Corte dei conti, limiti ai compensi per l’Avvocatura interna

La Corte dei conti, Sez. Liguria, con deliberazione n. 76/2021, nel dare riscontro ad una richiesta di parere in merito ai compensi erogabili agli avvocati interni, in caso di sentenze favorevoli all’Ente con spese compensate, ha affermato i seguenti principi di diritto:

a) il limite finanziario del 2013 va determinato tenendo conto dei compensi “di competenza” del medesimo esercizio. L’art. 9, comma 6, del citato decreto-legge n. 90 del 2014, stabilisce che tali emolumenti, in caso di compensazione delle spese, possano essere corrisposti nei limiti dello stanziamento annuale di bilancio, che non può superare quanto stanziato nell’esercizio 2013. Ai fini della corretta individuazione dello stanziamento relativo all’anno 2013, occorre far riferimento a quello assestato in corso d’esercizio e non a quanto esposto inizialmente nel bilancio di previsione 2013. In assenza di stanziamenti si può richiamare la tabella del fondo salario accessorio o del fondo per la retribuzione valida per il 2013 per dimostrare l’osservanza del limite.

2) lo stanziamento relativo all’anno 2013 costituisce solo l’importo massimo riconoscibile nelle annualità successive, ben potendo l’ente locale, in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti, determinarlo ad un livello inferiore;

3) i compensi professionali ai legali interni sono sottoposti agli specifici limiti di finanza pubblica contenuti nell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014, convertito dalla legge n. 114 del 2014. Per tutti i compensi professionali ai legali interni, non trovano applicazione i generali limiti previsti dalla normativa di finanza pubblica per la retribuzione accessoria del personale (oggi aventi fonte nell’art. 23, comma
2, del d.lgs. n. 75 del 2017), ma quelli, specifici, contenuti nell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014 (che impongono, a livello complessivo, di non superare lo stanziamento dell’esercizio 2013, oltre che, su un piano individuale);

4) l’avvocato alle dipendenze di una amministrazione pubblica non può percepire, in un anno, a titolo di compensi professionali, somme superiori al totale delle altre voci retributive spettanti nel medesimo esercizio, costituite, oltre che dal trattamento fondamentale, anche da quello accessorio, con esclusione, tuttavia, degli stessi compensi professionali;

5) la regolamentazione interna dell’ente pubblico, ai fini della disciplina dei compensi spettanti agli avvocati interni, deve essere aderente ai presupposti prescritti dalla norma di legge, mantenendo, all’interno di questi ultimi, un margine di discrezionalità applicativa, da esercitare secondo criteri di congruità e ragionevolezza;

La Sezione, infine, ha dichiarato inammissibile il quesito volto ad appurare se i compensi da corrispondere agli avvocati interni debbano essere considerati, ai sensi dell’art. 1, comma 208, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, al lordo degli oneri riflessi, anche relativamente alla quota di competenza dell’Amministrazione, poiché riguardante disciplina estranea alla materia di contabilità pubblica.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

In G.U. la nota relativa all’aggiornamento dei fabbisogni standard dei Comuni per il 2021

È stato pubblicato in G.U. n. 227 del 22 settembre 2021, il DPCM del 27 luglio 2021, recante “Adozione della nota metodologica relativa all’aggiornamento e alla revisione della metodologia dei fabbisogni standard dei comuni per il 2021”. La Nota metodologica fa riferimento all’aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni di istruzione pubblica, gestione del territorio e dell’ambiente – servizio smaltimento rifiuti, settore sociale – asili nido, funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, polizia locale e trasporto pubblico locale. Prevede inoltre la revisione dell’impianto metodologico per la valorizzazione della spesa e dei fabbisogni standard relativi alla funzione di viabilità e territorio e al settore sociale, al netto dei servizi asili nido dei comuni per il 2021. La normativa che regola la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard degli enti locali (d.lgs n.216 del 2010) assegna a SOSE il compito di predisporre l’impianto metodologico di riferimento in collaborazione e con il supporto scientifico della Fondazione Ifel. La norma inoltre assegna a SOSE anche il compito di procedere al monitoraggio dei parametri di riferimento con cadenza annuale e alla revisione, almeno triennale, dell’intera metodologia.
In appendice allo schema sono riportati, per ciascuno dei 6.565 comuni delle regioni a statuo ordinario, i coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni Generali, Polizia locale, Istruzione pubblica, Rifiuti, TPL, Viabilità e territorio, Sociale, Asili nido. Per ogni comune il nuovo coefficiente di riparto complessivo è stato ottenuto dalla media ponderata dei coefficienti di riparto aggiornati di ogni singolo servizio.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Rapporto sui beni immobili: ammonta a 297 miliardi di euro il patrimonio stimato delle PA

Il Dipartimento del Tesoro ha pubblicato il Rapporto sui beni immobili delle amministrazioni pubbliche, elaborato sulla base delle comunicazioni ricevute per l’anno 2018 nell’ambito progetto “Patrimonio della PA”, avviato ai sensi dell’art. 2, comma 222, della legge 191/2009. Sono resi inoltre disponibili, in formato aperto, i dati dichiarati dalle amministrazioni.
Le Amministrazioni che hanno effettuato la comunicazione dei dati sono state 9.074, in aumento rispetto alle 8.674 Amministrazioni rispondenti per il censimento precedente. 
L’incremento è stato determinato dai comuni, per i quali il tasso di risposta si è attestato all’85%, e dalle amministrazioni rientranti nella tipologia residuale Altre Amministrazioni locali.  
Il patrimonio immobiliare censito si è attestato a circa 2,6 milioni di unità immobiliari (1 milione e 150 mila fabbricati e 1 milione e 440 mila terreni), prevalentemente di proprietà delle amministrazioni locali. Dalle analisi emerge inoltre che la gran parte del patrimonio immobiliare censito è utilizzato dalle stesse amministrazioni o dato in uso a privati. In particolare, le unità immobiliari dichiarate come utilizzate costituiscono, nel caso dei fabbricati, circa il 93% delle unità complessivamente comunicate e, in quello dei terreni, il 73%.
Le analisi condotte mostrano che il 90% circa degli indentificativi di catasto ordinario inseriti a sistema dalle amministrazioni per il censimento dei fabbricati (circa 878 mila) corrispondono a unità immobiliari attive in catasto. Il confronto con la rilevazione precedente evidenzia un miglioramento nella validità degli identificativi inseriti a sistema di 10 punti percentuali. Per l’85% (827 mila) è stato possibile effettuare il confronto su dati di consistenza. I risultati non evidenziano, a livello complessivo, differenze significative tra le superfici dichiarate e quelle risultanti in catasto, nonostante la presenza di scarti rilevanti per alcune tipologie immobiliari. Il rapporto contiene inoltre l’aggiornamento della stima del valore dei fabbricati censiti per l’anno 2018, secondo la metodologia messa a punto dal Dipartimento del Tesoro in collaborazione con l’area modelli di previsione e analisi statistiche di Sogei.
 Il modello di analisi, applicato a circa 1,1 milioni di fabbricati, suddivisi in cluster20 omogenei per tipologia immobiliare, e corrispondenti a quasi 370 milioni di metri quadrati di superficie stimata, restituisce un valore patrimoniale complessivo stimato in circa 297 miliardi di euro. Il 74 per cento del valore stimato è riconducibile a immobili di proprietà di amministrazioni locali – la maggior parte ascrivibile ai comuni – e il restante 26 per cento è suddiviso tra amministrazioni centrali (17 per cento), amministrazioni locali NON S13 (6 per cento) ed enti pubblici di previdenza e assistenza sociale (3 per cento). Il 78 per cento del valore totale stimato – circa 231 miliardi di euro – è riconducibile a fabbricati utilizzati direttamente dalle amministrazioni. Il restante 22 per cento è dato in uso, a titolo gratuito o oneroso, a privati (50 miliardi), oppure risulta non utilizzato (13 miliardi) o in ristrutturazione (2,3 miliardi).

Scuola, stipulata l’Intesa sui riparti delle risorse per il Sistema integrato 0-6 per gli anni 2021, 2022 e 2023

Il MIUR informa che è stata stipulata l’Intesa relativa al riparto delle risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione per gli anni 2021 (seconda parte di finanziamento), 2022 e 2023. L’Intesa fa riferimento al Piano di azione pluriennale per il Sistema integrato 0-6 anni approvato lo scorso 8 luglio in Conferenza Unificata.
Con le risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato, che il Ministero assegna direttamente ai Comuni, in forma singola o associata, sulla base delle programmazioni regionali, possono essere finanziati interventi di edilizia su edifici pubblici che ospitano servizi educativi o scuole dell’infanzia, spese di gestione, anche al fine di ridurre le rette a carico delle famiglie, formazione in servizio per il personale educativo e docente e il funzionamento dei coordinamenti pedagogici territoriali.
Dal 2021 le Regioni e le Province autonome hanno la possibilità di conoscere in anticipo le risorse assegnate per gli anni successivi, in modo da poter programmare la destinazione delle stesse per un triennio.
Per ciascuna delle tre annualità, 2021, 2022 e 2023, le risorse assegnate ammontano a 309 milioni di euro. Per il 2021 una quota pari a 1,5 mln di euro è destinata all’attivazione da parte del Ministero dell’Istruzione dell’Anagrafe nazionale dei servizi educativi; le risorse rimanenti sono state ripartite per 264 mln in continuità con le assegnazioni del 2020 e per 43,5 mln in relazione ai medesimi criteri condivisi per il 2022 e 2023, che fanno riferimento al numero di bambini iscritti ai servizi educativi e alle scuole dell’infanzia paritarie (pubbliche e private), alla popolazione di età compresa tra zero e sei anni e alle esigenze di riequilibrio territoriale.
In particolare, viene assegnata una quota perequativa, pari al 20% delle risorse disponibili, alle Regioni e Province autonome con una percentuale di copertura dei servizi educativi per l’infanzia inferiore alla media nazionale secondo i più recenti dati ISTAT; il 40% delle risorse viene attribuito in proporzione agli utenti dei servizi educativi per l’infanzia che prevedono costi a carico dei Comuni; il 30% in proporzione alla popolazione residente in età compresa tra zero e sei anni; il 10% in relazione ai bambini iscritti alle scuole comunali e private paritarie.
Dal 2017 al 2023 il Fondo nazionale per il Sistema integrato 0-6 è andato progressivamente crescendo, con un incremento di 100 milioni di euro, passando dagli iniziali 209 mln agli attuali 309 mln. Le Regioni del Sud, fatta eccezione per l’Abruzzo, grazie alla quota perequativa e in virtù dei criteri legati alla popolazione infantile residente, sono quelle che beneficiano dell’incremento maggiore. Le percentuali di incremento vedono favorite Campania (+203,4%), Calabria (+154%), Sicilia (+147,3%). A seguire Basilicata (+73,7%), Molise (+69,1%), Puglia (+68,2%), Provincia autonoma di Bolzano (+67,7%). Incrementi superiori al 50% anche per la Provincia autonoma di Trento (+55%) e il Friuli Venezia Giulia (+53,5%).
Il riparto condiviso nell’Intesa risponde alle esigenze di riequilibrio territoriale, destinando una consistente quota di risorse alle Regioni più lontane dall’obiettivo del 33% di copertura dei servizi 0-6. Risponde, inoltre, alle esigenze di mantenimento dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia attivi nelle Regioni che in questi anni hanno maggiormente investito per l’attuazione del Sistema integrato.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, il codice di giustizia contabile aggiornato a settembre 2021

La Corte dei conti ha pubblicato il “Codice di giustizia contabile – Edizione SETTEMBRE 2021“, recante la modifica apportata dal D.L. n. 44/2021 delL’1.4.2021, convertito, con modificazioni, in L. n. 76/2021 del 28.5.2021, entrato in vigore dall’1.4.2021, comprensivo delle Note esplicative delle modifiche legislative intervenute nel tempo, dell’Indice analitico alfabetico aggiornato e delle Tabelle riassuntive dei soli articoli novellati con la decorrenza del termine di vigenza delle relative norme.
Il Codice disciplina, come noto, l’esercizio della giurisdizione della Corte dei conti nelle seguenti materie (art. 1): giudizi di conto (conti degli agenti contabili dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni); giudizi di responsabilità amministrativa per danno all’erario; altri giudizi in materia di contabilità pubblica; giudizi in materia pensionistica; giudizi aventi per oggetto l’irrogazione di sanzioni pecuniarie; altri giudizi nelle materie specificate dalla legge.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Obbligatorio dal 2022 l’invio telematico delibere regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie

Decorre dall’anno di imposta 2022 l’obbligo di utilizzare, ai fini dell’invio telematico al Ministero dell’economia e delle finanze delle delibere regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie dei comuni, delle province e delle città metropolitane, il formato elettronico individuato dal decreto 20 luglio 2021 (pubblicato nella G.U. n. 195 del 16 agosto 2021), emanato in attuazione del comma 15-bis del citato art. 13 del D. L. n. 201 del 2011.
Lo chiarisce il Dipartimento delle Finanze con la risoluzione n. 7/D del 21 settembre 2021. In esito alle modifiche del citato art. 13 del D. L. n. 201 del 2011 recate dall’art. 15-bis, comma 1, lett. b), del D. L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, costituisce condizione di efficacia delle delibere e dei regolamenti relativi alla generalità dei tributi comunali, il che consente ai contribuenti e agli intermediari di individuare con certezza le aliquote o le tariffe, nonché la disciplina del prelievo rimessa all’autonomia regolamentare, sulla cui base deve essere determinato il tributo dovuto per ciascun ente locale e per ciascun anno d’imposta . Con riferimento, invece, ai tributi delle province e delle città metropolitane, la pubblicazione sul sito internet dipartimentale costituisce condizione di efficacia delle delibere in materia di imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore esclusi i ciclomotori (imposta RC auto), mentre svolge una finalità meramente informativa per i restanti prelievi.
Il decreto del 20 luglio 2021 prevede che l’invio telematico tramite il Portale del federalismo fiscale delle delibere regolamentari e tariffarie debba avvenire utilizzando il formato elettronico che rispetta le specifiche tecniche di cui all’Allegato A, che fa parte integrante del presente decreto, ad eccezione delle delibere relative all’addizionale comunale all’IRPEF, per le quali, fermo restando l’obbligo di trasmissione del testo delle medesime, la pubblicazione sul sito internet continua ad avere ad oggetto i soli dati rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta.
Considerato che al momento dell’entrata in vigore del decreto l’attività di trasmissione degli atti relativi all’anno d’imposta 2021 era già ampiamente avviata, l’obbligo di trasmettere le delibere e i regolamenti nel formato elettronico dallo stesso definito deve ritenersi vigente a decorrere dall’anno d’imposta 2022, vale a dire con riferimento agli atti adottati dagli enti locali per le annualità dal 2022 in poi. Nessun ulteriore onere grava, pertanto, in capo ai comuni, alle province e alle città metropolitane che hanno già eseguito la trasmissione degli atti concernenti l’anno 2021, né, del resto, per ragioni di uniformità, al rispetto delle specifiche tecniche del formato elettronico sono tenuti gli enti che devono ancora provvedere a tale adempimento.

 

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

MEF, Si all’applicabilità della maggiorazione IMU dello 0,08% anche per il 2021

Il Dipartimento delle Finanze, con la risoluzione n.8/DF del 21 settembre 2021, fornisce chiarimenti in merito all’applicazione della maggiorazione di aliquota IMU dello 0,08%, ex art. 1, comma 755, legge n. 160/2019, anche per l’anno 2021, a seguito deliberazione consiliare espressa adottata per l’anno 2020 seguita da assenza di deliberazione per l’anno 2021.
Al riguardo, il Dipartimento si ritiene che la mancata adozione di una delibera sulle aliquote IMU per l’anno 2021 determini l’effetto della conferma automatica di tutte le aliquote approvate per il 2020, compresa anche quella maggiorata dell’1,14%, risultante dall’applicazione della suddetta maggiorazione dello 0,08%.
Dalla previsione normativa di cui all’art. 1, comma 755, legge n. 160 del 2019 – il quale stabilisce che “a decorrere dall’anno 2020, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi dei commi da 10 a 26 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, i comuni, con espressa deliberazione del consiglio comunale, pubblicata nel sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del comma 767, possono aumentare ulteriormente l’aliquota massima nella misura aggiuntiva massima dello 0,08 per cento, in sostituzione della maggiorazione del tributo per i servizi indivisibili (TASI) di cui al comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella stessa misura applicata per l’anno 2015 e confermata fino all’anno 2019 alle condizioni di cui al comma 28 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015. I comuni negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento” – si evince che l’espressa deliberazione del consiglio comunale” non può che riferirsi all’anno 2020 che costituisce il primo anno di applicazione del nuovo regime dell’IMU attuato dalla legge n. 160 del 2019.
Superato l’anno di transizione tra i due regimi ordinamentali, la suddetta maggiorazione, nei comuni che versano nelle condizioni di legge, diventa a tutti gli effetti un’aliquota IMU con il medesimo regime giuridico delle altre aliquote, cui si applicano dunque le stesse regole generali stabilite per queste ultime. Il Legislatore ha inteso, quindi, condizionare la permanenza dell’applicazione della suddetta maggiorazione – che richiedeva una previsione specifica di raccordo in un sistema ad imposta patrimoniale unica – a una espressione esplicita di tale volontà. Ciò, però, non attraverso l’imposizione di una condizione a regime, bensì con una clausola volta a regolare, per l’appunto, solo la fase transitoria, vale a dire l’anno 2020.
A conferma di quanto sostenuto, il Dipartimento richiama anche l’ultimo periodo del comma 755 dell’art. 1 della legge n. 160 del 2019, il quale dispone che i “comuni negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento” Tale previsione comporta che negli anni successivi al 2020 i comuni possono, con espressa deliberazione consiliare, solo ridurre la maggiorazione applicata nell’anno 2020, mentre la mancata approvazione delle aliquote IMU per l’anno 2021 e successivi determina, come sopra chiarito, la conferma automatica, ope legis, di tutte le aliquote approvate per l’anno 2020, ivi inclusa l’aliquota maggiorata dell’1,14%, indicata nel quesito.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION