Appalti pubblici: la scelta dell’in house providing dev’essere specificamente motivata

Ai sensi dell’art. 192, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 («Codice dei contratti pubblici»), nella motivazione del provvedimento di affidamento in house le stazioni appaltanti devono dar conto «delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche» (cfr. Corte cost., sent. n. 100/2020). È quanto ribadito dal TAR Liguria, sezione II, sentenza 2 ottobre 2020, n. 680. L’art. 192 comma 2 D. Lgs. n. 50/2016 dispone che “ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
La norma – come precisato dal Collegio – muovendo dall’implicito presupposto della natura secondaria e residuale dell’affidamento in house, impone che l’affidamento in autoproduzione di servizi disponibili sul mercato sia specificamente motivato adducendo, tra l’altro, le ragioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato.
Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito come la relazione ex art. 34, c. 20, del D.L. n. 179/2012 sulle modalità di affidamento del servizio non possa essere degradata a mero orpello procedimentale, e come, nel caso in cui si opti per l’affidamento diretto in house, sia richiesto un onere motivazionale rafforzato e più incisivo circa la praticabilità delle scelte alternative, da compiersi mediante un’analisi effettuata in concreto, caso per caso, sulla base di dati comparabili.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Aiuti di Stato, ANCI: escludere le agevolazioni comunali dalla disciplina degli “aiuti di stato

È stata pubblicata sul portale IFEL/ANCI la lettera inviata ai Ministri Amendola, Gualtieri e Patuanelli, con la quale l’Associazione rappresenta le preoccupazioni dei Comuni circa un’eventuale applicazione puntuale della disciplina degli “aiuti di stato” alle numerose agevolazioni fiscali disposte per venire in soccorso delle attività economiche più duramente colpite dalla crisi epidemiologica. Le misure attivate a sostegno dell’economia dei Paesi dell’Unione europea, nel quadro di maggior elasticità delineato dalla Decisione n. 1863 del 19 marzo scorso, sono molto articolate e possono coinvolgere anche gli enti locali, sia pure per dimensioni economiche marginali, in quanto possibili soggetti di agevolazioni straordinarie quali quelle rese possibili dagli articoli dal 54 al 60 del decreto legge n. 34/2020, oltre che in quanto titolari di talune fonti di entrata, oggetto di riduzione per agevolazioni rivolte anche ad attività economiche. Talune interpretazioni nazionali del nuovo quadro di misure di aiuto sembrano però non considerare in modo corretto il ruolo proprio degli enti locali – e in particolare dei Comuni – nell’adozione ordinaria di agevolazioni sui tributi ed entrate paratributarie di loro competenza, nonché non valutano attentamente gli effetti che una regolazione troppo invasiva può comportare sull’operatività degli enti e sulla stessa capacità di intervento nei limiti di azione piuttosto ristretti tipici degli enti stessi. Con la missiva, l’ANCI richiama l’attenzione su due distinti ordini di problemi. In primo luogo circa la necessità di un intervento interpretativo che escluda le agevolazioni comunali dal campo di applicazione della disciplina degli “aiuti di stato”, con riferimento sia a quelle disposte in forza della potestà regolamentare riconosciuta ai Comuni, sia a quelle operate in attuazione di norme statali. In secondo luogo circa la necessità di una radicale semplificazione degli oneri di registrazione, monitoraggio e rendicontazione, al fine di evitare il rischio di una congestione amministrativa dovuta all’obbligo di regolarizzazione di migliaia di posizioni di piccolo o piccolissimo taglio e pertanto di impatto modestissimo sul rispetto delle soglie massime previste dalla “disciplina transitoria” (Temporary Framework) disposta dalla UE il 19 marzo scorso e recepita dal dl 34/2020 (artt. da 54 a 60).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Assegnazione contributo ai Comuni del Sud per infrastrutture sociali

E’ stato pubblicato in G.U n. 244 del 2 ottobre 2020 – Suppl. Ordinario n. 36 il DPCM del 17 luglio 2020 recante: Modalità di assegnazione del contributo di 75 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, ai Comuni situati nel territorio delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, da destinare a investimenti in infrastrutture sociali” .
Si tratta del Decreto emanato in applicazione dei commi 311 e 312 della legge n. 160/2019 a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione di cui all’art. 1 comma 6 legge n. 147/2013 per finanziare, con 75 mln di euro annui fino al 2023, i Comuni del Mezzogiorno che vogliono realizzare infrastrutture sociali, ponendo l’attenzione alle zone deboli del paese.  Per «infrastrutture sociali» si intendono le opere così qualificate nel sistema di classificazione dei progetti del codice unico di progetto, di cui all’art.  11 della legge 16 gennaio 2003, n 3.
È previsto un contributo diversificato per fasce di Comuni, come indicato negli allegati al decreto.
I Comuni beneficiari del contributo potranno finanziare uno o più lavori pubblici in infrastrutture sociali purché gli stessi non siano già totalmente finanziati da altri soggetti.
Il Comuni dovranno necessariamente avviare i lavori per la realizzazione delle opere pubbliche:

a) per i contributi dell’anno 2020 entro il 17 aprile 2021

b) per i contributi riferiti agli anni 2021, 2022, 2023 entro il 30 settembre di ciascun anno di assegnazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Concorsi pubblici, Garante Privacy: i dati dei partecipanti devono essere blindati

Una Azienda ospedaliera si è vista applicare dal Garante per la privacy una multa di 80mila euro, per aver trattato illecitamente i dati di oltre 2000 aspiranti infermieri. Un’altra sanzione di 60mila euro è stata irrogata alla società che gestiva la piattaforma per la raccolta online delle domande dei partecipanti.
A seguito di una segnalazione, con la quale si lamentava il fatto che i dati dei candidati alla selezione – in alcuni casi anche relativi alla salute (titoli di preferenza e certificazioni mediche) – fossero liberamente accessibili online, l’Autorità ha avviato una complessa istruttoria, anche attraverso accertamenti ispettivi, che ha messo in luce numerosi e gravi inadempimenti alla disciplina di protezione dati.
Collegandosi alla piattaforma per la gestione delle domande, per un’errata configurazione dei sistemi, in un determinato arco temporale era stato infatti possibile visualizzare un elenco di codici, assegnati ai candidati al momento dell’iscrizione al concorso, che attraverso semplici passaggi consentivano l’accesso a un’area del portale nella quale erano contenuti i documenti presentati dai partecipanti. Utilizzando i codici si sarebbe perfino potuto modificare i dati personali inseriti dai concorrenti. L’Autorità ha ritenuto illeciti i trattamenti di dati personali svolti dall’Azienda ospedaliera e dalla Società perché effettuati in violazione delle norme del Regolamento europeo.
Entrambi i soggetti non avevano infatti adottato adeguate misure tecniche e organizzative per garantire la sicurezza e l’integrità dei dati. L’Azienda ospedaliera, oltretutto, non aveva fornito ai partecipanti una idonea informativa e aveva anche omesso di regolamentare il rapporto con la Società che gestiva la piattaforma con un contratto o con un altro atto giuridico che disciplinasse il trattamento di dati effettuato per suo conto. Il Garante infine, rilevato che la Società continuava a conservare e rendere disponibili sulla propria piattaforma i dati dei partecipanti anche dopo la cessazione della fornitura del servizio, ha vietato ogni ulteriore trattamento ad eccezione di quanto necessario per la difesa dei diritti in sede giudiziaria. Entro 30 giorni la Società dovrà comunicare all’Autorità le iniziative prese per assicurare la cessazione del trattamento.
Nella quantificazione della sanzione il Garante ha tenuto in particolare considerazione il fatto che le violazioni sono connesse a un trattamento iniziato subito dopo la definitiva applicazione del Regolamento.
L’Autorità tenuto conto della particolare delicatezza dei dati diffusi, oltre alla sanzione pecuniaria ha applicato la sanzione accessoria della pubblicazione dei due provvedimenti sul proprio sito web.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION