Appalti, ANAC: Vietati il frazionamento artificioso e l’affidamento diretto con rinnovo tacito

Il frazionamento del contratto di appalto e il ripetuto affidamento al medesimo esecutore senza una gara aperta sono in contrasto con le leggi in vigore. Così pure la clausola di rinnovo tacito dell’affidamento inserita nei contratti d’appalto non è conforme alla legge. Altrettanto vale per l’affidamento di un contratto d’appalto senza darne comunicazione pubblica e relativa pubblicità, così come per l’inosservanza del criterio di rotazione nella scelta del contraente: sono da ritenersi tutti non conformi alla legge. E’ quanto ribadito dall’Autorità Anticorruzione con la delibera n. 628 dell’ 8 settembre 2021, in riferimento alle proroghe reiterate per la gestione degli impianti di depurazione. L’indagine avviata da Anac in seguito all’esposto di alcuni consiglieri comunali rileva come la gestione degli impianti di depurazione comunali, affidata senza gara nel 2014, in quanto considerata inferiore alla soglia di 40.000 euro, è stata oggetto di ulteriori e sistematiche proroghe sino al 2020 attraverso il meccanismo del rinnovo tacito, arrivando al valore complessivo di oltre 250.000 euro. Questo è avvenuto sia frazionando illecitamente un’unica prestazione continuativa in contratti annuali, sia scorporando attività intimamente connesse alla gestione dei depuratori (smaltimento dei fanghi, lavori di manutenzione, eccetera), facendoli oggetto di separati affidamenti.
Tale modus operandi del Comune secondo Anac presenta varie anomalie e solleva diverse criticità. Oltre ad essere vietato per legge il frazionamento dell’appalto, così come il rinnovo tacito del contratto, emerge la violazione dei principi di libera concorrenza, trasparenza, proporzionalità e pubblicità, stabiliti dal diritto comunitario. L’affidamento diretto senza gara è infatti istituto eccezionale, a cui si può ricorrere solo nei casi tassativamente stabiliti dalla legge.

Affidamento di servizi sociali. In consultazione on line le nuove linee guida ANAC

L’Autorità Anticorruzione è intervenuta (seduta del 28 settembre 2021) sull’affidamento dei servizi sociali stilando nuove linee guida utili per migliorare il rapporto fra gli enti del terzo settore e le imprese. Prima di arrivare all’adozione definitiva, le nuove linee guida sono sottoposte a consultazione online, consentendo a tutti i soggetti interessati operanti nel settore di poter inviare osservazioni entro il 15 novembre 2021.
L’obiettivo di Anac è di favorire la diffusione di buone pratiche nell’affidamento dei servizi sociali, in modo da assicurare il pieno rispetto del codice dei contratti pubblici, e l’osservanza dei principi di pubblicità, trasparenza, economicità, efficienza e parità di trattamento. Inoltre l’Autorità punta a fare assicurare maggiore qualità delle prestazioni attraverso la garanzia di professionalità dei prestatori di servizi e il monitoraggio dell’esecuzione del contratto.
In tal modo Anac intende agevolare le stazioni appaltanti nell’individuare la normativa applicabile agli specifici affidamenti, garantendo sempre il rispetto del codice dei contratti. Infine, le indicazioni di Anac sono volte a favorire l’omogeneità dei procedimenti amministrativi, sviluppando migliori pratiche.

Il documento interviene a seguito dell’approvazione del decreto legge semplificazioni che innova le disposizioni del codice sugli affidamenti di servizi sociali realizzando quel coordinamento tra i due sistemi normativi che finora era mancato. L’effetto che ne consegue è una riduzione dell’ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici alle sole fattispecie ivi espressamente previste e l’applicazione, a tutte le altre procedure di affidamento, attività amministrative in materia di contratti pubblici e forme di coinvolgimento degli enti del Terzo settore previste dal titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, (codice del Terzo settore, di seguito CTS), delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
Il documento si concentra sulle procedure di affidamento assoggettate alle disposizioni del codice dei contratti pubblici. Per quanto concerne gli istituti disciplinati dal codice del Terzo settore, si rimanda alle indicazioni fornite con Il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 72 del 31/3/2021 avente ad oggetto Le linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore negli articoli 55-57 del CTS. Tale documento disciplina gli istituti della co-programmazione, co-progettazione, le convenzioni con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, i trasporti sanitari di emergenza e urgenza. Si ritiene che le indicazioni ivi contenute possano ispirare la redazione, da parte delle amministrazioni pubbliche, dei regolamenti interni che disciplinano le procedure di affidamento di servizi sociali esclusi dall’ambito di applicazione del codice e l’utilizzo degli istituti previsti dal CTS in base alla propria autonomia regolamentare e organizzativa.

Allegati:
Schema Linee guida affidamenti servizi sociali documento in consultazione
Schema Linee guida affidamenti servizi sociali Relazione AIR
Modulo osservazioni

IMU e mutamento della destinazione urbanistica del fondo

Il mutamento della destinazione urbanistica, che si concretizza nell’attribuzione del diritto edificatorio sull’intera superfice, consente sempre all’ente impositore di chiedere la maggiore imposta a titolo di IMU. In base a tale principio la CTP di Milano, con la sentenza n. 3250/2021,  ha ritenuto non meritevole di accoglimento il ricorso della società contribuente, evidenziando che l’obbligo motivazionale dell’accertamento in materia di IMU deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l'”an” e il “quantum” dell’imposta, come è avvenuto nel caso di specie. La società era, infatti, proprietaria di un’unità immobiliare comprensiva anche di un piazzale asservito al deposito e aveva versato l’IMU senza tenere conto dell’intervenuta modifica della destinazione urbanistica che inquadrava diversamente l’intero fondo. Per l’effetto dell’attribuzione del diritto edificatorio sulla superficie il terreno assurgeva ad “area edificabile” ai fini fiscali e ciò consentiva all’Ente locale di chiedere la maggiore imposta.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Enti ecclesiastici, l’esenzione IMU non si applica ai fabbricati che vengono utilizzati per lo svolgimento di attività ricettive

L’esenzione ICI/IMU per gli immobili di proprietà degli enti ecclesiastici non si applica ai fabbricati che vengono normalmente utilizzati per lo svolgimento di attività ricettive. La CTR per la Sicilia, con la sentenza n. 7549 del 06/09/2021, conformandosi all’orientamento della Suprema Corte (sentenza n. 18821 del 28/07/2018), ha osservato che l’esenzione ICI per gli immobili di proprietà degli enti ecclesiastici non si applica ai fabbricati che vengono normalmente utilizzati per lo svolgimento di attività ricettive. In tal caso, infatti, non rilevano né la destinazione per fini sociali o religiosi degli utili eventualmente ricavati dall’attività, né il principio della libertà di svolgimento di attività commerciale da parte di un ente ecclesiastico. L’esenzione è, infatti, subordinata oltre che al requisito soggettivo attestante che l’ente non abbia come oggetto principale o esclusivo l’esercizio di attività commerciale, anche al requisito oggettivo rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate. Nel caso di specie, spiegano i giudici, la prova della destinazione dell’immobile agli scopi dell’Ente non risulta realizzata poiché l’Ente ha prodotto una mera dichiarazione circa la destinazione del bene senza, per altro, allegare lo Statuto nel quale la stessa era contenuta.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Incompatibilità del Sindaco nei cui confronti è stato accertato il mancato pagamento dell’IMU e della TASI

Sussiste la causa di incompatibilità del Sindaco prevista dall’art.63, comma 1, n. 6) del TUEL, quando vi sia stata la notifica della cartella di pagamento, in quanto solo in seguito alla stessa ed alla sua mancata impugnazione (o alla sua impugnazione con esito negativo) può considerarsi cristallizzato l’accertamento del debito tributario, ovvero sia stata emessa ingiunzione di pagamento di cui al regio decreto n.639 del 1910 nell’ambito delle procedure di riscossione coattiva. In caso di rateizzazione del debito la causa di incompatibilità viene meno solo al pagamento dell’ultima rata del piano di rientro del debito. È la risposta del Ministero dell’Interno ad una richiesta di parere concernente l’eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità in capo ad un sindaco, nei cui confronti è stato accertato il mancato pagamento dell’IMU e della TASI, debito tributario che l’amministratore avrebbe richiesto di estinguere con pagamenti rateali.
L’articolo 63, comma 1, n. 6), del D.lgs. 267/2000 dispone testualmente che: “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale: (…) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602 (…)”. Ne consegue che è incompatibile a ricoprire la carica di sindaco colui che ha un debito liquido ed esigibile verso il comune e che, per lo stesso, sia stato legalmente messo in mora dall’ente creditore, senza che sia avvenuto il pagamento del quantum dovuto. L’incompatibilità sussiste solo nel caso in cui l’amministratore, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei confronti del comune, abbia ricevuto invano la notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46, del D.P.R. n.602/1973.
Il richiamo a tale ultima disposizione normativa deve ritenersi come “necessariamente riferito alla cartella di pagamento, che, qualora notificata e non impugnata dal contribuente, svolge una funzione assimilabile all’avviso di mora in quanto idoneo a cristallizzare definitivamente l’esistenza del debito tributario consentendo l’espropriazione forzata, e, quindi ad integrare la causa di incompatibilità prevista per colui che voglia ricoprire una delle cariche pubbliche indicate al primo comma del medesimo art.63 n.6” (così Cass. Civ., sez. I, n.10947/2015).
Pertanto, in presenza di un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi del comune, affinché possa ritenersi sussistente la causa di incompatibilità prevista dall’art. 63, comma 1, n. 6), è necessario che ci sia stata la notifica della cartella di pagamento, in quanto solo in seguito alla stessa ed alla sua mancata impugnazione (o alla sua impugnazione con esito negativo) può considerarsi cristallizzato l’accertamento definitivo dell’esistenza del debito tributario. Inoltre, nell’ipotesi in cui il comune, avvalendosi della facoltà di procedere alla riscossione coattiva tramite ingiunzione di pagamento di cui al regio decreto n.639 del 1910, emetta una ingiunzione di pagamento, quest’ultima, al pari della cartella di pagamento, è idonea a far sorgere la causa di incompatibilità.
L’obbligo di pagare il debito è correlato al sorgere del diritto di credito in favore del comune ed a nulla rileva la concessione da parte dell’ente di un piano di rientro al fine di far venire meno la sussistenza della causa di incompatibilità. In caso di concessione della rateizzazione, infatti, è solo il pagamento dell’ultima rata del piano ad estinguere il debito e, dunque, a far cessare il conflitto d’interesse derivante dalla contestuale posizione di amministratore dell’ente e debitore dello stesso.

PA, ritorno in presenza dal 15 ottobre. La bozza del decreto sulle regole del lavoro agile

Tra la metà e la fine di ottobre tutti i dipendenti pubblici torneranno a lavorare in presenza. Lo prevede la bozza del decreto per il rientro dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni predisposta dal ministro della Pa per il superamento dell’utilizzo del lavoro agile emergenziale. Le amministrazioni dovranno assicurare da subito la presenza in servizio del personale preposto alle attività di sportello e di ricevimento degli utenti (front office) e dei settori preposti alla erogazione di servizi all’utenza (back office), anche attraverso la flessibilità degli orari di sportello e di ricevimento dell’utenza. Per evitare che il personale che accede alla sede di servizio si concentri nella stessa fascia oraria, vanno individuate, anche in relazione alla situazione del proprio ambito territoriale e tenuto conto delle condizioni del trasporto pubblico locale, fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita ulteriori rispetto a quelle già adottate, anche in deroga alle modalità previste dai contratti collettivi e nel rispetto del sistema di partecipazione sindacale.
A decorrere dal 15 ottobre, il lavoro agile non è più una modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa. Nelle more della definizione dei contratti e dell’attuazione da parte delle amministrazioni del Piano integrato di attività e di organizzazione (PIAO), che dovrà essere presentato entro il 31 gennaio 2022, l’accesso a tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, potrà essere autorizzato nel rispetto delle seguenti otto condizioni:
1. lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile non deve in alcun modo pregiudicare o ridurre la fruizione dei servizi resi;
2. garantire un’adeguata rotazione del personale che può prestare lavoro in modalità agile;
3. dotarsi di una piattaforma digitale o di un cloud o comunque di strumenti tecnologici idonei a garantire la più assoluta riservatezza dei dati e delle informazioni che vengono trattate dal lavoratore nello svolgimento della prestazione in modalità agile;
4. prevedere un piano di smaltimento del lavoro arretrato;
5. fornire al personale dipendente apparati digitali e tecnologici adeguati alla prestazione di lavoro richiesta;
6. l’accordo individuale per il lavoro agile deve definire obiettivi, modalità e tempi di esecuzione e disconnessione, fasce di contattabilità e criteri di misurazione della prestazione;
7. assicurare il prevalente svolgimento in presenza della prestazione lavorativa dei soggetti titolari di funzioni di coordinamento e controllo dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi;
8. prevedere, dove le misure di carattere sanitario lo richiedano, la rotazione del personale impiegato in presenza.
Ogni amministrazione dovrà provvedere alla attuazione delle misure previste nel decreto attraverso i dirigenti di livello non generale, responsabili di un ufficio o servizio comunque denominato e, ove non presenti, attraverso la figura dirigenziale generale sovraordinata. Negli enti in cui non siano presenti figure dirigenziali, il riferimento è da intendersi a una figura apicale individuata in coerenza con i relativi ordinamenti.
Inoltre, per agevolare gli spostamenti dei dipendenti pubblici, anche con modalità sostenibili, i mobility manager aziendali delle pubbliche amministrazioni elaborano i piani degli spostamenti casa-lavoro (Pscl), tenendo conto dell’ampliamento delle fasce di ingresso e uscita dalle sedi di lavoro.

 

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION