Rappresentazione della quota non utilizzata del “Fondone Covid” nell’allegato a/2

La Commissione Arconet, con la faq n. 43 del 17 dicembre scorso, fornisce chiarimenti in merito alla rappresentazione, nell’allegato a/2 degli schemi di bilancio, della quota non utilizzata del fondo di cui all’art. 106 del D.L. 34/2020, come rifinanziato dall’art. 39 del D.L. n. 104/2020 (c.d. Fondone Covid). La bozza di legge di bilancio 2021, all’art. 154, comma 2 dispone che tali risorse, non utilizzate alla fine di ciascun esercizio, confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione.
A decorrere dal 2021, l’applicazione al bilancio di previsione dell’avanzo vincolato obbliga gli enti alla compilazione dell’Allegato a/2 del prospetto del risultato di amministrazione presunto (art. 6 DM 1° agosto 2019). Per rappresentare le risorse vincolate nell’allegato a/2 degli schemi di bilancio si deve far riferimento al principio contabile applicato concernente la programmazione che illustra dettagliatamente la corretta modalità di redazione di tale allegato con specifico riferimento al bilancio di previsione e al rendiconto di gestione.
In particolare sia il punto 9.7.2, per il bilancio di previsione, sia il punto 13.7.2, per il rendiconto di gestione, del principio contabile applicato precisano che quando l’entrata vincolata finanzia più capitoli di spesa gli importi relativi ai singoli capitoli di spesa sono aggregati e riferiti ad un unico oggetto della spesa. Lo stesso principio contabile applicato prevede che l’elenco analitico di tali capitoli di spesa è riportato nella Nota integrativa e nella Relazione sulla gestione, seguendo lo schema dell’allegato a/2.
Con particolare riferimento alle risorse vincolate del Fondone, Arconet chiarisce che nella colonna c) dell’allegato a/2 al bilancio di previsione debba essere indicato l’importo del loro presunto dell’utilizzo (maggiori spese e minori entrate) che gli Enti locali prevedono di certificare ai sensi dell’articolo 39 comma 2 del D.L. n. 104/2020, mentre l’utilizzo delle altre risorse vincolate è indicato nelle righe del prospetto a/2 dedicate a ciascuna entrata vincolata.
Con la faq 42, la Commissione ha ricordato altresì che, nel caso in cui non si preveda l’utilizzo di quote vincolate che compongono il risultato di amministrazione presunto, l’ente non è tenuto alla compilazione degli allegati a/1 a/2 e a/3. Conseguentemente, tali prospetti non devono essere ricompresi nello schema di bilancio e pertanto non devono essere inviati alla BDAP. L’eventuale presenza di tali allegati nell’istanza xbrl, non valorizzati o valorizzati tutti a zero, comporta l’applicazione dei controlli di coerenza, da parte del sistema BDAP, con la conseguente segnalazione di errore.
In ultimo, con la Faq n. 44 viene chiarito che l’allegato a/1 al bilancio di previsione non deve essere redatto se l’ente applica anticipatamente l’avanzo accantonato per la sola quota relativa all’utilizzo del fondo anticipazione di liquidità (FAL) in attuazione dell’art. 39-ter del decreto-legge n. 162, convertito nella legge 28 febbraio 2020, n. 8 per gli enti locali e dell’art. 1, commi 692 e seguenti della legge n. 208 del 2015 per le Regioni e le Province autonome.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Canone unico patrimoniale, possibile una differenziazione nella scelta dell’affidamento della gestione

Il Dipartimento delle finanze, con Risoluzione n. 9/DF del 18 dicembre 2020, fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di gestire disgiuntamente l’entrata del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria a seconda dei due presupposti impositivi. Il Dipartimento è giunto alla conclusione che, sia dal quadro normativo di riferimento sia dalla giurisprudenza nonché dalla prassi amministrativa, non emergono elementi tali che precludano all’ente locale la possibilità di prevedere, nell’esercizio della potestà regolamentare di cui all’art. 52 del D.lgs. n. 446/1997, una gestione disgiunta del canone, in ragione dei due distinti presupposti ad esso sottesi, seppur riuniti nell’entrata in oggetto.
Il canone sostituisce, a partire dal 2021, per effetto dell’art. 1, comma 816 della legge di bilancio 2020, entrate di diversa natura, vale a dire la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni (ICPDPA), il canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP) e il canone di cui all’art. 27, commi 7 e 8, del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada). Il canone è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi.
La legge consente comunque di individuare con certezza il gettito derivante dalle diverse fattispecie collegate ai due presupposti. In particolare, proprio la circostanza che il comma 820 della legge n. 160/2020 esclude che, in relazione alla stessa fattispecie possa essere richiesto un duplice canone, porta a propendere per la possibilità di un affidamento disgiunto delle due componenti del canone stesso, con la conseguenza che tutte le attività relative alla gestione dell’entrata in questione, ivi comprese quelle di accertamento e di riscossione, possono essere regolamentate dal Comune separatamente in relazione ai due differenti presupposti di cui alle richiamate lett. a) e b) del comma 819. Ovviamente, nel caso in cui se ne ravvisasse la necessità, nulla impedisce che possa assicurarsi il coordinamento per le attività di accertamento sul territorio, nonché l’interscambio delle banche dati e delle autorizzazioni e/o concessioni tra i diversi soggetti gestori. Se alla data del 31 dicembre 2020, il Comune gestisce direttamente la TOSAP mentre ha affidato la gestione dell’ICPDPA a un soggetto esterno, nulla esclude che il Comune possa mantenere detta distinzione. Naturalmente, qualsiasi soluzione gestionale adottata dall’ente locale deve essere conformata a esigenze di efficienza economica e di semplificazione dei procedimenti amministrativi e deve evitare l’aggravio degli adempimenti nei confronti del contribuente o dell’utente.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi), i chiarimenti ministeriali

Il Dipartimento delle finanze, con la Risoluzione n. 8/DF del 16 dicembre 2020, fornisce chiarimenti in merito al regime dell’imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi), con riferimento alla corretta individuazione del presupposto oggettivo e quindi alla delimitazione dell’ambito applicativo dell’imposta ai soli manufatti che rientrano nella definizione normativa di piattaforma marina, alla corretta individuazione degli elementi che compongono la piattaforma marina da considerare ai fini della determinazione della base imponibile, nonché all’obbligo di presentare la dichiarazione ed in caso affermativo con quali modalità ed entro quali termini.
L’IMPi è stata istituita, come noto, dall’art. 38 del D.L. n. 124/2019 (Decreto fiscale 2019), a decorrere dall’anno 2020, in sostituzione di ogni altra imposizione immobiliare locale ordinaria sugli stessi manufatti. Il comma 1 del medesimo articolo si riferisce alle piattaforme marine intese come strutture emersa destinate alla coltivazione di idrocarburi e site entro i limiti del mare territoriale, come individuato dall’articolo 2 del Codice della Navigazione. Nel genere più ampio delle strutture marine rientrerebbero; a) le piattaforme con struttura emersa, b) teste pozzo sottomarine, c) unità galleggianti di stoccaggio temporaneo.
Secondo la risoluzione, I’IMPi trova applicazione, per espressa volontà del Legislatore, solo sulla prima categoria di strutture marine, e non anche sulle altre categorie, come precisato dal MISE. Non vanno invece ricomprese tra le piattaforme rigidamente collegate al fondo marino, tutte le unità galleggianti di stoccaggio temporaneo e tutte le teste pozzo sottomarine. Sono escluse dall’IMPi le navi destinate allo stoccaggio degli idrocarburi estratti in quanto le stesse non sono in alcun modo riconducibili alla definizione di piattaforme marine ma rientrano nella diversa categoria delle unità galleggianti di stoccaggio temporaneo.
Per quanto riguarda il presupposto impositivo, condizione necessaria e sufficiente ai fini dell’applicazione dell’imposta è la destinazione della struttura alla coltivazione di idrocarburi che è regolata dal titolo concessione di coltivazione. L’assoggettamento a tassazione non può ritenersi limitato ai soli periodi in cui viene svolta l’attività estrattiva. Ai fini della determinazione della base imponibile, trova applicazione il comma 746 dell’art. 1 della legge n. 160/2019. Per quantificare la base imponibile delle piattaforme marine occorre quindi fare riferimento al valore contabile, senza la possibilità di scomputare la parte impiantistica. Nel merito, la risoluzione chiarisce che l’art. 38, comma 2 del D. L. n. 124 del 2019 si limita a mutuare solo il riferimento al valore contabile come parametro per la determinazione della base imponibile dell’IMPi, senza voler con questo operare un totale rinvio alle disposizioni previste ai fini IMU per i fabbricati strumentali del gruppo catastale D privi di rendita.
Per quanto concerne l’obbligo dichiarativo, nonché le modalità e il termine di presentazione della dichiarazione, la risoluzione precisa che si deve far rinvio alla norma di cui all’art. 1, comma 769 della legge di bilancio 2020, risultando tale disposizione relativa all’IMU non incompatibile col regime dell’IMPi, poiché la dichiarazione anche per questo tributo svolge la funzione di mettere a disposizione del comune le informazioni necessarie al fine del controllo dell’esatto adempimento del tributo stesso. L’obbligo dichiarativo persiste comunque in tutti i casi in cui il comune non è in possesso delle informazioni necessarie per verificare il corretto adempimento dell’obbligazione tributaria. La persistenza dell’obbligo dichiarativo è giustificata dal fatto che per tali immobili la base imponibile è rappresentata dal valore contabile che è un elemento non immediatamente conoscibile dall’Ente. Quindi, poiché tale valore è il parametro per la quantificazione della base imponibile dell’imposta, la dichiarazione dell’IMPi è d’obbligo per il primo anno di tassazione per i manufatti, mentre per gli anni successivi la dichiarazione dovrà essere presentata solo se si verificano variazioni rilevanti. L’obbligo dichiarativo deve essere assolto entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta. Il modello da utilizzare per la dichiarazione, in attesa di quello specifico in via di approvazione, è quello valido per l’IMU, approvato con il decreto 30 ottobre 2012 del MEF. Anche per quanto riguarda l’ente locale di riferimento e destinatario del modello di dichiarazione, la certezza dell’individuazione sarà data dal decreto in via di emanazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION