avente ad oggetto l’ideazione e fornitura di un software personalizzato, attività manutentive, di aiuto e di supporto a latere, e di formazione del personale) nella sostanza preveda, in misura largamente prevalente, l’espletamento, da parte dell’aggiudicatario, di prestazioni professionali connotate da cognizioni specialistiche per la risoluzione di problematiche non standardizzate, per venire incontro, di volta in volta, alle mutevoli esigenze della Società nello svolgimento della complessa attività da questa svolta nei confronti del Comune. È quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione IV, con sentenza del 22 ottobre 2021, n. 7094.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

PagoPA: aggiornate le Faq sul contributo per le piattaforme abilitanti

A beneficio dei Comuni italiani che hanno aderito all’Avviso Pubblico per l’assegnazione di fondi per promuovere la diffusione delle piattaforme abilitanti Spid, CIE, pagoPA e dell’App IO, PagoPA comunica che sono state aggiornate e integrate le FAQ pubblicate sulla pagina del sito dedicato, con l’obiettivo di specificare alcuni elementi relativi al conseguimento degli obiettivi dell’Avviso Pubblico, oggetto di verifica in fase di istruttoria.

Riparto parziale in favore dei comuni del Canone unico 2021

La Direzione centrale della Finanza Locale, con apposito comunicato, rende noto che è stato firmato il 22 ottobre 2021 il decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, concernente il «Riparto parziale in favore dei comuni, per un totale di 82,5 milioni di euro, del fondo di cui all’articolo 9-ter, comma 6, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, come modificato dall’articolo 30, comma 1, lettera c), del decreto-legge 22 marzo 2021, n.41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n.69, a fronte delle minori entrate derivanti dall’esonero, dal 1° aprile 2021 al 30 giugno 2021, dal pagamento del canone di cui all’articolo 1, commi 816 e seguenti e commi 837 e seguenti della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

Il predetto esonero riguarda:
– ai sensi del comma 2 del precitato articolo 9-ter, le imprese di pubblico esercizio di cui all’articolo 5 della legge 25 agosto 1991, n. 287, titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l’utilizzazione del suolo pubblico, tenuto conto di quanto stabilito dall’articolo 4, comma 3-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, in relazione al quale i comuni sono ristorati sulla base degli importi di cui all’allegato A e secondo i criteri e le modalità specificati nell’allegato C “Nota metodologica”;
– ai sensi del comma 3 del menzionato articolo 9-ter, i titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l’utilizzazione temporanea del suolo pubblico per l’esercizio del
commercio su aree pubbliche, di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in relazione al quale i comuni sono ristorati sulla base degli importi di cui all’allegato B e secondo i criteri e le modalità specificati nell’allegato C “Nota metodologica”.

Si ricorda che con il decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del 14 aprile 2021 si è già provveduto a ristorare i comuni
delle minori entrate, quantificate in complessivi 82,5 milioni di euro, relative alle esenzioni in esame per il periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2021. Con uno o più provvedimenti si procederà inoltre al riparto della quota restante di 165 milioni di euro per il ristoro delle minori entrate riferite al secondo semestre dell’anno 2021.
Considerato che il riparto in esame si riferisce a un periodo di esenzione equivalente (tre mesi) a quello del primo trimestre già ristorato, vengono confermano gli importi già attribuiti con il precedente decreto rinviando per i criteri metodologici di stima a quanto indicato nella nota metodologica allegata al  decreto del 14 aprile scorso.
Si attribuisce pertanto un ristoro pari a 63,75 milioni di euro per l’esonero dal versamento (periodo dal 1° aprile 2021 al 30 giugno 2021) previsto a favore delle imprese di pubblico esercizio e pari a 18,75 milioni di euro per l’esonero dal versamento (periodo dal 1° aprile 2021 al 30 giugno 2021) previsto a favore dei commercianti ambulanti, per un ammontare complessivo di 82,5 milioni di euro.
Per i comuni delle Regioni a statuto speciale del Friuli Venezia Giulia e della Valle d’Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano, considerate le prerogative statutarie di tali Autonomie, gli importi sono erogati per il tramite delle stesse Regioni e Province autonome.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION