Corte dei conti, vincoli all’acquisizione di partecipazioni in società in perdita

La Corte dei conti, Sez. FVG, con deliberazione n. 31/2021, fornisce riscontro ad una istanza di parere, formulata da un Comune, in ordine alla possibilità di acquisire una partecipazione societaria alla luce della disciplina del D.Lgs n. 175/2016 (Testo Unico in materia di società partecipate), già interamente partecipata da altri enti pubblici, per una percentuale inferiore allo 0,25% del capitale sociale. L’acquisizione sarebbe strumentale al successivo affidamento in house del servizio di teleriscaldamento. Nel rappresentare che la società ha registrato una perdita di esercizio nel 2019, e probabilmente anche nel 2020 (attribuibile a fattori contingenti e non strutturali quali la congiuntura economica derivante dalla pandemia, nonché un rilevante guasto presso un impianto risolto all’inizio del 2021), l’Ente chiede di sapere se tale situazione possa costituire fattore ostativo alla prospettata acquisizione.
La Sezione ricorda, preliminarmente, come il ricorso al modello societario sia consentito entro il perimetro e i limiti dei compiti istituzionali e degli ambiti strategici per la tutela di interessi pubblici rilevanti o per la gestione di servizi di interesse generale. L’art. 4 del TUSP, infatti, fornisce una clausola generale di divieto per le pubbliche amministrazioni di costituire (ma ciò vale anche per l’acquisizione e/o il mantenimento di partecipazioni societarie) società aventi ad oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, l’opzione societaria rappresenta fondamentalmente una scelta discrezionale dell’ente, la nuova disciplina normativa ha posto in capo alle amministrazioni precisi vincoli anche dal lato procedurale sotto il profilo dell’onere motivazionale. Così anche l’art. 5 che dispone e declina la metodologia di analisi costi e benefici a giustificazione del ricorso allo strumento societario e della sua compatibilità finanziaria, volta ad evidenziare l’esigenza del rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Ne consegue che l’acquisto di una partecipazione in perdita strutturale non appare operazione in linea con gli orientamenti normativi e giurisprudenziali in tema di partecipate pubbliche e non sarebbe coerente con i canoni di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Proprio dagli oneri di motivazione analitica sulla sostenibilità economica che può desumersi “l’incompatibilità tra il ricorso allo strumento societario e risultati economici sistematicamente negativi, principio rafforzato alla luce dell’introduzione dei divieti di finanziamento, da parte dell’art. 6, comma 19, D.L. n. 78/2010, convertito con legge n. 122/2010, ed oggi dell’art. 14, comma 5, del Testo Unico, che, precludendo il sovvenzionamento di società in perdita strutturale, impone, a monte, una valutazione di convenienza economica sul mantenimento della partecipazione. In conclusione, alla luce di quanto esposto in fatto e diritto è l’Ente locale, in aderenza ai principi di contabilità pubblica, che dovrà verificare che dalla partecipazione non risulti un depauperamento del patrimonio comunale, in considerazione dell’utilità che l’Ente ha rispetto ai fini istituzionali e a quelli che l’Ente stesso e la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio essenziale pubblico. È rimessa, pertanto, al Comune, in esito alla propria attività istruttoria la valutazione della fattispecie concreta e dell’effettiva situazione societaria nonché ogni conseguente determinazione in ordine all’esercizio del proprio potere discrezionale e amministrativo.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Agenzia delle Entrate, recupero maggiore IVA versata mediante il meccanismo dello split payment

In tema di recupero della maggiore IVA split versata da parte degli enti locali, l’Agenzia delle entrate, con la Risposta n. 424/2021, ha evidenziato che l’Ente committente, destinatario di una fattura emessa ai sensi dell’articolo 17-ter del decreto IVA, in relazione alla quale opera, appunto, la scissione dei pagamenti, non assumendo la qualifica di debitore d’imposta, non ha facoltà di variare autonomamente l’imposta addebitatagli in rivalsa, restando tale facoltà rimessa al cedente e/o prestatore nel presupposto che sarebbe quest’ultimo a rispondere dell’errore laddove fosse in seguito accertata una errata applicazione delle aliquote. Nel caso di specie, l’Ente istante nel rappresenta che per le fatture ricevute negli anni 2018-2019, per l’esecuzione di alcuni lavori, poteva applicarsi l’IVA al 10% anziché al 22%, ha chiesto come recuperare la maggiore imposta versata con riferimento alle fatture ricevute per le quali non è più possibile fare ricorso all’articolo 26 del DPR 633/1972 per l’emissione di note di variazione. L’Agenzia osserva che spetta al solo cedente/prestatore la facoltà di avvalersi dello strumento della nota di credito per rettificare l’IVA erroneamente addebitata. Tale assioma, peraltro, non è inciso dalla circostanza che, nel caso di specie, l’operazione è regolata mediante il meccanismo della scissione dei pagamenti (c.d. split payment), disciplinato dall’articolo 17-ter del decreto IVA. Con riferimento alle fatture per le quali il fornitore non ha più facoltà di emettere le note di variazione, essendo ormai decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione il medesimo, laddove intenda recuperare la maggiore imposta addebitata per rivalsa, può attivare la procedura di rimborso di cui all’articolo 30-ter, comma 1, del decreto IVA. Tuttavia, essendo stata la maggiore imposta versata mediante il meccanismo dello split payment, l’Agenzia è dell’avviso che il fornitore debba indicare nell’istanza come beneficiario del rimborso, se spettante, l’Ente committente. In alternativa, laddove la richiesta di rimborso sia presentata direttamente dall’Ente committente, l’istanza andrà sottoscritta anche dal fornitore, parimenti responsabile di un eventuale rimborso non spettante.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

UPI chiede al Governo soluzione su rimborsi addizionale energia elettrica

“Occorre che il Governo affronti e risolva l’emergenza che si è creata a seguito delle sentenze della Corte di Cassazione sull’addizionale provinciale per l’energia elettrica riferita agli anni dal 2010 al 2011: le richieste di rimborso a Province e Città metropolitane da parte delle aziende fornitrici di energia, che cercano così di risolvere il contenzioso con gli utenti, rischiano di aprire falle nei bilanci degli enti”.
Lo ha detto il rappresentante dell’UPI, Antonio Pompeo, Presidente della Provincia di Frosinone, al Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e alla Viceministra all’Economia, Laura Castelli, nella riunione della Conferenza Stato Città.
La Corte di Cassazione, infatti, ha in due sentenze specifiche dichiarato l’addizionale provinciale sull’energia elettrica addebitata nella bolletta elettrica negli anni 2010 e 2011 in contrasto con la normativa comunitaria: da qui sono nati contenziosi tra le società fornitrici di energia elettrica e utenti finali che ne chiedono la restituzione.
Per questo le società fornitrici di energia elettrica si apprestano a chiedere a loro volta alle Province o Città metropolitane quanto a suo tempo versato a titolo di addizionale provinciale.
“Province e Città Metropolitane – ha sottolineato il rappresentante UPI – rischiano di dover accantonare prudenzialmente somme in bilancio e di dovere avviare lunghi e complessi contenziosi tributari con le società fornitrici di energia elettrica. Si tratta di esborsi ingenti: per le sole Province e Città metropolitana della Lombardia, a fronte di un incasso di quasi 345 milioni, gli enti si vedrebbero richiedere non meno di 135 milioni. È evidente che serve una soluzione che accompagni e sostenga le istituzioni coinvolte”.

 

Memoria della Corte dei conti sulla Governance del PNRR

La Corte dei conti ha presentato alle Commissioni Riunite I (Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) e VIII (Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici) della Camera dei Deputati una propria Memoria sul decreto-legge n. 77/2021 recante “Governance del piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.
Nel documento le Sezioni riunite in sede di controllo affrontano i temi relativi a: caratteristiche del sistema Next Generation Ue e della Recovery and Resilience; Facility nel quadro complessivo dei fondi europei; Governance istituzionale ed amministrativa; ruolo del MEF; attuazione degli interventi previsti dal PNRR; responsabilizzazione delle amministrazioni; accelerazione degli investimenti; controllo, audit, anticorruzione e trasparenza; controllo esterno sulla gestione ed expertise della Corte dei conti italiana.
Nelle proprie conclusioni la magistratura contabile rileva che: Il provvedimento – in coerenza, con quanto già previsto nel piano presentato al Parlamento e trasmesso in Europa il 30 di aprile – ridisegna un articolato e complesso sistema, il cui funzionamento concreto richiede una positiva interlocuzione nei rapporti tra Amministrazioni statali, in particolare, con il MEF e la Presidenza del Consiglio dei ministri, e con le Autonomie territoriali.
Appare infatti evidente che l’intera dinamica dei rapporti interni alle amministrazioni dovrà assicurare, al livello di strutture e personale, la migliore funzionalità degli apparati in termini di efficienza e di rispetto dei tempi e degli adempimenti richiesti dal PNRR. Un funzionamento ottimale richiede infatti sinergie soprattutto laddove si possano intrecciare i nuovi progetti con quelli attualmente in corso (sorretti da risorse solo nazionali già previste ad hoc). Tale flessibile interazione appare necessaria in particolare per la rapida acquisizione degli input e delle direttive governative. Particolare rilievo va dato alla tempestiva e completa trasmissione dei dati, la cui piena disponibilità costituisce il presupposto, secondo quanto richiamato dalle Linee guida dello scorso 22 gennaio 2021 per la predisposizione dei PNRR da parte degli Stati nazionali, per la programmazione, la gestione ed il controllo.
Tra i profili intersoggettivi meritano particolare attenzione i rapporti tra amministrazioni centrali ed enti territoriali in particolare con il ruolo della Conferenza così come con la partecipazione alla Cabina di regia. Alla nuova fisionomia organizzativa si accompagna infatti il ridisegno delle procedure di accelerazione delle procedure. In definitiva la portata fortemente innovativa del dispositivo europeo richiede per la sua attuazione insieme al corretto funzionamento dei nuovi apparati anche un cambiamento culturale nella stessa impostazione dell’attività amministrativa e gestionale.
Il nuovo approccio privilegiato dal PNRR prevede l’introduzione di un sistema di standard di processo, strumenti, dati e informazioni, al fine di aumentare il livello di efficacia delle iniziative e, contestualmente, prevenire, rilevare e correggere irregolarità gravi e rafforzare.
La capacità di recupero delle risorse indebitamente erogate. Vanno in parallelo approfondite le modalità di utilizzazione e controllo delle risorse, le interrelazioni metodologiche, l’applicazione di strumenti pianificatori e di verifica e i correlati indicatori (cfr. art 29 regolamento UE cit.), gli stessi expertise maturate a livello nazionale e sovranazionale.
Il conseguimento di tali obiettivi appare dunque rimesso non tanto alla implementazione quantitativa, attraverso le previste assunzioni, da calibrare in relazione alle effettive necessità delle singole amministrazioni, quanto piuttosto o comunque in parallelo ad una costante rinnovata formazione. Appare necessario, infatti, approfondire le metodologie programmatorie gestionali e anche di tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea congiuntamente ai percorsi di riforma strutturale procedurale contenuti nello stesso provvedimento e nelle altre linee direttrici evolutive più recenti.
In questo sforzo del Governo e dell’Amministrazione la Corte non è certamente estranea, ma partecipa attivamente nel suo ruolo di presidio di legalità e di stimolo all’efficientamento degli apparati e delle procedure; di verifica imparziale del raggiungimento dei risultati; di costante informativa nei confronti dei competenti Organi rappresentativi. In tale prospettiva rilevano per un verso i raccordi con la Corte dei conti europea e per altro verso l’articolazione dell’Istituto, significativamente diffusa su base territoriale, e nel contempo unitariamente intesa a corrispondere anche alle nuove esigenze di controllo poste dalla evoluzione del sistema.

Elezioni consigli comunali per motivi diversi dalla scadenza del mandato

Il Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno, con Circolare n. 35/2021, inviata alla Prefetture, ricorda che in considerazione della situazione epidemiologica in atto, le elezioni dei consigli comunali e circoscrizionali previste per il turno annuale ordinario “di primavera” sono state previste, limitatamente all’anno in corso, in una data compresa tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021, come stabilito dal Decreto legge 5 marzo 2021 n. 25, coordinato con la Legge di conversione 3 maggio 2021 n. 58. In tale turno sono state inserite anche le elezioni nei comuni i cui organi devono essere rinnovati per motivi diversi dalla scadenza del mandato, se le condizioni che lo rendono necessario si verificano entro il 27 luglio 2021. Alle prossime consultazioni sono pertanto interessati i consigli comunali per i quali entro il predetto termine sia intervenuto il provvedimento di scioglimento, ai sensi dell’art. 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. In considerazione dell’approssimarsi della scadenza del termine richiamato, il Ministero invita le Prefetture a dare tempestiva comunicazione delle fattispecie perfezionate alla data del 23 luglio p.v. per le quali dovrà adottarsi il provvedimento di scioglimento dell’organo consiliare, con l ‘invio delle relative proposte. Ciò al fine di garantire il perfezionamento della procedura di scioglimento del consiglio comunale entro il termine ultimo del 27 luglio 2021, fissato dalla legge.