La Corte dei conti, Sez. Sardegna, con Deliberazione n. 33/2021, ha evidenziato che i maggiori oneri fiscali cui il comune deve far fronte a seguito dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate devono essere considerati passività pregresse e non debiti fuori bilancio, giacché non sono stati causati dall’assenza dell’impegno di spesa, ma da fattori estrinseci e, in larga parte, imprevedibili (in quanto derivanti dalla controversa interpretazione della normativa in materia di aliquota IVA agevolata). Nel caso di specie, il comune istante rappresenta di aver provveduto all’impegno ed al pagamento di tre fatture ad una ditta appaltatrice, versando altresì l’IVA sui relativi importi nella misura agevolata del 10%; tale misura, tuttavia, era stata successivamente contestata dall’Agenzia delle entrate, la quale aveva ritenuto che l’imposta stessa andasse corrisposta secondo la maggiore aliquota ordinaria. Conseguentemente, dovendo provvedere al versamento del conguaglio dell’imposta dovuta, il comune ha chiesto se tale conguaglio debba essere considerato alla stregua di una passività pregressa o debba invece essere inteso quale debito fuori bilancio, per il quale si appalesi necessario il riconoscimento ai sensi dell’art. 194 del TUEL. La Corte ricorda che le passività pregresse derivano da impegni contabili assunti regolarmente ma che non risultano sufficienti a far fronte alla spesa in modo integrale, quando essa viene ad evidenza. Esse si verificano allorché, all’esito dell’assunzione del formale impegno, taluni fatti imprevedibili, talvolta (ma non necessariamente) legati alla natura della prestazione, sfuggono sia alla voluntas che all’auctoritas del soggetto che ha assunto l’obbligazione per conto dell’ente, incidendo, appunto, sulla misura del costo. In conclusione, alle maggiori somme dovute l’ente potrà far fronte con l’ordinaria procedura di spesa (art. 191 TUEL) eventualmente ricorrendo alle opportune variazioni di bilancio qualora si rivelassero necessarie.