Galleggiamento Segretari, i chiarimenti dell’ARAN

Con l’orientamento applicativo AFL42, l’ARAN fornice altre precisazioni sul cd. “galleggiamento” dei segretari, evidenziando che il confronto deve essere effettuato tra le retribuzioni di posizione del segretario e quella della dirigenza o della posizione organizzativa più elevata, tenendo conto dell’effettivo valore (e non di quello teorico) stabilito per queste ultime, così come realmente riconosciuto e corrisposto al dirigente o al funzionario incaricato della posizione organizzativa. Ai sensi dell’art. 41, comma 5, del CCNL dei Segretari e comunali e provinciali del 17/05/2001 (disciplina confermata dall’art. 111, comma 1, lett. B), primo alinea del CCNL del 17/12/2020, si deve considerare esclusivamente la retribuzione di posizione stabilita per la funzione dirigenziale più elevata nell’ente, in base al contratto collettivo della dirigenza, o, negli enti privi di dirigenza, a quella del personale incaricato della più elevata posizione organizzativa. La formulazione della norma consente di affermare che la retribuzione di posizione da prendere in considerazione è solo ed esclusivamente quella prevista dal CCNL della dirigenza attualmente in vigore.
Ove, pertanto, sia stata data applicazione alle previsioni dell’art. 27, comma 5, del CCNL del 23/12/1999 (nel rispetto dei presupposti applicati ivi previsti) e sia stato riconosciuto, per alcune funzioni dirigenziali, un importo di retribuzione di posizione superiore al valore massimo contrattualmente previsto, del valore più elevato dovrà tenersi conto anche ai fini del galleggiamento.
Per le medesime ragioni, dovrà tenersi conto, ai fini del calcolo del “galleggiamento”, anche dell’incremento annuo lordo di Euro 409,50, ex art. 54, comma 4 del CCNL del 17/12/2020, della retribuzione di posizione dirigenziale presa a riferimento per il suddetto calcolo. Ciò anche nel caso in cui tale retribuzione risultasse superiore al limite contrattuale, in applicazione delle richiamate previsioni di cui all’art. 27, comma 5, del CCNL del 23/12/1999.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Nessuna incompatibilità tra la carica di assessore comunale e l’incarico di P.O. presso la Provincia

Con la delibera n. 580 del 28 luglio 2021, l’ANAC ha chiarito che non sussiste l’ipotesi di incompatibilità di cui all’art. 12, comma 4 lettera b) del d.lgs. n.39/2013 qualora il titolare di una posizione organizzativa, non assimilabile ad incarico dirigenziale, presso una amministrazione provinciale assuma la carica di componente della giunta di un comune nella stessa regione. La disciplina in esame, di cui all’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 39/2013, prevede che: “Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello provinciale o comunale sono incompatibili […] b) con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti […] ricompresi nella stessa regione dell’amministrazione locale che ha conferito l’incarico”.
Al fine di accertare la sussistenza di violazioni dell’art. 12 del d.lgs. n. 39/2013 in materia di incompatibilità, occorre valutare se l’incarico di posizione organizzativa conferito presso l’Ente sia assimilabile ad un incarico dirigenziale, in base alla definizione dell’art. 1, comma 2, lettera j) del d.lgs. n. 39/2013. Per incarichi dirigenziali interni, secondo quanto stabilito dall’art. 1, comma 2, lettera j), del d.lgs. n. 39/2013, si intendono “gli incarichi di funzione dirigenziale, comunque denominati, che comportano l’esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione, nonché gli incarichi di funzione dirigenziale nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione, conferiti a dirigenti o ad altri dipendenti, ivi comprese le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, appartenenti ai ruoli dell’ amministrazione che conferisce l’incarico ovvero al ruolo di altra pubblica amministrazione”. Proprio in merito all’applicabilità del d.lgs. n. 39/2013 anche ai titolari di posizioni organizzativa in un ente locale, l’ANAC si è già espressa su una fattispecie assimilabile, con l’orientamento n. 4 del 15 maggio 2014, riformulato in data 19 marzo 2015, a tenore del quale: «Sussiste l’incompatibilità, ai sensi dell’art. 12, comma 4 lett. b) del d.lgs. n. 39/2013, tra l’incarico di posizione organizzativa in un ente locale, conferito ai sensi dell’art. 109, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000 e la carica di componente della giunta o dell’assemblea della forma associativa di cui il medesimo ente locale fa parte, in quanto tale incarico è qualificabile come incarico di funzioni dirigenziali a personale non dirigenziale, fatta salva l’ipotesi che il conferimento dello stesso sia avvenuto prima dell’entrata in vigore del citato decreto 39, secondo quanto stabilito dall’art. 29-ter del d.l. n. 69/2013». L’orientamento sopra richiamato fa esplicito riferimento ad una P.O. conferita ai sensi dell’art. 109, co. 2, del TUEL, assimilabile ad un incarico dirigenziale.
Nel caso in cui, invece, l’incarico sia riconducibile alla tipologia di cui all’art. 13 co. 1 lett. b) del CCNL 2016-201 (ossia: “lo svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità, comprese quelle comportanti anche l’iscrizione ad albi professionali, richiedenti elevata competenza specialistica acquisita attraverso titoli formali di livello universitario del sistema educativo e di istruzione oppure attraverso consolidate e rilevanti esperienze lavorative in posizioni ad elevata qualificazione professionale o di responsabilità, risultanti dal curriculum. Tali posizioni possono essere assegnate esclusivamente a dipendenti classificati nella categoria D, sulla base e per effetto di un incarico a termine conferito in conformità all’art. 14.”) e non ai sensi dell’art. 109, comma 2, del TUEL, lo stesso non integra la fattispecie di incompatibilità di cui alla lettera b) del comma 4 dell’art. 12 del d.lgs. 39/2013.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

I criteri di ripartizione delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa

Il primo compito del contratto integrativo si identifica con la esatta individuazione dei criteri per “distribuire” le risorse disponibili tra le diverse finalità di utilizzo, tenendo conto delle caratteristiche delle stesse. Si tratta di un compito di grande rilevanza che richiede equilibrio e senso di responsabilità da parte delle due delegazioni trattanti. Il vincolo della contrattazione integrativa, quindi, si può ritenere sussistente solo in relazione ai criteri di ripartizione delle risorse complessivamente disponibili presso l’ente tra i diversi istituti e le diverse finalità di spesa previste dall’art.68 del CCNL del 21.5.2018. Tuttavia, non può non evidenziarsi come i “criteri contrattati”, di cui all’art. 7, comma 4, lett. a) del CCNL del 21.5.2018, debbano comunque essere, successivamente, anche applicati concretamente in modo da offrire alle parti negoziali decentrate il quadro delle effettive risorse (stabili o variabili) a disposizione e perciò destinabili al finanziamento di ciascuna delle tipologie del trattamento accessorio previste dalla disciplina contrattuale. Ciò che rileva, quindi, è che, pur non indicandosi i valori numerici relativi a ciascuna voce di utilizzo, i criteri contrattati devono essere esplicitati in modo tale da consentire, comunque, di avere contezza delle somme spendibili per ciascuna finalità. In tal senso, appare possibile, ad esempio, indicare i valori percentuali in luogo di valori assoluti. È quanto evidenziato dall’ATAN, nell’orientamento applicativo CFL133 del 6 settembre 2021.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Funzione Pubblica, collocamento a riposo per raggiunti limiti di età

Nel caso di un dipendente che al compimento dei 65 anni di età abbia già maturato il requisito contributivo per l’accesso alla pensione anticipata, l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro d’ufficio al compimento di tale età, fatta salva la decorrenza della finestra mobile. È il parere espresso dal Dipartimento della Funzione Pubblica, parere n. 54733 del 18/08/2021, in merito all’obbligatorietà del collocamento a riposo a 65 anni di età per il dipendente che abbia raggiunto i requisiti contributivi per l’accesso alla pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contribuzione).
Il Dipartimento ricorda che la disciplina generale prevede che i dipendenti pubblici soggiacciano alla vigenza dei limiti di età per la permanenza in servizio dei rispettivi ordinamenti. Tale limite è determinato al compimento dei 65 anni di età, come previsto, per i dipendenti dello Stato, dall’articolo 4 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 e, per i dipendenti degli enti pubblici, dall’articolo 12 della legge 20 marzo 1975, n. 70; tale limite è, inoltre, applicabile in via analogica anche alle altre categorie di dipendenti, in mancanza di diversa indicazione normativa.
Con la circolare n. 2 del 2015 del Ministro pro tempore per la pubblica amministrazione, avente ad oggetto la soppressione del trattenimento in servizio e la modifica della disciplina della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, sono state fornite dettagliate indicazioni sull’operatività di tale limite di età, fornendo alle amministrazioni pubbliche gli indirizzi applicativi in relazione alle diverse possibilità concrete (si segnala, in particolare, il contenuto del paragrafo 2.3 della suddetta circolare). A questo proposito, si rappresenta che il legislatore, all’articolo 2, comma 5, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, ha voluto sottolineare, attraverso una disposizione di interpretazione autentica, che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d’ufficio, non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e “costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione.”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION