Fatture PA, in G.U. il regolamento che individua le cause del rifiuto

È stato pubblicato in G.U. n. 262 del 22 ottobre 2020 il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 24 agosto 2020, n. 132, recante “Regolamento recante individuazione delle cause che possono consentire il rifiuto delle fatture elettroniche da parte delle amministrazioni pubbliche”.
In sintesi la disposizione stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni, all’atto della ricezione della fattura tramite Sistema di Interscambio, possono rifiutarla esclusivamente nei seguenti casi:

  • fattura elettronica riferita ad una operazione che non è stata posta in essere in favore delsoggetto destinatario della trasmissione;
  • omessa o errata indicazione del Codice identificativo di Gara (CIG) o del Codice unico di Progetto (CUP) da riportare in fattura;
  • omessa o errata indicazione del codice di repertorio;
  • omessa o errata indicazione del codice di Autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) e del corrispondente quantitativo da riportare in fattura;
  • omessa o errataindicazione del numero e data della determinazione dirigenziale d’impegno di spesa per le fatture emesse nei confronti delle Regioni e degli enti locali.

Le pubbliche amministrazioni non possono comunque  rifiutare  la fattura nei casi in  cui  gli  elementi  informativi  possono  essere corretti mediante le procedure di variazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Le vetrofanie sono soggette all’imposta sulla pubblicità

Con ordinanza n. 21043/2020, la Corte di Cassazione ha ribadito l’oramai orientamento consolidato che costituisce fatto imponibile qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti – indipendentemente dalla ragione e finalità della sua adozione – obiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti cui si rivolge il nome, l’attività ed il prodotto di una azienda, non implicando la funzione pubblicitaria una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica (Cass. n. 17852 del 2004, Cass. n. 15449 del 2010). Le “grandi fotografie che coprono l’intera superficie delle vetrine di un supermercato e rappresentano cibi vari (latte, verdure, pane, formaggi, ecc.), materie prime, scene agresti, persone che cucinano, persone che consumano pasti in compagnia della famiglia o di amici” costituiscono immagini che inequivocabilmente promuovono l’attività dell’esercente. Tali immagini sono dirette a richiamare l’attenzione dell’eventuale acquirente, in quanto sono strettamente attinenti all’attività commerciale svolta all’interno del supermercato.
Come precisato anche con l’ordinanza n. 1359/2019, ai fini dell’assoggettamento dell’imposta sulla pubblicità, occorre infatti distinguere la funzione sostanzialmente decorativa (non soggetta) da quella pubblicitaria in grado di veicolare un messaggio diretto a raggiungere una pluralità di possibili acquirenti. Sempre in tema di imposta sulla pubblicità è utile ricordare che sempre la Cassazione, con l’ordinanza n. 9895/2017, ha disposto che anche gli annunci, contenenti descrizioni e fotografie degli immobili ed esposti nelle vetrine delle agenzie immobiliari, integrano il presupposto dell’imposta comunale sulla pubblicità. Essi assolvono ad una funzione promozionale di vendita o locazione e quindi, contestualmente, di accesso ai servizi di mediazione offerti dall’agenzia.  In ragione della loro natura di “mezzi pubblicitari”, come precisato nella stessa ordinanza, se non superano, nel loro insieme, la superficie complessiva di mezzo metro quadrato per ciascuna vetrina fruiscono pertanto dell’esenzione prevista dall’art. 17 comma 1 lett. a) del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e non del beneficio, previsto dalla successiva lett. b), che opera invece per gli avvisi al pubblico (messaggi informativi in ordine all’attività esercitata nei locali).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Immobile “merce”, per l’esenzione IMU è indispensabile la dichiarazione

La Corte di cassazione, sez. VI civile, con ordinanza n. 21465/20, chiarisce che la mancata presentazione della dichiarazione determina il mancato riconoscimento dell’esenzione dall’Imu per gli immobili invenduti dall’impresa costruttrice. Ai sensi del comma 5 bis dell’art. 2 del D.L. n. 102/2013 “ai fini dell’applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all’imposta municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono apportate al predetto modello le modifiche eventualmente necessarie per l’applicazione del presente comma”. Dalla lettura della disposizione normativa sopra indicata emerge che condizione necessaria per l’ottenimento del beneficio fiscale in oggetto, è l’obbligo dichiarativo. Si tratta di un preciso e specifico onere formale, espressamente previsto a pena di decadenza, che non può essere sostituito da altre forme di denunce o superato dalla circostanza che il Comune fosse a conoscenza aliunde dei fatti che comportano l’esenzione dal pagamento dell’imposta. Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale (Cass nr 15407/2017 nr. 4333/2016 2925/2013, 5933/2013) le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione ai sensi dell’art 14 preleggi, sicchè non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati.

Autore: La redazione PERK SOLUTION