La contabilizzazione off balance del contratto di Partenariato Pubblico Privato

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 3/2021, fornisce chiarimenti in merito alla correttezza della contabilizzazione “off balance” di un contratto di partenariato pubblico privato, nonché sui comportamenti da porre in essere per non compromettere gli equilibri di bilancio futuri nel rispetto del principio della prudenza, ove la contabilizzazione sia considerata “on balance”. La Sezione, dopo un richiamo della disciplina contenuta del D.lgs. 50/2016, degli orientamenti della decisione Eurostat dell’11 febbraio 2004 (materia che è stata progressivamente affinata e meglio definita nei suoi contorni attraverso le successive edizioni del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD) Implementation of ESA 2010, pubblicate da Eurostat) e degli indirizzi giurisprudenziali (Corte dei conti, Sez. Autonomie, del. n.15/SEZAUT/2017/QMIG), ricorda che l’operazione di PPP è da contabilizzarsi off balance nel caso in cui la maggior parte dei rischi (rischio di costruzione, di disponibilità e di domanda) sia posta a carico del privato, ponendo un’enfasi sempre maggiore sul ruolo centrale delle garanzie prestate dall’operatore pubblico al partner privato e sulle specifiche per la sostanziale interpretazione del criterio rischi/benefici. Ai fini dell’allocazione del rischio, occorre effettuare un’attenta analisi con riguardo a tutte le previsioni contrattuali, non solo nella fase di origine del rapporto ma anche in quella attuativa e conclusiva, valutando tra gli altri, specie per le operazioni finanziariamente più complesse, il rischio del valore residuo e di obsolescenza connesso al minor valore del bene al termine del contratto soprattutto a fronte di un’opzione di acquisto della pubblica amministrazione, con prezzo predeterminato, e l’esistenza di finanziamenti o garanzie della parte pubblica di valore tale da annullare sostanzialmente in chiave compensativa i rischi formalmente assunti dal privato. Con specifico riferimento al contratto di PPP di locazione finanziaria per la realizzazione di opere pubbliche, di cui all’art.187 del codice dei contratti, le valutazioni da effettuare, ai fini della sussistenza delle condizioni per non contabilizzare nel proprio bilancio un contratto di locazione finanziaria per la realizzazione di un’opera di pubblica utilità di lunga durata debba, riguardano i seguenti aspetti:

  • valutare che i contenuti reali del contratto rispondano pienamente, sia in sede di definizione che di attuazione e conclusione, alla disciplina contenuta negli articoli 3 e 180 del codice dei contratti ed alle decisioni Eurostat relative ai contratti di partenariato pubblico privato;
  • individuare e valutare, oltre ai rischi di costruzione, disponibilità e domanda, le ulteriori fattispecie di rischio previste nelle decisioni Eurostat e richiamate a titolo esemplificativo nelle linee guida ANAC del 2018, relativamente all’intera durata dell’operazione, attraverso un’accurata analisi dei contenuti di ogni pattuizione e dell’effetto complessivo del loro collegamento (garanzie, indicizzazione prezzi, decurtazione di canone, adeguamento del corrispettivo di riscatto, in 17 presenza di eventuali evenienze) che possano avere riflessi sul bilancio pubblico;
  • verificare preliminarmente la convenienza del ricorso alla fattispecie di partenariato pubblico privato rispetto all’alternativo e tradizionale appalto pubblico in termini di ottimizzazione dei costi a carico del proprio bilancio, avuto riguardo sia alla capacità del progetto di generare ricchezza che alla redditività dell’operatore economico;
  • valutare eventuali operazioni comportanti oneri a carico dell’ente derivanti da contributi, garanzie, finanziamenti, canoni o altre prestazioni discendenti dal contratto per un importo superiore al 49% del valore complessivo del finanziamento, che non potranno che essere contabilizzate “on balance”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Cassazione, non commette peculato il concessionario che non versa le somme dei parcheggi alla PA

Non configura il delitto di peculato, bensì un mero inadempimento contrattuale, il mancato versamento al Comune appaltante, da parte della società incaricata di un servizio di gestione – nel caso in esame quello dei parcheggi a pagamento – della quota pattuita in relazione alle somme riscosse dai privati a titolo di corrispettivo del servizio prestato dalla società, in quanto il denaro non corrisposto all’ente pubblico non è qualificabile come “altrui” ab origine rispetto al soggetto obbligato. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Penale, Sez. VI, sentenza n. 3764/2020, pronunciandosi sul ricorso presentato dall’amministratore unico della società aggiudicataria della concessione per la gestione delle aree di sosta a pagamento del Comune, condannato in primo e secondo grado, alla pena di anni due e mesi otto di reclusione per il reato di peculato, di cui all’art. 314 cod. pen., per aver trattenuto somme destinate all’ente locale. Per la Cassazione non appare corretta la conclusione dei giudici di merito secondo cui, trattandosi di concessionario esercente un servizio di natura pubblica per conto dell’ente comunale e secondo tariffe da esso stabilite (art. 4 del capitolato), gli introiti conseguenti allo “scassettamento” dei parcometri, quanto alla “percentuale pattuita sulla somma prelevata” nella misura del 30% spettante all’ente (art. 6 del capitolato), costituiscono fin dall’origine pecunia pubblica, che l’ente si riserva in via autoritativa per sé, incaricando l’appaltatore privato della riscossione. Nel caso in esame, atteso che il denaro versato dagli utenti del servizio di parcheggio comunale nei parcometri installati e di proprietà della concessionaria era di diretta pertinenza della società e non del Comune, cui spettava solo una percentuale del 30% sulle somme incassate con cadenza trimestrale, l’omesso versamento nelle casse comunali della quota degli introiti pattuita non manifesta l’appropriazione, da parte del soggetto obbligato, di denaro appartenente fin dall’origine alla P.A. appaltante. Infatti, tali somme non sono originariamente dovute alla P.A. dal soggetto obbligato (come, invece, avviene per i tributi riscossi dal concessionario per conto della P.A.), ma trovano la propria causa nella prestazione resa dal gestore del pubblico servizio di parcheggio a pagamento, della quale costituiscono corrispettivo. Sicché il mancato versamento della quota stabilita sui complessivi introiti del servizio integra solo un inadempimento del relativo obbligo contrattuale nei confronti della P.A. affidataria, come emerge con chiara evidenza dalla lettura dell’art. 6 del capitolato d’oneri allegato al contratto fra la società e il Comune.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

7.246 i Comuni che hanno richiesto di accedere al Fondo per l’innovazione

Il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, con apposito comunicato, informa che sono 7.246 i Comuni che hanno richiesto di accedere al Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione. Si tratta di un numero rilevante che rappresenta il 92% del totale dei Comuni che sono 7.904. I Comuni italiani si avviano quindi verso la digitalizzazione, come prevede il decreto legge su “Semplificazione e innovazione digitale”, adottando l’identità digitale Spid e la Carta d’identità elettronica per consentire l’accesso ai servizi, integrando la piattaforma pagoPa per i pagamenti elettronici e avviando la migrazione dei servizi nell’applicazione IO, per favorirne l’utilizzo anche da smartphone.
Le risorse messe a disposizione degli Enti ammontano a 43 milioni su un totale di 50 milioni dell’intero Fondo, che con l’ultima legge di bilancio è diventato strutturale. Le quote, assegnate ai Comuni in base alla popolazione residente, verranno erogare in due tranche, dopo la verifica dello stato di avanzamento dei processi di digitalizzazione: la prima, pari al 20%, per le attività concluse entro il 28 febbraio 2021; la seconda, per il restante 80%, entro il 31 dicembre 2021 a verifica delle attività avvenute.
La maggioranza dei Comuni, esattamente 5.560, ha richiesto di accedere al Fondo aderendo all’Avviso Pubblico promosso dal Dipartimento per la Trasformazione digitale il 15 dicembre 2020 e gestito da PagoPa S.p.A, in convenzione con l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (Ipzs). Gli altri 1.686 Comuni hanno accesso al Fondo avendo aderito a specifici accordi regionali per la messa in atto dei processi. Le Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Molise, Puglia, Veneto e la Provincia Autonoma di Trento si sono fatte promotrici di iniziative per agevolare le amministrazioni comunali dei loro territori ad adottare ed integrare le piattaforme abilitanti Spid, pagoPa e AppIO.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION