Audizione UPI al Senato sul il Disegno di Legge delega sulla revisione dei Contratti pubblici

Semplificare le procedure della disciplina sui contratti pubblici, ridurre il numero delle stazioni appaltanti, qualificando le strutture delle Province e delle Città metropolitane. Queste le finalità che deve avere il Disegno di Legge delega sulla revisione dei Contratti pubblici per l’UPI espresse dal Vicepresidente dell’Associazione delle Province Stefano Marcon, Presidente della Provincia di Treviso, in audizione alla Commissione Lavori Pubblici del Senato.

“Uno dei passaggi essenziali per l’attuazione delle direttive europee sugli appalti pubblici è la creazione di un sistema più strutturato e qualificato di stazioni appaltanti pubbliche. Ad oggi 53 Province delle 76 delle Regioni a Statuto Ordinario hanno attivato il servizio di Stazione Unica Appaltante, e sono oltre 1.500 i Comuni che hanno aderito ad una SUA Provinciale per un totale di gare svolte nel 2020, in piena pandemia e con tutte le limitazioni imposte dalle restrizioni sanitarie, pari a oltre 1.800 per un importo di più di 2 miliardi e 100 milioni. E’ un esempio di buona amministrazione che va valorizzata, attraverso un’indicazione chiara del legislatore con la qualificazione di diritto delle stazioni appaltanti delle Province e delle Città metropolitane. E’ chiaro che questa scelta deve essere accompagnata dal rafforzamento della capacità amministrativa e strutture tecniche in ambito provinciale e metropolitano necessarie per progettare, aggiudicare, realizzare gli appalti. Veri e propri Centri di competenza per l’innovazione che mettano in rete e a disposizione di tutti gli enti locali piattaforme tecnologiche e servizi in grado di favorire la raccolta dei fabbisogni e la digitalizzazione dei processi di programmazione, gestione, esecuzione e monitoraggio degli appalti e degli investimenti pubblici locali, promuovendo processi di cooperazione e di trasformazione digitale di tutto il sistema di governo locale”. È quanto si legge nel comunicato diffuso dall’UPI.

 Documento UPI Audizione Commissione Lavori pubblici Senato 21 ottobre 2021

TOSAP in caso di lavori in concessione pubblica

L’occupazione di suolo pubblico effettuata da una impresa che realizza l’opera in forza di una concessione conferita dallo Stato è soggetta al pagamento della TOSAP. È quanto stabilito dalla CTR Toscana, con la sentenza del 24/09/2021 n. 1034, nel pronunciarsi sull’appello proposto da Autostrade per l’Italia in merito al pagamento della TOSAP per occupazione di alcune strade comunali. I giudici tributari,  anche sulla scorta di una recente pronuncia della Corte di Cassazione in una fattispecie analoga (Cass. n. 20974/2020), hanno concluso che, nel caso in esame, il suolo occupato era gestito in regime di concessione da un ente che agiva in piena autonomia e non quale sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni. In particolare, i giudici ricordano che il presupposto impositivo è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 507 del 1993, dall’occupazione di qualsiasi natura di spazi ed aree, anche soprastanti o sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni o delle province, che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico indipendentemente dalla sussistenza o meno di un atto di concessione – autorizzazione all’occupazione del soprassuolo comunale. È applicabile nella specie, l’art. 38 comma 2 del d.lgs. n. 507/1993 non essendo dubbio che il viadotto autostradale costituisca un impianto ai fini della norma di cui si controverte, in quanto esso è costituito da una costruzione completata da strutture, quali gli impianti segnaletici e di illuminazione, che ne aumentano l’utilità.
Né sussiste l’esenzione ai sensi dell’art. 49, lett. a, del richiamato decreto, “posto che la società A. s.p.a. ha la gestione economica e funzionale del viadotto in forza della concessione per l’esecuzione dei lavori pubblici conferita dallo Stato a norma del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, art. 143, le ipotesi di esenzione dalla TOSAP previste dal d.lgs. n. 507 del 1993 art. 49 lett. a) nel bilanciamento tra l’interesse al prelievo fiscale per la sottrazione di un bene pubblico al godimento della comunità (comunale o provinciale), e quello alla realizzazione degli scopi istituzionali dello Stato e degli altri enti pubblici territoriali, ovvero di fini sociali ritenuti meritevoli di particolare tutela danno la prevalenza al secondo…. con rimando poi all’ eventuale esenzione per l’occupazione effettuata dall’impresa che ha provveduto, in forza di concessione conferita dallo Stato all’esecuzione del lavoro pubblico costituito dalla rete autostradale di cui fa parte il viadotto in questione, questa Corte ritiene che l’occupazione medesima debba considerarsi propria dell’ente concessionario e vada dunque assoggettata alla tassa ai sensi del d.lgs. n. 507 del 1993 art. 38, comma 2, in quanto la società concessionaria è l’esecutrice della progettazione e della realizzazione dell’opera pubblica (d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, art. 143, comma 1) a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente i lavori realizzati (art. 143 comma 2) per la durata di regola_ non superiore a trenta anni (art. 143 comma 6)…. a nulla rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa il bene che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni … ne deriva che l’esenzione prevista dall’art. 49 lett. a del citato decreto non spetta in quanto non si configura l’occupazione da parte dello Stato” (Cass. n. 18385/2019 nonché 28341/2019 e 20974/2020).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Interventi e servizi sociali dei comuni singoli o associati, invio questionario entro il 31 ottobre 2021

Scade il 31 ottobre 2021 il termine per compilare il questionario elettronico sui servizi sociali erogati dai comuni (spese sociali), accedendo all’indirizzo http://comunispesasociale.mef.gov.it.
La rilevazione sugli interventi e servizi sociali dei comuni singoli o associati raccoglie informazioni con cadenza annuale sulle politiche di welfare gestite a livello locale. In particolare, i dati raccolti riguardano il numero di utenti e le spese impegnate per i servizi sociali gestiti dai Comuni (singolarmente o in forma associata), dalle Province, dalle Regioni e da altri Enti territoriali che affiancano o sostituiscono i Comuni in questa funzione. Le informazioni raccolte riguardano inoltre l’assetto territoriale dell’offerta, le quote pagate dalle famiglie e dal S.S.N. come compartecipazione alla spesa per i servizi erogati, le fonti di finanziamento della spesa. Un questionario aggiuntivo rileva informazioni sui nidi e gli altri servizi educativi per la prima infanzia
Le unità di rilevazione dell’indagine sono i Comuni, le loro associazioni e tutti gli enti che contribuiscono all’offerta di servizi per delega da parte dei Comuni: consorzi, comprensori, comunità montane, unioni di comuni, ambiti e distretti sociali, Asl e altre forme associative, per un totale di circa 9 mila enti.
Da alcuni anni il campo di osservazione dell’indagine è stato ampliato per rilevare i servizi sociali e i contributi economici che le Regioni, le Città metropolitane e le Province possono fornire ai cittadini per conto dei Comuni o sulla base di quanto previsto dalla normativa regionale e delle Province Autonome.
La presente rilevazione, compresa tra le rilevazioni statistiche di interesse pubblico, è inserita nel Programma statistico nazionale 2017-2019 – Aggiornamento 2019, (codice IST-01181), approvato con DPR 25 novembre 2020. L’obbligo di risposta per questa rilevazione è sancito dall’art. 7 del decreto legislativo n. 322/1989 e dal Dpr 25 novembre 2020 di approvazione del Programma statistico nazionale 2017-2019 – Aggiornamento 2019. Tale obbligo non riguarda i dati di natura sensibile, in quanto l’interessato è libero di aderire o meno al trattamento statistico dei propri dati sensibili.

TAR, l’esercizio del potere di revoca del bando di gara e dell’aggiudicazione provvisoria

L’esercizio del potere di revoca è assoggettato alla ricorrenza di sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, declinati dall’art. 21-quinques della legge n. 241/90 e che si pongono in alternativa tra loro (come denotano le particelle disgiuntive). Come chiarito in giurisprudenza, trattasi di un potere connotato da notevole discrezionalità e ancorato a condizioni individuate con ampia estensione. La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il potere di revoca resta connotato da un’ampia discrezionalità: a differenza del potere di annullamento d’ufficio, che postula l’illegittimità dell’atto rimosso d’ufficio, quello di revoca esige, infatti, solo una valutazione di opportunità, seppur ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all’art. 21-quinquies l. n. 241/1990 e che, nondimeno, sono descritte con clausole di ampia latitudine semantica, sicché il valido esercizio dello stesso resta, comunque, rimesso a un apprezzamento ampiamente discrezionale dell’Amministrazione procedente.
È quanto ribadito dal TAR della Campania, Sede di Napoli, con sentenza n. 9397 dell’11/10/2021, a seguito ricorso presentato da una Società aggiudicataria della gara per la realizzazione di lavori pubblici. Sollecitato il Comune alla stipulazione del contratto, otteneva in riscontro la nota con cui l’Amministrazione comunale evidenziava l’insorgenza di problematiche di natura tecnica, risolvendosi poi con la revoca del bando di gara e dell’aggiudicazione provvisoria.
Tuttavia, i giudici amministrativi hanno rilevato profili di responsabilità precontrattuale del Comune, il quale ha mostrato di contravvenire agli obblighi di diligenza, non mantenendo un comportamento improntato ai doveri di correttezza e buona fede.
Da un lato, esso ha trascurato il rilievo che avrebbe assunto il fattore impeditivo alla realizzazione dei lavori, a tal riguardo considerando che l’Ente comunale non può ignorare la realtà del proprio territorio e deve attivarsi per la risoluzione delle problematiche prevedibili al momento della progettazione di un intervento pubblico.
D’altro lato, il Comune ha mancato al dovere di informazione, omettendo di far conoscere prontamente all’interessato l’esistenza delle cause che rendevano irrealizzabile l’opera pubblica, tanto da indursi a notiziare l’interessato solo dopo la notifica, da parte di questo, di un atto di diffida alla stipulazione del contratto. In altri termini, il Comune avrebbe potuto e dovuto conoscere l’elemento dirimente che avrebbe impedito di realizzare l’opera, senza intraprendere la procedura per poi risolversi a revocarla, ad aggiudicazione già disposta, senza nemmeno darne tempestiva notizia (cfr., di recente, Cons. Stato, sez. V, 12/7/2021 n. 5274: “Secondo il principio generale più volte affermato in giurisprudenza, l’amministrazione deve informare il proprio operato alla correttezza e buona fede in modo da evitare di ingenerare nel contraente privato affidamenti ingiustificati e informarlo tempestivamente della eventuale esistenza di cause ostative rispetto alla concreta possibilità di positiva conclusione della trattativa (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6; Cass., S.U., 12 maggio 2008, n. 11656)”).
Pertanto, non può essere disconosciuta la responsabilità dell’apparato pubblico che, con il proprio comportamento, abbia inciso negativamente sulla posizione giuridica del destinatario dell’atto, il quale ha confidato nella positiva conclusione dell’iter e nell’ottenimento dell’utilità sperata (cfr. Cons. Stato, cit.: “deve rammentarsi che, per consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, la revoca dell’aggiudicazione e degli atti della relativa procedura, anche ove ritenuta legittima, “lascia intatto il fatto incancellabile degli affidamenti suscitati nell’impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi” (Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831), onde i relativi comportamenti dell’amministrazione, allorché risultino contrastanti con le regole di correttezza e di buona fede di cui all’art. 1337 c.c., si pongono quali fatti generatori di responsabilità precontrattuale”).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Comunicazione tassi di interesse da applicare alle anticipazioni di liquidità concesse nel 2021

Ai sensi dell’art. 14 del decreto legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito dalla legge 7 agosto 2016, n. 160 ed in relazione al Decreto del Ministero dell’Interno del 6 settembre 2021, con i quali sono state concesse anticipazioni di liquidità ad enti locali in dissesto finanziario, il Dipartimento del Tesoro comunica i tassi di interesse da applicare, il Direttore Generale del Tesoro comunica che il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni di liquidità, corrispondente al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione, rilevato alla data di emanazione del menzionato decreto sul mercato regolamentato dei titoli di Stato – MTS, è pari allo 0,04% .

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Situazione patrimoniale semplificata, pubblicato il decreto

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha pubblicato il decreto del 14 ottobre 2021, concernente le modalità semplificate di elaborazione della situazione patrimoniale da allegare al rendiconto di gestione degli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, che rinviano la contabilità economico-patrimoniale. Il presente decreto abroga e sostituisce il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno e con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, del 10 novembre 2020.

La delibera di giunta concernente la decisione di avvalersi della facoltà di non tenere la contabilità economico patrimoniale ai sensi dell’art. 232, comma 2, del TUEL, deve essere trasmessa alla Banca dati unitaria delle Amministrazioni pubbliche (BDAP) di cui all’art. 13 della legge n. 196 del 2009. Considerato che gli enti che non tengono la contabilità economico patrimoniale non possono elaborare il bilancio consolidato, tale delibera rappresenta anche l’esercizio della facoltà di non predisporre il bilancio consolidato di cui all’art. 233-bis, comma 3, del TUEL.
I comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che non tengono la contabilità economico patrimoniale ai sensi dell’art. 232, comma 2, del TUEL, sono tenuti a trasmettere alla BDAP il rendiconto comprensivo della situazione patrimoniale semplificata, secondo lo schema previsto per lo stato patrimoniale nell’allegato 10 al decreto legislativo n. 118 del 2011, e non inviano i seguenti allegati e documenti contabili relativi al rendiconto:
a. il conto economico,
b. l’allegato h) concernente i costi per missione,
c. i moduli economici e patrimoniali del piano dei conti integrato.