Stralcio delle cartelle fino a 5mila euro. Le istruzioni per l’annullamento automatico

Pubblicate le regole dello Stralcio dei debiti fino a 5mila euro previsto dal “decreto Sostegni”.  Con la circolare n. 11/E firmata dal direttore dell’Agenzia delle Entrate ed emanata d’intesa con Agenzia entrate-Riscossione, vengono forniti chiarimenti sui debiti che possono essere annullati, sui contribuenti che possono beneficiare della misura e sulle tempistiche. In particolare, il 31 ottobre 2021 saranno stralciati in automatico tutti i debiti che, al 23 marzo 2021, hanno un importo residuo fino a 5mila euro, affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010. Il limite di 5mila euro (inclusi capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni) va calcolato in relazione agli importi dei singoli carichi. Possono accedere allo Stralcio le persone fisiche (modello 730 e Redditi 2020) che hanno percepito nell’anno d’imposta 2019 un reddito imponibile fino a 30mila euro e gli enti (Società di capitali, Società di persone ed Enti non commerciali) che hanno conseguito, nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2019, un reddito imponibile fino a 30mila euro.
Quali debiti possono essere “stralciati” – Il decreto Sostegni ha disposto l’annullamento automatico di tutti i debiti di importo residuo alla data del 23 marzo 2021 fino a 5mila euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010 da qualunque ente creditore (salvo i debiti espressamente esclusi, elencati nel documento di prassi). Il rispetto del tetto va calcolato tenendo conto del capitale, degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e delle sanzioni, mentre restano esclusi dal calcolo gli aggi e gli interessi di mora e le eventuali spese di procedura. Se il contribuente ha più carichi iscritti a ruolo, conta l’importo di ciascuno: se i singoli carichi non superano i 5mila euro, possono quindi beneficiare tutti dell’annullamento. Lo Stralcio si applica anche ai debiti rientranti nella “Rottamazione-ter” (Dl n. 119/2018), nel “Saldo e stralcio” (legge di Bilancio 2019) e nella “Riapertura dei termini” (prevista dal Dl n. 34/2019). Sul sito internet dell’Agenzia delle entrate-Riscossione è possibile verificare se i debiti ammessi alle predette definizioni agevolate possono essere oggetto di annullamento.
I contribuenti interessati – I debiti che possono essere oggetto di Stralcio devono riferirsi alle persone fisiche e ai soggetti diversi dalle persone fisiche che hanno conseguito, rispettivamente nell’anno d’imposta 2019 e nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2019, un reddito imponibile fino a 30mila euro. Per le persone fisiche si prendono in considerazione le Certificazioni Uniche 2020 e le dichiarazioni 730 e Redditi PF 2020 presenti nella banca dati dell’Agenzia delle Entrate alla data del 14 luglio 2021. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si fa invece riferimento ai modelli dichiarativi Redditi Società di capitali, Società di persone, Enti non commerciali, nel cui frontespizio è indicato un periodo d’imposta che ricomprende la data del 31 dicembre 2019.
Come avviene lo Stralcio – L’Agenzia delle Entrate effettua le verifiche sul possesso dei requisiti da parte dei contribuenti interessati, segnalando i codici fiscali che restano fuori per il superamento del requisito reddituale, ed entro il 30 settembre darà il via libera all’annullamento. L’agente della riscossione provvederà in automatico allo Stralcio; il contribuente potrà verificare che i debiti siano stati annullati consultando la propria situazione debitoria con le modalità rese disponibili dall’agente della riscossione. I debiti oggetto di Stralcio si intendono tutti automaticamente annullati in data 31 ottobre 2021.

Dal MITE un miliardo e mezzo per la raccolta differenziata e il riciclo

Un miliardo e mezzo di investimenti per le “Città circolari”: il 30 settembre il ministero della Transizione ecologica pubblicherà i decreti con i criteri di selezione dei progetti relativi agli investimenti per le infrastrutture a supporto della raccolta differenziata e per gli impianti di riciclo. La misura punta a conseguire gli obiettivi di riciclo fissati dalla normativa comunitaria, che prevede che al massimo il 10% dei rifiuti finisca in discarica e che il 65% venga invece riciclato.
Gli investimenti comprendono misure di potenziamento, digitalizzazione e ammodernamento delle infrastrutture per la raccolta differenziata e si muovono secondo tre assi: infrastrutturazione della raccolta differenziata, impianti per il riciclo delle frazioni della differenziata e flussi critici.
Il 60% degli investimenti sugli impianti di riciclo andrà al Centro-Sud. Una particolare attenzione verrà dedicata alla frazione organica che oggi costituisce il 30% circa di tutta la produzione di rifiuti e che dovrà essere valorizzata per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riciclo e di decarbonizzazione.
Altro capitolo importante del progetto “Città circolari” del Mite riguarda i rifiuti speciali, come i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione che oggi costituiscono una criticità spesso affrontata con strumenti emergenziali e che invece saranno sfruttati al meglio nell’ottica del modello di economia circolare.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Cassazione, TARI: presupposto del tributo

Come è noto, la TA.RI. ha sostituito, con decorrenza dall’i gennaio 2014, i preesistenti tributi dovuti ai Comuni dai cittadini, enti ed imprese quale pagamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti (noti in precedenza con gli acronimi di T.A.R.S.U. e, successivamente, di T.I.A. e T.A.R.E.S.), conservandone, peraltro, la medesima natura tributaria. L’imposta è dovuta, ai sensi della L. 27 dicembre 2013, n. 147, per la disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, mentre le deroghe indicate e le riduzioni delle tariffe non operano in via automatica in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo il contribuente dedurre e provare i relativi presupposti. La tassa è dovuta indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio di smaltimento dei rifiuti, in quanto la ragione istitutiva del relativo prelievo sta nel porre le amministrazioni locali nelle condizioni di soddisfare interessi generali della collettività, piuttosto che nel fornire, secondo una logica commutativa, prestazioni riferibili a singoli utenti, e che pertanto l’omesso svolgimento, da parte del Comune, del servizio di raccolta – sebbene istituito ed attivato nella zona ove è ubicato l’immobile a disposizione dell’utente comporta non già l’esenzione dalla tassa, bensì la conseguenza che il tributo è dovuto ma in misura ridotta. Va pertanto ribadito che la TA.RI. è un tributo che il singolo soggetto è tenuto a versare in relazione all’espletamento da parte dell’ente pubblico di un servizio nei confronti della collettività che da tale servizio riceve un beneficio, e non già in relazione a prestazioni fornite ai singoli utenti, per cui “sarebbe (…) contrario al sistema di determinazione del tributo pretendere di condizionare il pagamento al rilievo concreto delle condizioni di fruibilità che del resto, per loro natura, oltre ad essere di difficile identificazione mal si prestano a una valutazione economica idonea a garantire una esatta ripartizione fra gli utenti del costo di gestione (Vedi Cass. n. 21508 del 2005). Posto che i criteri di ripartizione del servizio di smaltimento dei rifiuti non sono collegati al concreto utilizzo, bensì ad una fruizione potenziale desunta da indici meramente presuntivi, quali l’occupazione e detenzione di locali ed aree, che tengono conto della quantità e qualità che, ordinariamente, in essi possono essere prodotti, il legislatore ha ritenuto di temperare la rigidità di tale criterio impositivo introducendo ipotesi di esclusione e di riduzione, riduzioni che a loro volta si distinguono in obbligatorie, i cui presupposti sono già fissati dalla legge e facoltative, spettanti solo se previste dal regolamento comunale e secondo le modalità ivi determinate.
Anche la TA.RI., come la TARSU, è pertanto caratterizzata, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che la disciplina, da una struttura autoritativa e non sinallagmatica della prestazione, con la conseguente doverosità della prestazione, caratterizzata da una forte impronta pubblicistica; i servizi concernenti lo smaltimento dei rifiuti devono essere obbligatoriamente istituiti dai Comuni, che li gestiscono, in regime di privativa, sulla base di una disciplina regolamentare da essi stessi unilateralmente fissata, ed i soggetti tenuti al pagamento dei relativi prelievi (salve tassative ipotesi di esclusione o di agevolazione) non possono sottrarsi a tale obbligo adducendo di non volersi avvalere dei suddetti servizi, in quanto la legge non dà alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volontà delle parti nel rapporto tra gestore ed utente del servizio, avendo il tributo la funzione di coprire anche le pubbliche spese afferenti a un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e, quindi, non riconducibile a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente (v. in tema di TARSU Corte Cost. n. 238 del 2009, richiamata da Cass. n. 7647 e n. 1981 del 2018). Il regime delle riduzioni o esenzioni di natura agevolativa, previste dai commi 659 e 660 dell’art. 1 della L. n. 147 del 2013, le quali, innanzitutto, sono meramente eventuali, e quindi subordinate ad una esplicita previsione del regolamento comunale, che ne condiziona l’an, la disciplina di dettaglio ed il quantum, tutti elementi non predeterminati dalla legge che, appunto, ne prevede l’introduzione come possibile, ma non dovuta. Inoltre, operando in conseguenza di specifiche condizioni non altrimenti conoscibili dall’ente, in quanto collegate alle posizioni peculiari dei singoli utenti che si vengono a trovare nella situazione per poterne fruire, il riconoscimento del diritto a tali agevolazioni, oltre che ai medesimi oneri probatori delle precedenti, è subordinato alla ulteriore condizione della presentazione di una preventiva domanda del contribuente, corredata naturalmente della documentazione necessaria per giustificarne l’attribuzione.
È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza del 28/04/2021 n. 11130, accogliendo il ricorso di un Comune, avverso la sentenza della CTR. Nel caso di specie, per i giudici di Cassazione è di tutta evidenza che il mancato utilizzo dei locali da parte della contribuente, come accertato dai consulenti, sia legato ad un dato soggettivo che non solo è irrilevante ai fini dell’applicazione del tributo ma, per di più, è circostanza che non è stata neppure comunicata all’Amministrazione comunale per il tramite di una preventiva domanda corredata dalla documentazione necessaria, come normativamente previsto.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Audizione ANCI sul Federalismo fiscale

“Gli obiettivi quantitativi e temporali del PNRR non sono raggiungibili senza un profondo ripensamento delle regole costruite lo scorso decennio, in un contesto differente dall’attuale. Perché il Piano nazionale diventi un’occasione storica per l’intero Paese, bisogna mettere gli enti locali nelle condizioni di poter effettivamente utilizzare le risorse. I dati dimostrano che i Comuni sono protagonisti della ripartenza: malgrado le difficoltà della pandemia nel 2020 hanno mantenuto una forte capacità di investimento (un aumento del 2,3 % dei pagamenti), mentre nel primo semestre 2021, l’incremento è stato del 23%, con una netta ripresa del trend positivo ante pandemia”. Lo ha evidenziato Alessandro Canelli, delegato Anci alla Finanza locale, presidente Ifel e sindaco di Novara, nella sua audizione davanti la Commissione parlamentare per l’attuazione del Federalismo fiscale sullo stato di attuazione del Federalismo fiscale, anche con riferimento al Piano nazionale di ripresa e resilienza (documento di audizione).
Canelli, dopo aver ribadito l’apprezzamento dell’Anci per la dimensione e l’ampiezza temporale del sostegno economico dello Stato agli enti locali nella fase pandemica e che ha consentito la tenuta degli equilibri di bilancio, ha ricordato come “malgrado gli interventi degli ultimi due anni restano forti criticità strutturali del sistema di finanza locale di cui il PNRR deve tenere conto”.
“La distribuzione del Risultato di amministrazione netto (RAN) evidenzia una forte asimmetria tra la grande maggioranza dei Comuni in positivo (85%) e una significativa minoranza in negativo, con particolare enfasi nei valori territoriali del Centro (22% di enti in negativo e del Sud-Isole (un terzo di negativi)”. Analogo impatto ha “la distribuzione del Fondo crediti dubbia esigibilità (FCDE) accantonato annualmente nei bilanci di previsione che presenta una forte concentrazione tra i Comuni del Centro e del Sud- Isole”.
A parere del delegato Anci, per cercare di minimizzare queste criticità, “bisogna rafforzare la ripresa di intervento statale sulle risorse correnti degli enti locali avviata con l’introduzione nel FSC di risorse aggiuntive orientate ai servizi sociali comunali e alla gestione degli asili nido”. Ma anche “proseguire con l’intervento mirato a risolvere le debolezze strutturali degli enti in crisi conclamata, nel solco della sentenza della Consulta (n.115/2020) che ha individuato tra le cause delle situazioni di crisi finanziaria anche la scarsa dotazione di risorse, piuttosto che in episodi di cattiva gestione finanziaria”.
In questo contesto Canelli ha auspicato che il percorso del federalismo fiscale “riprenda con l’attuazione della perequazione verticale in parte attuata solo nell’ ultimo anno sul versante dei servizi sociali e degli asili nido. I passi in avanti registrati – ha affermato – devono essere consolidati ed ampliati: bisogna ripartire da qui se si vuole irrobustire e risolvere gran parte dei nodi strutturali della finanza locale”.
Più in generale la ricetta indicata dai Comuni per un efficace utilizzo delle risorse del PNRR passa dalla possibilità di “dare vita a finanziamenti diretti e non intermediati a sostegno degli investimenti, con il recupero di una più ampia discrezionalità amministrativa dei Ministeri”.
“Sono necessari – ha aggiunto il delegato Anci- semplificazioni al codice degli appalti, da consolidare ed ampliare; un’ampia semplificazione degli strumenti di programmazione degli enti locali, in parte anticipata per gli enti di minore dimensione; lo snellimento dei monitoraggi sui fatti finanziari e sulle opere pubbliche, ancora troppo complessi e spesso duplicati, che devono comunque essere assistiti da sistemi telematici efficienti e di facile uso; e l’allentamento dei vincoli sulle assunzioni di personale qualificato, anche in deroga ai criteri introdotti dall’art. 33 del dl 34/2019, in corso di estensione alle Città metropolitane e alle Province”.

Fondo inquilini morosi incolpevoli, Riparto risorse per l’anno 2021

È stato pubblicato in G.U. n. 228 del 23 settembre 2021 il Decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, con il quale sono ripartite tra le regioni e le province autonome le risorse disponibili, per l’annualità 2021, del Fondo inquilini morosi incolpevoli (art. 6, comma 5, D.L. 31 agosto 2013, n. 102), pari a 50 milioni di euro, secondo la tabella allegata al decreto.

È confermato l’ampliamento della platea dei beneficiari del Fondo, come stabilito dall’art. 1, comma 2, del decreto interministeriale 23 giugno 2020, anche ai soggetti che, pur non essendo destinatari di provvedimenti esecutivi di sfratto, presentino una autocertificazione nella quale dichiarino di aver subito, in ragione dell’emergenza COVID-19, una perdita del proprio reddito ai fini IRPEF superiore al 25% fermi restando i criteri già adottati nei bandi regionali. Il richiedente deve essere titolare di un contratto di locazione di unità immobiliare registrato anche se tardivamente e deve risiedere nell’alloggio da almeno un anno. Sono esclusi gli immobili appartenenti alle categorie A1, A8 e A9.

I contributi concessi ai sensi del presente decreto non sono cumulabili con il c.d. reddito di cittadinanza di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019 n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019 n. 26, come stabilito dall’art. 1, comma 3, del decreto interministeriale
23 giugno 2020. Pertanto i comuni, successivamente alla erogazione dei contributi, comunicano all’INPS la lista dei beneficiari ai fini della compensazione sul reddito di cittadinanza per la quota destinata all’affitto.

Le regioni, stante il perdurare dell’emergenza COVID-19 attribuiscono ai comuni le risorse assegnate, anche in applicazione dell’art. 1, comma 21, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, con procedura di urgenza. I comuni utilizzano i fondi ricorrendo, altresì, all’unificazione
dei titoli, capitoli e articoli delle voci di bilancio ai fini dell’ordinazione e pagamento della spesa delle risorse di cui al Fondo del presente riparto e di quelle del Fondo di cui all’art. 11 della legge n. 431 del 1998.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

ANAC, Affidamenti in-house è l’eccezione non la regola

Nella seduta del Consiglio dell’8 settembre scorso, l’ANAC ha approvato la proposta di Nuove Linee guida in fatto di affidamenti in-house per le società pubbliche. Prima di ricorrere ad assegnazioni di appalti e concessioni in-house, le stazioni appaltanti dovranno fornire e rendere pubbliche con precise motivazioni di convenienza economica e sociale le ragioni che portano a scegliere l’in-house, invece della gara. In tal modo mettendo in grado anche cittadini e operatori economici esclusi dall’in-house di verificare e controllare se tali motivazioni esistano veramente, o sono soltanto uno strumento fittizio da parte di amministrazioni pubbliche e società controllate per evitare la gara.

ANAC dà indicazioni precise su come va effettuata tale dichiarazione. Soprattutto ribadisce il principio che senza una motivazione adeguata l’affidamento di appalti e concessioni in-house è da considerarsi illegittimo. L’utilizzo ampio ed eccessivo, finanche indiscriminato, dell’in-house, che porta gli enti locali ad assegnare in affidamento diretto fino al 93% delle assegnazioni, lasciando alle gare per i servizi una quota irrisoria pari a soltanto il 5% del totale, ha spinto l’Autorità a intervenire con forza.

Infatti l’abuso dell’in-house significa carenza di trasparenza, eccesso di discrezionalità, applicazione del processo senza gara a situazioni opache. Spesso poi le società affidatarie risultano prive di requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla normativa. E soprattutto non presentano chiare ragioni di convenienza economica per tale affidamento, mostrando più una volontà di evitare la gara e privilegiare l’assegnazione diretta. Tutto questo senza alcuna preventiva verifica comparativa che spieghi in quale posizione stiano gli affidamenti decisi rispetto al benchmark di settore.

Nell’ambito della gestione dei rifiuti, per esempio, gli affidamenti in-house sono quasi il 70% del totale: settanta affidamenti su 105 nel quadriennio 2016-2020.