Consiglio di Stato: non sono condonabili le opere soggette a vincolo idrogeologico

Le opere soggette a vincolo idrogeologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto, senza che residui alcun diaframma di discrezionalità in capo all’amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive. È quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 1 settembre 2021, n. 6140.

La Sezione ha preliminarmente ricordato che sotto il profilo urbanistico-edilizio la giurisprudenza ha più volte ricordato che l’autorizzazione rilasciata, anche per silentium, ai sensi dell’art. 97, d.lgs. n. 259 del 2003 assorbe in sé e sintetizza ogni altra autorizzazione, ivi comprese quelle richieste dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante il Testo unico delle disposizioni in materia edilizia (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 16 aprile 2014 n. 1955). Lo stesso art. 87 del citato decreto legislativo del 2003, inoltre, postula che il parere dell’ARPA sia richiesto esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto e non anche ai fini del perfezionamento del titolo abilitativo, perché non sussiste un onere per il richiedente di allegare siffatto parere in sede di presentazione dell’istanza di titolo edilizio, né un obbligo di far pervenire il parere medesimo all’ente procedente entro il termine di novanta giorni di cui al comma 9 dell’art. 87 (cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. VI, 20 agosto 2019 n. 5756 e 12 gennaio 2011 n. 98).

Il Codice delle comunicazioni elettroniche, con riferimento alle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, prevede pertanto la confluenza in un solo procedimento di tutte le tematiche rilevanti, con finale rilascio (in forma espressa o tacita) di un titolo abilitativo, qualificato come autorizzazione. La fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica è considerata dal legislatore di preminente interesse generale, oltre che libera (artt. 3 e 86, d.lgs. n. 259 del 2003). L’art. 8, l. 22 febbraio 2001, n. 36, inoltre, nel disciplinare il riparto di competenze tra le Regioni, le Province e i Comuni in materia, stabilisce che i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. La Corte Costituzionale, con la sentenza 11 marzo 2003, n. 331, ha chiarito che nell’esercizio dei suoi poteri il comune non può rendere di fatto impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformando i criteri di individuazione, che pure il comune può fissare, in limitazioni alla localizzazione con regole diverse da quelle previste dalla legge quadro n. 36 del 2001.

La Sezione ha aggiunto che ai fini della controversia sottoposta al suo esame assume rilievo preminente quanto sancito dall’art. 8, comma 6, l. 36 del 2001 alla cui stregua: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.

La disciplina in oggetto è stata intesa dalla prevalente giurisprudenza (cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. VI 13 marzo 2018 n. 1592) nel senso che alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.) mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi).

Con riferimento al cd. terzo condono ha ricordato come la giurisprudenza abbia chiarito (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2019 n. 4991) che l’art. 32, d.l. n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla l. n. 326 del 2003, fissa limiti più stringenti rispetto ai precedenti primo e secondo condono, di cui alle leggi n. 47 del 1985 e 23 dicembre 1994, n. 724, escludendo la possibilità di conseguire il condono nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico qualora sussistano congiuntamente queste due condizioni ostative: a) il vincolo di inedificabilità sia preesistente all’esecuzione delle opere abusive; b) le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non siano conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. In tal caso l’incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere positivo dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2013 n. 4619).

Pare il caso di soggiungere che il d.l. n. 269 del 2003 disciplina in maniera più restrittiva, rispetto al “primo condono edilizio” di cui alla l. n. 47 del 1985, la fattispecie in questione poiché, con riguardo ai vincoli ivi indicati (tra cui quelli a protezione dei beni paesistici, ma anche quello idrogeologico), preclude la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell’Autorità ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria.

Inoltre, sebbene la presenza di un vincolo idrogeologico non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area, la sua presenza impone ai proprietari l’obbligo di conseguire, prima della realizzazione dell’intervento, il rilascio di apposita autorizzazione da parte della competente amministrazione, in aggiunta al titolo abilitativo edilizio (Cons. Stato, sez. V, 24 settembre 2009 n. 43731 e sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5467). Per quanto attiene all’interferenza di tale disciplina con quella in materia di condono edilizio, si segnala la formulazione di cui all’art. 32 l. n. 47 del 1985, a mente del quale “il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”, eccetto i casi in cui si tratti di “opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino: a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64 e successive modificazioni e dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell’articolo 35; b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III; c) in contrasto con le norme del decreto ministeriale 1° aprile 1968, n. 1404 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con agli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190 e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico”.

Da tale complessiva statuizione deriva che le opere soggette a vincolo idrogeologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto (ma non è questo il caso) “successivamente alla presentazione dell’istanza di condono” (Cons. Stato, sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6662), senza che residui alcun diaframma di discrezionalità in capo all’amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive (Cons. Stato, sez. IV, 14 giugno 2018, n. 3659).

Giova rammentare anche che, anche in base alla normativa intervenuta successivamente in materia di condono edilizio (art. 32, comma 27, lettera d, d.l. n. 269 del 2003, c.d. terzo condono), a conferma di quanto rilevato pocanzi, non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive che “siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.

Dall’ANCI richiesta di chiarimenti su mobilità in ingresso e in entrata dei dipendenti di piccoli Comuni

Nel cosiddetto Decreto Reclutamento (DL 80/2021) si riscontrerebbero criticità per il personale dei piccoli Comuni con un numero di dipendenti non superiore a 100, assunti a tempo indeterminato. In questi enti, stando alla norma letterale, di cui al primo periodo della disposizione di cui al comma 1.1. dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 165/01, così come novellato dalla legge n. 113/2021, di
conversione del D.L. n. 80/2021, sarebbe esclusa la mobilità volontaria sia in uscita che in entrata, con con pesanti ricadute in termini gestionali che impedirebbero, soprattutto nei piccoli enti che ne hanno più bisogno, il reclutamento di personale con questa modalità. A segnalarlo è il segretario generale dell’Anci, che tramite una lettera solleva la questione al capo dipartimento della Funzione pubblica. 

Ad avviso dell’ANCI, la ratio della norma era invece di escludere, per tali Enti, la sola mobilità in uscita senza il previo assenso dell’Ente Locale, come si evince peraltro dagli altri periodi della disposizione stessa che introducono criteri restrittivi in tal senso per gli altri
enti locali. Pertanto, l’Associazione chiede di intervenire per chiarire la portata della disposizione e, se necessario, correggerla con una proposta normativa da inserire nel primo provvedimento utile.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Scuola, 455 milioni per la digitalizzazione di aule e segreterie. Presentazione domande entro il 1° ottobre

Sul sito del Ministero dell’Istruzione è disponibile l’Avviso da 455 milioni di euro per la digitalizzazione delle aule scolastiche e delle segreterie. Si tratta di risorse europee stanziate nell’ambito dell’iniziativa React-EU che potranno essere utilizzate per l’acquisto di monitor digitali interattivi per la didattica, ma anche di attrezzature informatiche per la digitalizzazione amministrativa. Lo stanziamento ha l’obiettivo di sostenere la digitalizzazione delle scuole, favorendo l’innovazione didattica e l’utilizzo delle metodologie didattiche innovative, la velocizzazione dei processi burocratici, una migliore comunicazione all’utenza.

Sono ammessi a partecipare le istituzioni scolastiche statali e i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA) appartenenti alle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto.

L’intervento, finanziato con Fondi strutturali europei e ricompreso all’interno del complessivo Piano nazionale di ripresa e resilienza, si articola in due moduli: il primo prevede l’acquisto di monitor digitali interattivi touch screen da collocare nelle classi del primo e del secondo ciclo di istruzione, nonché dei corsi dei CPIA. Il secondo prevede l’acquisto di attrezzature digitali per gli uffici di segreteria.

L’importo totale del finanziamento per ciascuna istituzione scolastica del primo e del secondo ciclo è determinato tenendo conto del numero complessivo delle classi, sulla base di specifiche percentuali di ripartizione dei costi. Per i CPIA si terrà conto del numero complessivo degli studenti.

Le candidature potranno essere presentate dall’apposita area collegandosi all’indirizzo http://www.istruzione.it/pon/ dalle ore 12.00 dell’8 settembre 2021 alle ore 12.00 del 1° ottobre 2021. Gli interventi dovranno essere realizzati, collaudati e conclusi non oltre il 31 dicembre 2022.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Nota Anci sugli interventi di ristrutturazione edilizia di immobili sotto tutela paesaggistica

L’ANCI, al fine di fornire ai Comuni adeguato supporto informativo circa gli ultimi orientamenti interpretativi in materia urbanistica ed edilizia, ha pubblicato una nota con le precisazioni applicative del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, su interventi di ristrutturazione edilizia per immobili inseriti in aree soggette a vincolo di tutela paesaggistica, di cui all’articolo 3, lettera d) Dpr 380/2001 e smi – in ambiti sottoposti ai vincoli di cui al Codice dei beni culturali e del Paesaggio di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

Comitato di settore approva atto d’indirizzo per rinnovo contratto personale non dirigente

Nella riunione congiunta dell’8 settembre i Comitati di Settore Regioni-Sanità e Autonomie locali hanno approvato e trasmesso all’ARAN l’Atto di indirizzo per il rinnovo del Contratto collettivo di lavoro per il personale non dirigente del comparto delle Funzioni locali per il triennio 2019/2021, interessando 430.000 dipendenti di Comuni, Province, Regioni e Camere di Commercio.

“Il nuovo contratto non si limiterà alla distribuzione degli aumenti contrattuali, ma interverrà su alcuni ambiti strategici per il rafforzamento delle nostre organizzazioni e il potenziamento dell’azione amministrativa” affermano Jacopo Massaro, presidente del Comitato di settore Autonomie locali e Davide Carlo Caparini, presidente del Comitato di settore Regioni – Sanità. “Un primo fronte – spiegano – è quello della valorizzazione delle posizioni organizzative a cui sono conferiti incarichi implicanti maggiori responsabilità gestionali o livelli più elevati di autonomia e specializzazione professionale, bilanciata dalla possibilità di orientare il sistema di verifica degli obiettivi anche ai fini della permanenza nell’incarico. L’ Atto di indirizzo chiede poi di proseguire nel percorso delle semplificazioni procedurali avviato nella tornata contrattuale 2016/2018. Tale semplificazione deve interessare sia la disciplina delle progressioni economiche, per le quali si devono perseguire gli obiettivi di maggiore inclusività e scansione temporale dei passaggi nella vita lavorativa, ferma comunque la correlazione con la valutazione individuale, che le modalità di costituzione e utilizzo dei fondi per il salario accessorio, che sono ancora caratterizzati da tecnicismi eccessivi. Rispetto alla distribuzione del fondo, inoltre, i Comitati di settore chiedono di concentrare la contrattazione di secondo livello sulle risorse destinabili alla performance, alle premialità e alle progressioni economiche, rimettendo gli istituti indennitari alle scelte organizzative degli Enti. Il nuovo Contratto dovrà infine affrontare la sfida dell’adeguamento degli istituti contrattuali interessati dalle nuove modalità lavorative a distanza, preservando comunque le competenze datoriali sulle materie relative all’organizzazione degli uffici, e promuovere la formazione come investimento organizzativo sulle competenze professionali e sulle abilità lavorative necessarie per rispondere a una domanda di servizi rivoluzionata in questi ultimi anni”.

Piccole opere pubbliche, prorogato al 15 ottobre il termine di avvio lavori

È stato pubblicato in G.U. n. 217 del 10 settembre 2021 il decreto legge n. 121/2021, recante “Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali”, c.d. Decreto Infrastrutture.

L’art. 13, rubricato “Misure di agevolazioni per i comuni”, proroga al 15 ottobre 2021 il termine entro il quale i Comuni sono tenuto ad iniziare i lavori, previsti dall’art. 1, comma 32 della legge n. 160/2019. La proroga arriva dopo una precisa richiesta dell’Anci, tramite il segretario generale, che aveva sollevato il problema al capo di gabinetto del ministero dell’Interno.

L’art. 1, commi 29 e seguenti della legge 160/2019, (Legge di bilancio 2020), come noto, assegna ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, contributi per investimenti destinati ad opere pubbliche in materia di efficientamento energetico e di sviluppo territoriale sostenibile. Il comune beneficiario del contributo può finanziare uno o più lavori pubblici, a condizione che gli stessi lavori non siano già integralmente finanziati da altri soggetti e che siano aggiuntivi rispetto ai lavori da avviare nella prima annualità dei programmi triennali di lavori pubblici. Si stabilisce l’obbligo per il comune beneficiario del contributo in parola di iniziare l’esecuzione dei lavori entro il 15 settembre di ciascun anno di riferimento del contributo (termine ora prorogato al 15 ottobre 2021). I contributi sono erogati dal Ministero dell’interno agli enti beneficiari per il 50 per cento, previa verifica dell’avvenuto inizio dell’esecuzione dei lavori, e per il restante 50 per cento previa trasmissione al Ministero dell’interno del certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione rilasciato dal direttore dei lavori. Si prevede il monitoraggio delle opere pubbliche attraverso il sistema di monitoraggio previsto dal decreto legislativo n. 229 del 2011, classificando le opere sotto la voce “Contributo piccoli investimenti legge di bilancio 2020”. Nel caso di mancato rispetto del termine di inizio dell’esecuzione dei lavori o di parziale utilizzo del contributo, il contributo è revocato, in tutto o in parte, entro il 31 ottobre di ciascun anno di riferimento, con decreto del Ministero dell’interno. 

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION 

Contributi per 3 milioni di euro ai Comuni per la demolizione di opere abusive

Per rafforzare il contrasto all’abusivismo edilizio, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili ha firma il decreto che assegna 3 milioni di euro (esattamente 2,99 milioni) a 32 Comuni in 13 Regioni per agevolarli nell’abbattimento delle opere realizzate senza i necessari permessi in aree a rischio sismico, idrogeologico o sottoposte a tutela e per le quali sono state emanate ordinanze di demolizione. Le risorse, sulla base dei criteri di ripartizione del cosiddetto ‘Fondo demolizioni’, sono assegnate ai Comuni a copertura del 50% del costo degli interventi di abbattimento o rimozione delle opere abusive, incluse le spese tecniche e amministrative e quelle connesse al trasferimento e smaltimento dei rifiuti derivanti dalle demolizioni.

A maggio scorso era partita la campagna volta a raccogliere le richieste di contributo da parte delle Amministrazioni. Il nuovo decreto fa seguito a quello già emanato a dicembre 2020 che attribuiva a 32 Comuni in 14 Regioni circa 3,4 milioni di euro per supportali nella lotta all’abusivismo e nell’attività di recupero di suolo. Il 13 settembre si aprirà una nuova campagna, la terza, che durerà fino al 13 ottobre. I Comuni potranno presentare ulteriori richieste di contributo registrandosi sulla piattaforma del ministero. 

Via libera al riparto del Fondo del Sistema Integrato 0/6 anni

Anci rende noto che il 9 settembre 2021 la Conferenza Unificata ha dato il via libera al riparto del fondo del sistema integrato di educazione ed istruzione 0/6 anni per la restante annualità 2021 (43,5 milioni di euro) e per il 2022-2023 e allegati (309 milioni per ciascuna annualità) come previsto nel recente Piano quinquennale 2021/2025 approvato l’8 luglio 2021 che stabilisce modalità e tempi di erogazione delle risorse direttamente ai Comuni dal Ministero Istruzione, a seguito della programmazione regionale. Il fondo 0/6 finanzia: ristrutturazioni e messa in sicurezza edilizia; spese di gestione; formazione del personale.
Rispetto a quanto accaduto negli anni precedenti, sono previsti tempi di assegnazione delle risorse ai Comuni più rapidi e una più puntuale tempistica per le programmazioni regionali. Sono infatti in via di erogazione ai Comuni le risorse pari a 264 mln di euro per la prima quota 2021, come da Intesa del 4 agosto 2021.
Mentre la restante quota 2021 (43,5 mln), ripartita a livello regionale in base ai criteri riportati di seguito, sarà erogata direttamente dal ministero istruzione ai Comuni, indicativamente a gennaio 2022.

– 50%, € 13.500.000,00, in proporzione gli utenti dei servizi educativi;
-25%, € 6.750.000,00, in proporzione alla popolazione residente in età compresa tra 0 e 3 anni all’1.1.2021;
-12,5%, € 3.375.000,00, in proporzione alla popolazione residente in età compresa tra 3 e 6 anni all’1.1.2021;
-12,5%, € 3.375.000,00, in proporzione agli iscritti alle scuole

Per quanto riguarda invece i criteri e percentuali di riparto per le annualità 2022 e 2023, le risorse come prassi saranno erogate direttamente ai Comuni dal ministero a seguito della programmazione regionale, secondo i seguenti criteri:

20% (€ 61.800.000,00) delle risorse complessive, per perseguire il riequilibrio dei servizi educativi per l’infanzia nei territori in cui sussiste maggior divario negativo rispetto alla media nazionale (26,9%) dei posti dei servizi educativi disponibili rispetto alla popolazione 0/3 anni (dati Istat 30.06.2021);
40% (€ 123.600.000,00), delle risorse complessive, in proporzione agli utenti dei servizi educativi (dati Istat 31.12.2019);
20% (€ 61.800.000,00) delle risorse complessive, in proporzione alla popolazione residente si età compresa nella fascia 0/3 all’01.01.21;
10% (€30.900.000,00) delle risorse complessive, in proporzione alla popolazione residente di età compresa tra 3/6 all’01.01.21;
10%(€ 30.900.000,00, delle risorse complessive, in proporzione agli iscritti scuole infanzia comunali e private paritarie.
Si ricorda che da quest’anno, come da proposta Anci al piano quinquennale 2021-2025 sono previsti tavoli territoriali istituiti con decreto degli USR, di confronto tra Regione, Comuni e Ministero con compiti di coordinamento e monitoraggio dell’attuazione del Piano, oltre a presentare al Ministero criticità relative alla predisposizione della programmazione.

Decreto piano pluriennale 
Decreto riparto 2021
Intesa 2022-2023
Riparto-2022
Riparto-2023
Allegati-fondo

Agenzia delle entrate, Ripresa delle attività di riscossione: i nuovi termini di pagamento

Il 31 agosto 2021 è terminato il periodo di sospensione dell’attività di riscossione previsto dal Decreto Sostegni-Bis (DL n. 73/2021). A partire dal 1° settembre 2021, l’Agente della riscossione riprende l’attività di notifica di cartelle, avvisi di addebito e avvisi di accertamento e le ordinarie procedure di riscossione, incluse quelle derivanti dalle verifiche effettuate dalle PA ai sensi dell’art. 48-bis del D.P.R. 602/73.

Pagamento cartelle, avvisi di addebito e accertamento
Differimento al 31 agosto 2021 del termine “finale” di sospensione per il versamento di tutte le entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento affidati all’Agente della riscossione.
I pagamenti dovuti, riferiti al periodo dall’8 marzo 2020 (*) al 31 agosto 2021, dovranno essere effettuati entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione e, dunque, entro il 30 settembre 2021.

Attività di notifica e pignoramenti
Sospensione fino al 31 agosto 2021 delle attività di notifica di nuove cartelle, degli altri atti di riscossione nonché delle procedure di riscossione, cautelari ed esecutive, che non potranno essere iscritte o rese operative fino alla fine del periodo di sospensione. Sono altresì sospesi fino al 31 agosto gli obblighi derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati, prima della data di entrata in vigore del decreto Rilancio (19/5/2020), su stipendi, salari, altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, nonché a titolo di pensioni e trattamenti assimilati; le somme oggetto di pignoramento non sono, pertanto, sottoposte ad alcun vincolo di indisponibilità ed il soggetto terzo pignorato deve renderle fruibili al debitore; ciò anche in presenza di assegnazione già disposta dal giudice dell’esecuzione. Cessati gli effetti della sospensione, e quindi a decorrere dal 1° settembre 2021, riprenderanno ad operare gli obblighi imposti al soggetto terzo debitore (e quindi la necessità di rendere indisponibili le somme oggetto di pignoramento e di versamento all’Agente della riscossione fino alla concorrenza del debito).

Definizione agevolata
Per i contribuenti in regola con il pagamento delle rate 2019, il mancato, insufficiente o tardivo versamento di quelle in scadenza per l’anno 2020 non determina la perdita dei benefici della Definizione agevolata, se le stesse verranno integralmente corrisposte entro il:
31 luglio 2021, per la rata in scadenza il 28 febbraio 2020 della “Rottamazione-ter” e della “Definizione agevolata delle risorse UE” e a quella in scadenza il 31 marzo 2020 del “Saldo e stralcio” (sono previsti cinque giorni di tolleranza. Il pagamento dovrà, quindi, essere avvenuto entro il 9 agosto 2021);
31 agosto 2021, per la rata in scadenza il 31 maggio 2020 della “Rottamazione-ter” e della “Definizione agevolata delle risorse UE” (sono previsti cinque giorni di tolleranza. Il pagamento dovrà, quindi, essere avvenuto entro il 6 settembre 2021);
30 settembre 2021, per la rata in scadenza il 31 luglio 2020 della “Rottamazione-ter”, del “Saldo e stralcio” e della “Definizione agevolata delle risorse UE” (sono previsti cinque giorni di tolleranza. Il pagamento dovrà, quindi, avvenire entro il 5 ottobre 2021);
31 ottobre 2021, per la rata in scadenza il 30 novembre 2020 della “Rottamazione-ter” e della “Definizione agevolata delle risorse UE” (sono previsti cinque giorni di tolleranza. Il pagamento dovrà, quindi, avvenire entro il 5 novembre 2021).
Per il pagamento entro questo nuovo termine di scadenza sono ammessi i cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018.

Scadenza pagamenti rate 2021
Differimento al 30 novembre 2021 del termine “ultimo” per il pagamento delle rate in scadenza nel 2021 relative alla “Rottamazione-ter”, al “Saldo e stralcio” e alla “Definizione agevolata delle risorse UE”.
In particolare, per i contribuenti in regola con il pagamento delle rate 2020, il mancato, insufficiente o tardivo versamento delle rate in scadenza per l’anno 2021, non determina la perdita dei benefici della Definizione agevolata se le stesse verranno corrisposte entro il 30 novembre 2021.
Per il pagamento entro questo nuovo termine di scadenza sono ammessi i cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018.
Entro il 30 novembre 2021, quindi, dovranno essere corrisposte integralmente:
– le rate della “Rottamazione-ter” e della “Definizione agevolata delle risorse UE”, scadute il 28 febbraio, il 31 maggio e il 31 luglio 2021;
– le rate del “Saldo e stralcio” scadute il 31 marzo e il 31 luglio 2021.
Resta confermata la scadenza del 30 novembre 2021 per il pagamento della quarta rata in scadenza nell’anno 2021 della “Rottamazione-ter” e della “Definizione agevolata delle risorse UE”.

Pagamenti delle PA superiori a 5000 euro
Sospensione dall’8 marzo 2020 al 31 agosto 2021 delle verifiche di inadempienza che le Pubbliche Amministrazioni e le società a prevalente partecipazione pubblica devono effettuare, ai sensi dell’art. 48 bis del DPR 602/1973, prima di disporre pagamenti – a qualunque titolo – di importo superiore a cinquemila euro. La sospensione è decorsa dal 21 febbraio 2020 per i soli contribuenti che, alla medesima data, avevano la residenza, la sede legale o la sede operativa nei comuni della c.d. “zona rossa” (allegato 1 del DPCM 1° marzo 2020).
Sono prive di qualunque effetto anche le verifiche disposte prima del 19/5/2020 (data di entrata in vigore del DL n. 34/2020), se l’Agente della riscossione non aveva notificato il pignoramento ai sensi dell’art. 72 bis del DPR n. 602/1973.
Per le somme oggetto di tali verifiche, le Pubbliche Amministrazioni e le società a prevalente partecipazione pubblica possono quindi procedere al pagamento in favore del beneficiario. (Fonte Agenzia delle entrate).

Sanzione amministrativa per omessa o tardata denuncia di infortunio: chiarimenti Inail

Con la circolare n. 24 del 9 settembre 2021 l’INAIL riepiloga la disciplina prevista dalla normativa vigente in tema di obbligo di denuncia a fini assicurativi per gli infortuni prognosticati non guaribili entro tre giorni ai sensi dell’articolo 53 del d.P.R. 1124 del 1965 e fornisce chiarimenti sul regime sanzionatorio, a seguito di alcune incertezze manifestate dalle strutture territoriali.

L’articolo 53, comma 1, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, stabilisce che il datore di lavoro deve presentare all’INAIL la denuncia per tutti gli infortuni accaduti ai lavoratori che siano prognosticati non guaribili entro tre giorni, indipendentemente da ogni valutazione circa la loro indennizzabilità.

La denuncia dell’infortunio deve essere presentata esclusivamente tramite gli appositi servizi telematici entro due giorni da quello in cui il datore di lavoro ne ha avuto notizia e deve essere corredata dei riferimenti al certificato medico già trasmesso all’INAIL dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio. Per gli infortuni mortali e gli infortuni per i quali ricorre pericolo di morte, la denuncia deve essere effettuata entro ventiquattro ore dall’infortunio. I datori di lavoro per gli infortuni accaduti ai lavoratori domestici e ai datori di lavoro non imprenditori per gli infortuni occorsi ai lavoratori occasionali, invece, devono inviare la denuncia tramite Pec alla sede Inail competente, o se sprovvisti di Pec, per posta.

Il giorno iniziale da cui decorre il termine di due giorni per la presentazione della denuncia di infortunio è quello successivo alla data in cui il datore di lavoro ha ricevuto dal lavoratore il numero identificativo del certificato di infortunio trasmesso all’INAIL dal medico o dalla struttura sanitaria che presta la prima assistenza, nel quale sono specificati la data di rilascio e i giorni di prognosi. Per gli infortuni inizialmente prognosticati guaribili entro tre giorni da quello dell’infortunio (franchigie), per i quali la prognosi si prolunga al quarto giorno, il termine per la denuncia decorre dal giorno successivo alla data di ricezione dei riferimenti dell’ulteriore certificazione medica di infortunio che accerta la mancata guarigione nei termini di franchigia.

La violazione dell’obbligo di presentare la denuncia di infortunio rientra nell’ambito di applicazione della diffida obbligatoria di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.

In caso di ottemperanza alla diffida il trasgressore o l’eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento della sanzione “minima” di 1.290,00 euro (sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge). Il pagamento estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell’effettiva ottemperanza alla diffida stessa.

Gli illeciti oggetto di diffida, qualora il trasgressore o l’obbligato in solido non provvedano alla regolarizzazione e al pagamento della sanzione “minima” entro il termine di quindici giorni, possono essere estinti con il pagamento della sanzione in misura ridotta di 2.580,00 euro, pari al doppio del minimo della sanzione edittale, ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Il pagamento deve essere fatto tramite il modello F23 utilizzando i codici tributo appositamente previsti.
Qualora il trasgressore, invece, non provveda a sanare l’illecito e a pagare entro i termini previsti la sanzione ridotta, è fatto immediatamente rapporto al competente Ispettorato territoriale del lavoro, il quale provvede all’emissione dell’ordinanza – ingiunzione e alla gestione delle fasi successive.
Dal 12 ottobre 2017 sono entrati in vigore gli obblighi previsti dall’articolo 18, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 in materia di comunicazione degli infortuni a fini statistici e informativi al Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP). L’interesse tutelato dal suddetto articolo 18 è chiaramente diverso da quello perseguito dall’articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 a presidio del quale sono previste apposite sanzioni, così come diversi sono gli organi legittimati a contestare le violazioni. Sono diversi anche gli stessi importi delle sanzioni amministrative ricollegate alle condotte antigiuridiche previste dalle norme e diversa è la destinazione dei relativi proventi. La circolare sottolinea l’autonomia dei procedimenti sanzionatori correlati all’accertamento della violazione delle diverse norme che stabiliscono gli obblighi di denuncia degli infortuni ai fini assicurativi e gli obblighi di comunicazione degli infortuni ai fini statistici e informativi, in virtù dello specifico ambito di applicazione previsto dalle medesime norme.