Contributi per la messa in sicurezza di edifici e del territorio anno 2021

Con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, in data 23 febbraio 2021, sono stati determinati i Comuni a cui spetta il contributo previsto dall’art.1, commi 139 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n.145, da destinare ad investimenti relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio. In particolare, per l’anno 2021, i contributi in questione ammontano complessivamente a euro 1.850.000.000,00.
Gli enti locali interessati hanno già provveduto a comunicare le richieste di contributo al Ministero dell’interno entro il termine perentorio del 15 settembre 2020. Esse – ai sensi del comma 141 della predetta legge n.145/2018 – possono essere “nel limite massimo di 1.000.000 di euro per i comuni con una popolazione fino a 5.000 abitanti, di 2.500.000 euro per i comuni con popolazione da 5.001 a 25.000 abitanti e di 5.000.000 di euro per i comuni con popolazione superiore a 25.000 abitanti.”
La procedura telematica, predisposta da questo Dipartimento, ha rilevato la presentazione di n.4.554 certificazioni per un totale di n.9.151 progetti ed una richiesta di risorse pari ad euro 5.081.354.870,43.
L’ammontare del contributo attribuito a ciascun ente è stato determinato con il citato decreto del 23 febbraio 2021, secondo il seguente ordine di priorità, previsto dalla normativa vigente:
a) investimenti di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico;
b) investimenti di messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti;
c) investimenti di messa in sicurezza degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e di altre strutture di proprietà dell’ente.
Il decreto interministeriale riporta tre allegati:
allegato 1 che contiene l’elenco di oltre 9.000 opere pubbliche, per le quali le richieste sono pervenute nei termini previsti;
allegato 2, che riporta l’elenco di n.8.176 opere ammesse;
allegato 3 che contiene l’elenco delle n.2.846 opere attualmente ammesse e finanziate, tutte comprese nella predetta categoria a): investimenti di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico. Gli enti locali beneficiari sono complessivamente n.1.912.
Si evidenzia che il comma 139-bis all’articolo 1 della citata legge n.145 del 2018 ha stabilito un ulteriore incremento delle predette risorse di 1.750 milioni di euro per l’anno 2022 “finalizzate allo scorrimento della graduatoria delle opere ammissibili per l’anno 2021”.
Altri 450 milioni di euro, infine, sono stati previsti per l’anno 2022 per il finanziamento di una nuova e diversa graduatoria, che sarà adottata a seguito di un’altra procedura, prossimamente da avviare.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

TARI e stabilimenti balneari

In tema di TARI, l’esclusione delle aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono adibite, non possono produrre rifiuti, non è automatica. Esiste, infatti, una presunzione “iuris tantum” di produttività che impone al detentore dell’area di provare le circostanze escludenti che devono, inoltre, essere dedotte nella “denuncia originaria” o nella “denuncia di variazione”. A tale conclusione è pervenuta la CTR Sardegna, Sentenza del 18/01/2021, n. 29/1 rifacendosi anche al recente orientamento espresso dalla Suprema Corte nella sentenza n. 31460/2019. Nel caso in esame, in assenza di prove documentali da parte del contribuente, a sostegno della propria richiesta, i giudici hanno ritenuto idoneo il criterio adottato dall’ente impositore che ha determinato l’imposta dovuta equiparando l’intera superficie dell’arenile alle restanti infrastrutture fisse dello stabilimento balneare. L’arenile costituisce la principale attrattiva di uno stabilimento bal­neare. ospitando giornalmente la quasi totalità della clientela che vi si trattiene per un numero rilevante di ore consecutive (alcuni, anche l’intera giornata): ed è proprio la presenza di un numero significativo di persone che rende l’arenile produttivo di rifiuti, legittimando il Comune gestore del servizio di raccolta (e di smaltimento) dei rifiuti prodotti anche dall’arenile, a richiedere il pagamento della T.A.R.I. considerandolo quale superficie utile per calcolare la somma dovuta per tale titolo

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

ANAC, Aggiornate le FAQ relative alle Linee Guida n. 3

L’ANAC ha aggiornato le FAQ relative alle Linee Guida n. 3 di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti «Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni.
Viene chiarito che in base alla disposizione di cui all’art. 53, comma 23 della legge 388/2000, gli enti con popolazione inferiore ai 5000 abitanti possono affidare l’incarico di RUP ai componenti della giunta. La disposizione introduce la possibilità di deroga al generale principio di separazione dei poteri, al fine di favorire anche il contenimento della spesa e consentire comunque soluzioni di ordine pratico ad eventuali problemi organizzativi. Con specifico riferimento al conferimento dell’incarico di RUP, il presupposto della “necessità” impone che la deroga sia applicata soltanto in caso di carenza in organico di figure idonee a ricoprire la funzione e qualora detta carenza non possa essere altrimenti superata senza incorrere in maggiori oneri per l’amministrazione. Pertanto, in caso di carenza in organico di figure idonee a ricoprire l’incarico di RUP, la stazione appaltante deve verificare, in via prioritaria, la possibilità di attribuire l’incarico ad un qualsiasi dirigente o dipendente amministrativo in possesso dei requisiti o, in mancanza, ad una struttura di supporto interna formata da dipendenti che, anche per sommatoria, raggiungano i requisiti minimi richiesti dalle Linee guida n. 3/2016 o, ancora, di svolgere la funzione in forma associata con altri Comuni, senza incorrere in maggiori oneri. In sostanza, si ipotizza che soltanto quando l’unica alternativa percorribile nel caso concreto per superare la carenza in organico di figure idonee a ricoprire l’incarico di RUP sia rappresentata dalla costituzione di una struttura di supporto esterna formata da membri scelti con procedure di evidenza pubblica, potrà ritenersi configurato il presupposto della necessità richiesto dall’art. 53, comma 23, della legge 388/2000 per l’applicazione della deroga ivi prevista.
Con riferimento alla possibilità del soggetto in possesso dei requisiti di cui all’articolo 4.2., lettera b), della Linea Guida n. 3 di svolgere anche le funzioni di RUP per gli affidamenti di valore inferiore ai 150.000, 00 euro di cui all’art. 4.2., lettera a) l’ARAN precisa che l’art. 4.2, lettera a), della Linea guida n. 3 prescrive esclusivamente i requisiti “minimi” che un soggetto deve avere per svolgere le funzioni di RUP per gli affidamenti ivi previsti di valore inferiore a 150.000,00 euro. La disposizione in esame, infatti, nel disporre che quest’ultimo “deve essere almeno in possesso” dei requisiti ivi fissati non preclude la possibilità di svolgere quelle medesime funzioni a chi sia in possesso dei requisiti di cui all’articolo 4.2, lettera b) della citata Linea guida, fissati in relazione agli affidamenti di valore gli importi pari o superiori a 150.000 euro e inferiori a 1.000.000,00 euro. Rimane, invece, preclusa al soggetto in possesso esclusivamente dei requisiti minimi di cui all’articolo 4.2., lettera a), delle Linee Guida n. 3 di svolgere le funzioni di RUP per gli affidamenti di cui all’articolo 4.2., lettera b), delle Linee Guida n. 3.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Protocollo concorsi pubblici, prevista la figura del Responsabile dell’organizzazione concorsuale (ROC)

È stato adottato dal Dipartimento della funzione pubblica il Protocollo per la prevenzione e la protezione dal rischio di contagio da COVID-19 nell’organizzazione e nella gestione delle prove selettive dei concorsi pubblici (articolo 1, comma 10, lettera z), DPCM 14 gennaio 2021), validato dal Comitato-tecnico scientifico presso il Dipartimento della protezione civile.
Il Protocollo si rivolge ai soggetti coinvolti a vario titolo nelle procedure concorsuali, quali ad esempio le amministrazioni titolari delle procedure concorsuali, le commissioni esaminatrici, il personale di vigilanza, i candidati e agli altri enti pubblici e privati coinvolti nella gestione dei concorsi. Le prescrizioni del presente protocollo presuppongono che l’amministrazione abbia adottato tutte le iniziative e le misure necessarie ai sensi della normativa in tema di sicurezza e salute sul luogo di lavoro. Inoltre, considerando che le prove concorsuali potrebbero essere espletate presso locali o spazi di proprietà di terzi, le amministrazioni devono assicurare che le medesime prescrizioni trovino integrale applicazione anche in tale caso, armonizzandosi con le regole di prevenzione e sicurezza relative alla struttura ospitante.
Le amministrazioni limitano inderogabilmente la partecipazione dei candidati a trenta unità per ogni sessione o sede di prova (art. 1, comma 10, lett. z) del DPCM 14 gennaio 2021). Considerando che la partecipazione dei candidati alle procedure concorsuali non può essere limitata su base territoriale ed in vista della necessità di contenere in ogni caso i movimenti delle persone tra le regioni, le amministrazioni, limitano ad un massimo di due sessioni giornaliere, non consecutive ma separate temporalmente del tempo necessario al completo deflusso dei candidati e alle operazioni di pulizia.
Tutte le misure previste nel protocollo, che avranno come garante il Responsabile dell’organizzazione concorsuale (ROC), dovranno essere pianificati in uno specifico documento contenente la descrizione dettagliata delle varie fasi della procedura concorsuale, tenendo conto di quanto evidenziato nel protocollo e di tutti gli altri adempimenti di sicurezza previsti dalla normativa vigente.
In particolare il documento dovrà, tra l’altro, contenere specifica indicazione circa:

  • il rispetto dei requisiti dell’area;
  • il rispetto dei requisiti di accesso, transito e uscita dall’area;
  • il rispetto dei requisiti di accesso, posizionamento dei candidati e deflusso dall’aula nonché di svolgimento della prova;
  • l’individuazione dei percorsi di transito dei candidati;
  • le modalità di gestione del servizio di pre-triage e di assistenza medica (se previsto), ovvero di accoglienza e isolamento dei soggetti che presentino una temperatura superiore ai 37,5°C o altra sintomatologia riconducibile al Covid-19 insorta nel corso delle prove concorsuali;
  • le procedure di gestione dell’emergenza – piano di emergenza ed evacuazione (secondo le normative vigenti);
  • l’individuazione del numero e delle mansioni del personale addetto;
  • modalità di adeguata informazione ai candidati e di formazione al personale impegnato ai componenti delle commissioni esaminatrici sulle misure adottate.

Competete al ROC l’invio, entro e non oltre  3 giorni prima dell’avvio delle prove, al Dipartimento per la funzione pubblica a mezzo PEC (ripam@pec.governo.it) di un’apposita autodichiarazione, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, attestante la piena e incondizionata conformità del Piano alle prescrizioni del protocollo, comprensiva del link alla sezione del sito istituzionale dove esso è pubblicato.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Garante privacy,no all’uso delle impronte digitali dei dipendenti se manca base normativa

Il Garante ha sanzionato per 30.000 euro l’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Enna per l’utilizzo di un sistema di rilevazione delle presenze basato sul trattamento di dati biometrici dei dipendenti. A seguito del rafforzamento delle garanzie previste dal Regolamento e dal Codice privacy, per installare questo tipo di sistemi è necessaria infatti una base normativa che sia proporzionata all’obiettivo perseguito e che fissi misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti degli interessati. Nel caso della Asp di Enna la base normativa invocata era carente, non essendo stato adottato il regolamento attuativo della legge 56/2019 (poi abrogata) che doveva stabilire garanzie per circoscrivere gli ambiti di applicazione e regolare le principali modalità del trattamento.
L’istruttoria dell’Autorità, avviata a seguito di alcuni articoli di stampa, ha consentito di accertare che il sistema di rilevazione presenze dell’Asp di Enna acquisiva le impronte digitali di oltre 2.000 dipendenti memorizzandole in forma crittografata sul badge di ciascun lavoratore. L’Azienda, poi, verificava l’identità del dipendente mediante il confronto tra il modello biometrico di riferimento, memorizzato all’interno del badge, e l’impronta digitale presentata all’atto del rilevamento della presenza e trasmetteva il numero di matricola del dipendente, la data e l’ora della timbratura, al sistema di gestione delle presenze.
L’Autorità ha ritenuto, contrariamente a quanto sostenuto dall’Azienda sanitaria, che in questo modo si effettuava un trattamento di dati biometrici dei dipendenti (sia all’atto dell’emissione del badge, sia all’atto della verifica dell’impronta in occasione di ogni “timbratura” di ciascun dipendente,) in assenza di una idonea base giuridica. Né il consenso dei dipendenti, invocato dall’Asp quale fondamento del trattamento, può essere considerato valido, nel contesto lavorativo, a maggior ragione pubblico, per effetto dello squilibrio del rapporto tra dipendente e datore di lavoro
Inoltre la struttura sanitaria, pur avendo informato il personale e i sindacati della scelta organizzativa compiuta, non aveva fornito tutte le informazioni sul trattamento, come richiesto dal Regolamento europeo in materia di privacy.
Considerati tutti gli aspetti della vicenda, il Garante ha dichiarato illecito il trattamento dei dati biometrici e ha applicato all’Asp 30.000 euro di sanzione. Ha inoltre disposto la cancellazione dei modelli biometrici memorizzati all’interno dei badge e chiesto all’Asp di far conoscere le iniziative che intende intraprendere per far cessare il trattamento dei dati biometrici dei dipendenti.