Corte dei conti, obbligo di dismissione delle quote societarie entro il 31 dicembre 2021

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 94/2021, in risposta ad una richiesta di parere in merito all’obbligo del rispetto del termine del 31 dicembre 2021 per la dismissione per alienazione delle quote societarie e alle azioni minime che debbano essere intraprese perché l’obbligo possa considerarsi ottemperato, ritiene che “l’art. 24, co. 5 bis, del d.lgs. 175/2016 abbia introdotto una deroga temporanea alla disciplina prevista dai commi 4 e 5, consentendo, a condizione che la società sia stata in utile nel triennio precedente alla ricognizione, di non procedere alla alienazione senza incorrere nelle conseguenze previste dal quinto comma dell’art. 24. Allo scadere del termine del 31 dicembre 2021 tornano ad applicarsi i commi 4 e 5 dell’art. 24 d.lgs. 175/2016, per cui, se la partecipazione non risulta alienata a tale data, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali e la partecipazione viene liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all’articolo 2437-ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all’articolo 2437-quater del codice civile”.
L’art. 24 del TUSP ha previsto, infatti, per una serie di partecipazioni societarie pubbliche, non in linea con i parametri di efficienza, l’obbligo di alienazione delle quote da parte delle Amministrazioni proprietarie, stabilendo che entro il 30 settembre 2017 ciascuna amministrazione pubblica effettui con provvedimento motivato la ricognizione (straordinaria) di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del T.U. (23 settembre 2016), individuando quelle che devono essere alienate, nel caso in cui:
– non siano riconducibili ad alcuna delle categorie previste dall’art. 4;
– non soddisfino i requisiti motivazionali e di compatibilità con la normativa europea di cui all’art. 5, rispettivamente, commi 1 e 2;
– ricadano nelle ipotesi per le quali l’articolo 20, comma 2, prevede la predisposizione di piani di riassetto finalizzati alla dismissione.
Entro un anno gli enti avrebbero dovuto completare le operazioni di alienazione individuate dal piano di ricognizione, anche nel caso di partecipazioni societarie acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali, con la conseguenza che, in caso di mancata alienazione entro tale termine, a norma dell’art. 24 co. 5, d. lgs. 175/2016, “il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all’articolo 2437-ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all’articolo 2437-quater del codice civile”.
La legge di bilancio 2019 (n. 145 del 2018), con l’introduzione del comma 5-bis all’art. 24 del TUSP ha previsto la disapplicazione, fino al 31 dicembre 2021, dei commi 4 (obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria) e 5 (divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni), nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione. Per queste società in utile, ai fini di tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, la norma ha autorizzato pertanto l’amministrazione pubblica a prolungare la detenzione delle partecipazioni societarie, introducendo una deroga temporanea che consente di non procedere alla alienazione senza incorrere nelle conseguenze previste dal quinto comma dell’art. 24. È, pertanto, evidente che, allo scadere del termine del 31 dicembre 2021, tornano ad applicarsi i commi 4 e 5 dell’art. 24 d.lgs. 175/2016, per cui, se la partecipazione non risulta alienata a tale data, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali e la partecipazione viene liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all’articolo 2437-ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all’articolo 2437-quater del codice civile.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Finanza pubblica, Corte conti: accrescere il tasso di sviluppo e ridurre gradualmente il debito

Le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti hanno reso pubblico il Rapporto 2021 sul coordinamento della finanza pubblica. Il documento riprende i principali temi di finanza pubblica, con un’attenzione ai settori più coinvolti dalla crisi emergenziale e dalle misure adottate dal Governo per farvi fronte, approfondendo gli aspetti relativi a: andamenti e prospettive dell’economia e della finanza pubblica, con particolare attenzione per la dinamica del debito; alla politica fiscale con il dibattito sulla riforma dell’Irpef, su possibili revisioni della tassazione indiretta, riscossione e misure per incentivare l’utilizzo degli strumenti elettronici di pagamento, alla spesa e alle politiche sociali, sui risultati delle misure a sostegno delle imprese e delle scelte di investimento delle amministrazioni territoriali, anche in chiave “green”, come previsto dal PNRR.
Per la Corte “le prospettive di breve e medio termine delineate nel DEF appaiono alla portata del nostro Paese”: infatti, dopo la marcata caduta accusata dall’economia italiana, passata dal +0,3 % di crescita del PIL nel 2019 al – 8,9 % del 2020, le stime del Documento di economia e finanza presentato ad aprile prevedono per l’anno in corso un aumento del 4,5% del PIL con un recupero di quasi la metà del terreno perduto. “La scommessa implicita è sulla crescita potenziale”, scrive la magistratura contabile, che potrà essere significativamente innalzata grazie ai programmati investimenti pubblici, ma che non sarebbe solida e duratura se non facesse leva sul ritorno vigoroso delle iniziative imprenditoriali; infatti, “i dati mostrano che ampi spazi di recupero vi sono anche per gli investimenti privati” grazie agli stimoli del PNRR. Vanno, al riguardo, superate le fragilità che caratterizzano la nostra economia con le attese riforme strutturali e la capacità di fare nuovi investimenti all’insegna della sostenibilità infrastrutturale ed ambientale.
Soffermandosi sui conti pubblici, la Corte osserva che “Le misure discrezionali, insieme alle minori entrate e maggiori spese indotte dalla crisi (i c.d. stabilizzatori automatici), hanno portato nel 2020 ad un crollo del saldo primario, passato da un avanzo dell’1,8 % ad un valore negativo di -6 %. Ciò si è riflesso sull’indebitamento netto che, con un aumento di 7,9 punti, si è collocato al 9,5 % del PIL. Il rapporto fra il debito pubblico e il prodotto è aumentato al 155,8%, con un incremento di 21,2 punti percentuali (era al 134,6 a fine 2019). Ma, ammoniscono le Sezioni riunite, sarà possibile rimettere in moto il Paese solo creando un contesto più trasparente ed efficiente con le riforme su giustizia, pubblica amministrazione, ammortizzatori sociali e fisco, al fine di attrarre imprese e capitali esteri, di offrire occasioni di lavoro ai giovani e di dare un consistente impulso alla lotta contro l’evasione fiscale per assicurare contestualmente una crescita del rapporto entrate su PIL e una riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese.
Quanto al debito pubblico, per la sua necessaria, graduale, riduzione, prevista a partire dal 2022, sarà fondamentale che siano preservati tassi di interesse contenuti, per garantire i quali, rileva la Corte, è “cruciale la credibilità degli impegni affinché si minimizzi lo spread che va a sommarsi al tasso di interesse di fondo”; solo così potrà essere garantito “un favorevole sentiero prospettico per il costo medio”. “Altrettanto rilevante, se non di più, è l’impegno affinché il debito pubblico non si traduca in una riduzione dello stock complessivo di capitale nell’economia ma, al contrario, in una sua crescita. E ciò dipenderà, in grande misura, dalle caratteristiche qualitative degli investimenti programmati del PNRR”. Anche il confronto con precedenti episodi storici di riduzione dell’esposizione debitoria sul prodotto, di cui si dà conto nel Rapporto, indica che il graduale rientro dal debito potrà effettivamente avvenire solo all’interno di un quadro di crescita molto più vivace di quello conosciuto negli ultimi decenni; ma che al contempo sarà difficile che possa prodursi senza un ritorno, superata la crisi pandemica, ad un sostenibile avanzo primario.
Il Rapporto descrive, inoltre, criticità e possibili linee di riforma in tema di revisione dell’Irpef, avvertendo che le ipotesi d’intervento sul tema dovranno guardare all’efficienza e all’equità del sistema tributario nel suo complesso, considerando forme di ricomposizione del contributo dei prelievi diretti e indiretti. Indipendentemente dal modello di base imponibile che si vorrà adottare, la Corte sottolinea che non possono essere trascurati gli obiettivi strategici rappresentati da un lato dal contrasto all’evasione (che rimane a tutt’oggi il più rilevante vulnus all’equità orizzontale e verticale) e dall’altro dal processo di semplificazione, sia per ciò che riguarda la base imponibile, le aliquote e le innumerevoli spese fiscali presenti, sia per gli aspetti procedimentali, quali dichiarazioni, versamenti, rimborsi e, in generale, tutto ciò che attiene al rapporto con il contribuente.
Infine, il dato sulla spesa per prestazioni sociali in denaro (399,4 miliardi nel 2020) rappresenta una delle voci del bilancio pubblico che meglio esprimono lo sforzo dell’ultimo anno per mitigare gli effetti della pandemia. La forte espansione di tale componente di spesa pubblica, in parte non trascurabile di natura permanente, conferma che sarà necessario nei prossimi anni assicurare un quadro di sostenibilità.
A consuntivo, la spesa sanitaria ha raggiunto i 123,5 miliardi, con un incremento del 6,7 % rispetto al 2019. Gli approfondimenti delle singole voci di costi e di ricavi mettono in rilievo le differenti modalità con cui le regioni hanno risposto alla crisi. Le analisi segnalano anche l’eredità negativa in termini di mancate prestazioni sia a livello ospedaliero che ambulatoriale; un fenomeno che riguarda tutte le regioni e su cui poco hanno potuto fare, per ora, gli interventi finanziari introdotti. Occorrerà mantenere elevata l’attenzione sul tema delle risorse da destinare al settore.
Emerge con certezza dal monitoraggio, infine, che gli enti locali hanno progressivamente intensificato la numerosità degli interventi attivati: l’80,4% delle opere totali monitorate relative al periodo 2012 – 2020, per un finanziamento di oltre 69 miliardi a fronte di un valore di progetti di investimento pari a 145 miliardi. Questi elementi consentono di valutare positivamente la scelta di affidare loro una quota importante delle risorse del PNRR, anche se non vanno sottovalutati alcuni fattori di debolezza. Sarà importante in tal senso l’impatto che le misure per la digitalizzazione e l’innovazione della P.A. avranno sulle amministrazioni locali, nonché le azioni di semplificazione, accelerazione e liberalizzazione delle procedure.

Unioni di comuni e comunità montane, contributi per i servizi gestiti in forma associata nell’anno 2021

Il Ministero dell’interno, con comunicato del 31 maggio 2021, informa che decreto del Ministero dell’interno dell’11 maggio 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 maggio 2021, n. 118, è stata approvata la modalità di certificazione relativa alla comunicazione dei dati da parte delle unioni di comuni e delle comunità montane per l’attribuzione dei contributi erariali connessi ai servizi gestiti in forma associata nell’anno 2021.
La presentazione della certificazione non è obbligatoria per gli enti locali non interessati e, pertanto, non deve essere trasmessa se negativa. Restano, comunque, esclusi dalla trasmissione del modello le unioni di comuni e le comunità montane facenti parte delle regioni Friuli Venezia-Giulia e Trentino Alto-Adige nonché quelle appartenenti alle province autonome di Trento e Bolzano.
La trasmissione della certificazione avverrà in modalità telematica attraverso il Sistema Certificazioni Enti Locali del sito WEB della finanza locale.
Tale modalità risponde, infatti, alle disposizioni in materia di dematerializzazione delle procedure amministrative della Pubblica Amministrazione che prevedono, tra l’altro, la digitalizzazione dei documenti, l’informatizzazione dei processi di acquisizione degli atti e la semplificazione dei medesimi processi di acquisizione.
La richiesta da parte degli enti interessati dovrà essere formulata al Ministero dell’interno-Direzione Centrale per la Finanza Locale, tramite il “Sistema di trasmissione delle certificazioni degli enti locali” (AREA CERTIFICATI TBEL, altri certificati) nelle risorse correlate.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION