Audizione della Corte dei conti sul Piano Nazionale di ripresa e resilienza

In data 8 febbraio 2021 si è svolta l’audizione informale dei rappresentanti della Corte dei conti, presso le commissioni riunite Bilancio, tesoro e programmazione di Camera dei deputati e Senato della Repubblica e commissione Politiche dell’Unione europea del Senato, nell’ambito dell’esame della proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza. Nella relazione la Corte si sofferma anche sul ruolo degli enti locali nell’attuazione del Piano, che potrebbero essere responsabili dell’utilizzo di un ammontare complessivo di risorse per circa 48 miliardi, di cui poco meno di 19 già scontati nei tendenziali, 29 miliardi di nuovi finanziamenti dal dispositivo europeo RRF e circa 1,6 dal React-EU. Risorse che rappresentano circa il 22 per cento dei finanziamenti totali, il 28,8 per cento degli stanziamenti già in essere e quasi il 20 per cento rispetto alle nuove risorse. Le aree di azione che vedranno come soggetti attuatori prevalentemente gli enti locali si possono ricondurre per sintesi alla tutela e valorizzazione del patrimonio e del territorio, alle infrastrutture sociali e al rafforzamento dei servizi essenziali per le collettività. Sono ambiti interconnessi e reciprocamente funzionali che esprimono, oltre alla sfera di competenza costituzionalmente attribuita alle autonomie locali, anche la vocazione di prossimità di tali enti. I progetti hanno prevalentemente natura di investimento, ma, in particolare per le azioni di rafforzamento dei servizi socioassistenziali, alle spese di infrastrutturazione si associano incrementi di spesa corrente. In diversi casi le azioni rappresentano una prosecuzione o un restyling di linee progettuali precedenti ed ora che le maggiori risorse del Recovery plan costituiscono l’occasione per assicurare un finanziamento pubblico consistente, la programmazione avanzata di progetti non ancora tradotti in appalti, a causa delle risorse finanziarie limitate, può rappresentare un vantaggio. La Corte evidenzia come in diversi casi, tuttavia, gli interventi in via di pianificazione appaiono contrassegnati da una storia di ritardi e sospensioni non strettamente riconducibili alla scarsità delle risorse a disposizione e che pertanto se non adeguatamente e dettagliatamente riprogrammati attraverso una chiara identificazione delle responsabilità attuative, della tempistica e delle modalità di attuazione con target intermedi e finali credibili, potrebbero essere soggetti ad una valutazione negativa in base ai criteri di ammissibilità individuati dal regolamento per la Recovery and Resilience Facility. Per contro, i progetti di investimento a trazione locale possono costituire un punto di forza della pianificazione per diversi motivi: sono idonei a produrre effetti rapidi – trattandosi di interventi di dimensioni contenute e quindi più agevoli e veloci da realizzare – e positivi per numerosi beneficiari (criterio incluso tra le condizionalità per la selezione degli interventi). In secondo luogo, consentono di incrementare la dotazione di capitale e rafforzare i servizi in aree considerate marginali dal mercato. Gli enti locali, inoltre, negli anni più recenti, si sono dimostrati reattivi rispetto alle misure di incentivazione degli investimenti, intensificando progressivamente la numerosità degli interventi di loro competenza. A fronte di questi aspetti, ve ne sono da considerare altri che invece possono costituire fattori di debolezza, quali: la dimensione dei quadri economici decisamente contenuta che ne può ridurre l’impatto macroeconomico; ritardi accumulati nella realizzazione degli interventi e alle opere incompiute.
Per la Corte, tali fattori di rischio richiedono la necessaria attivazione di idonee politiche di supporto, tese in particolare a:
– sostenere le capacità progettuali degli enti locali al fine di compensare con la numerosità e la diffusione capillare delle iniziative le ridotte dimensioni economiche delle stesse;
– migliorare ed accelerare la fase di coordinamento centrale degli investimenti;
– migliorare e dare continuità alle attività di manutenzione e monitoraggio degli interventi per evitare la dispersione delle risorse, introducendo eventualmente anche meccanismi sanzionatori/premianti che costituiscono uno strumento di coordinamento della finanza pubblica – già sperimentato in passato, ad esempio, per il Patto di stabilità interno – idoneo a rafforzare il livello di responsabilità dei soggetti attuatori.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Rifiuti da costruzione e demolizione prodotti da utenze domestiche

I rifiuti prodotti in ambito domestico e, in piccole quantità, nelle attività “fai da te”, possono essere gestiti alla stregua dei rifiuti urbani ai sensi dell’articolo 184, comma 1, del d.lgs. 152/2006, e, pertanto, potranno continuare ad essere conferiti presso i centri di raccolta comunali, in continuità con le disposizioni del Decreto Ministeriale 8 aprile 2008 e s.m.i, recante “Disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato”. È quanto chiarito dal Ministero dell’Ambiente, con nota esplicativa del 2 febbraio u.s. (prot. 0010249), su sollecitazione dell’ANCI, in merito al corretto inquadramento dei rifiuti da costruzione e demolizione prodotti da utenze domestiche. Il dubbio si era posto a seguito a seguito dell’approvazione del decreto legislativo del 3 settembre 2020, n.116, di recepimento della direttiva (UE) 2018/851, con particolare riferimento alla definizione riportata all’art. 183 comma 1, lettera b-sexies) “I rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione”. Il Ministero chiarisce che “Tale nuova definizione deve essere applicata nell’ottica generale di raggiungimento degli obiettivi imposti dalla direttiva e non con il fine di stravolgere una gestione dei rifiuti già strutturata ed efficace”. Sebbene “I rifiuti urbani non includono i rifiuti derivanti dalla produzione, dall’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione” ( art. 183 comma 1, lettera b-sexies), tale disposizione deve interpretarsi nel senso che tale esclusione valga solo per i rifiuti che si riferiscono ad attività economiche finalizzate alla produzione di beni e servizi, quindi ad attività di impresa. Ciò in quanto il legislatore europeo ne ammette la gestione nell’ambito del servizio pubblico, solo se prodotti nell’ambito del nucleo familiare. Possono quindi essere conferiti ai centri comunali gli inerti prodotti “in proprio” dai nuclei familiari. In assenza di un diverso parere dell’Arera, tale tipologia di rifiuti può rientrare, ai fini della redazione del PEF nel perimetro regolatorio e quindi i relativi costi debbano essere coperti dalla TARI o tariffa corrispettiva.
Resta ferma la disciplina dei rifiuti speciali prodotti da attività di impresa di costruzione e demolizione nei casi di intervento in ambito domestico di imprese artigianali, iscritte nella categoria 2-bis dell’Albo Gestori Ambientali (produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).
Infine, la nota richiama il regime semplificato per il trasporto di piccoli quantitativi di rifiuti derivanti da attività di manutenzione, consentendo in alternativa al formulario di trasporto, di utilizzare un Documento di Trasporto (DdT) che contenga tutte le informazioni necessarie alla tracciabilità del materiale, in caso di controllo nella fase di trasporto, di cui all’articolo 193 comma 7, del decreto legislativo 152/2006 come risultante dalle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 116/2020.

Vedi La nota informativa Anci 

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Congedo straordinario per sospensione didattica in presenza

L’INPS, facendo seguito alla circolare n. 2 del 2021 (v. tabella sinottica), con messaggio n. 515 del 5 febbraio scorso comunica il rilascio della procedura per la compilazione e l’invio on line delle domande di “congedo straordinario per sospensione attività in presenza delle classi II e III media in zona rossa o su tutto il territorio nazionale per figlio con disabilità grave per scuole di ogni ordine o grado o per chiusura centri assistenziali”.
La domanda deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei seguenti canali:
– tramite il portale web dell’Istituto, se si è in possesso del codice PIN rilasciato dall’Istituto (oppure di SPID, CIE, CNS), utilizzando gli appositi servizi raggiungibili direttamente dalla home page del sito www.inps.it. Si ricorda che a decorrere dal 1° ottobre 2020 l’Istituto non rilascia più nuovi PIN;
– tramite il Contact center integrato, chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori);
– tramite i Patronati, utilizzando i servizi offerti gratuitamente dagli stessi.
La domanda potrà riguardare anche periodi di astensione antecedenti alla data di presentazione della stessa, ma comunque non anteriori al 9 novembre 2020.
L’istituto ricorda che:
– il congedo per sospensione dell’attività didattica in presenza delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado può essere fruito dai genitori lavoratori dipendenti per i figli alunni di scuole per le quali sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza, situate nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto (c.d. zone rosse), individuate nelle Ordinanze del Ministro della Salute ai sensi dell’articolo 3 dei D.P.C.M. del 3 novembre 2020 e del 3 dicembre 2020, dell’articolo 19-bis del decreto-legge n. 137/2020, nonché, da ultimo, dell’articolo 3 del D.P.C.M. del 14 gennaio 2021, e per un massimo di giorni non superiore al periodo indicato nell’Ordinanza stessa, salvo proroghe.
– il congedo straordinario per i genitori di figli con disabilità in situazione di gravità può essere fruito durante i periodi di sospensione dell’attiva didattica in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado o di chiusura di centri diurni a carattere assistenziale disposti con provvedimento adottato a livello nazionale, locale o dalle singole strutture scolastiche ai sensi dei D.P.C.M. del 24 ottobre 2020, del 3 novembre 2020, del 3 dicembre 2020 e del 14 gennaio 2021.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION