Fusioni di comuni, il riparto definitivo del contributo straordinario anno 2020

La Direzione Centrale della Finanza locale, con comunicato del 16 settembre 2020, informa che è stato effettuato il riparto definitivo per l’anno in corso del contributo straordinario spettante agli enti istituiti a seguito di fusione tra comuni e/o fusioni per incorporazioni ai sensi dell’articolo 15, comma 3, del D.lgs 267/2000, per un importo complessivo di €. 83.215.724. Il riparto del contributo è avvenuto secondo le modalità previste dal decreto del Ministro dell’Interno del 25 giugno 2019 (G.U. n. 152 del 1°luglio 2019). In particolare, l’entità del contributo è stata determinata applicando il criterio previsto all’articolo 2 comma 2 del decreto: …” Qualora le richieste di contributo risultino superiori al fondo stanziato, nella determinazione del trasferimento erariale viene data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianità, assegnando un coefficiente di maggiorazione del 4% per le fusioni con anzianità di contributo di un anno, incrementato del 4% per ogni ulteriore anno di anzianità…”.
La Direzione comunica, altresì, che in data 8 settembre c.m. si è provveduto a disporre l’ulteriore erogazione del contributo in questione, sulla base delle risorse riassegnate dal MEF sul capitolo pertinente. Si ricorda che nel mese di aprile il Ministero aveva provveduto all’erogazione delle risorse spettanti nella misura del 99 per cento per l’insufficienza della cassa disponibile.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

ANAC: inopportuno attribuire al RPCT il ruolo di Responsabile delle relazioni sindacali

A fronte di richiesta di parere posta da una società a controllo pubblico, l’ANAC con delibera n. 740 del 9 settembre 2020 è intervenuta sul tema del contemporaneo svolgimento delle funzioni di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) e di Responsabile delle relazioni sindacali.
Le società a controllo pubblico – come definite all’art. 2, co. 1, lett. b) e m) del d.lgs. 175/2016 – sono tenute ad applicare la normativa sia sulla trasparenza, ai sensi dell’art. 2-bis, co. 2, del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, sia sulla prevenzione della corruzione, ai sensi dell’art. 1, co. 2-bis, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L’Autorità, nelle «Nuove linee guida per l’attuazione in generale, della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici», adottate con delibera n.1134 dell’8 novembre 2017, (§3.1), ha fornito indicazioni sull’applicazione delle misure di prevenzione della corruzione alle società a controllo pubblico, nonché sui criteri di scelta del RPCT.
L’ANAC con la delibera n. 740/2020 sottolinea come il ruolo di Responsabile delle relazioni sindacali comporti lo svolgimento di una pluralità di attività tra cui: la cura degli aspetti attinenti il lavoro, la sua organizzazione, la sua retribuzione e la formazione; il confronto con le associazioni sindacali dei lavoratori o con le associazioni datoriali a livello locale o nazionale, a proposito di retribuzioni, ferie, formazione, orari; il presidio alle negoziazioni e alla stipula di accordi e contratti; l’intervento nelle controversie di lavoro e disciplinari, in coordinamento con le altre figure operanti nell’ambito della gestione delle risorse umane; l’applicazione del diritto del lavoro.
Al contempo l’Autorità evidenzia che, quanto alla sussistenza di situazioni di conflitto di interesse o di incompatibilità tra l’incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e quello di Responsabile delle relazioni sindacali nell’ordinamento non vi è alcuna norma al riguardo, né la stessa ha avuto modo di pronunciarsi sul punto. La questione può quindi essere valutata in termini di opportunità o meno dello svolgimento contemporaneo di tali funzioni, tenuto conto dei numerosi compiti già affidati dalla legge al RPCT.

L’Autorità conclude stabilendo che:

  • sebbene non vi sia una espressa causa di incompatibilità tra l’incarico di RPCT e quello di Responsabile delle relazioni sindacali, ragioni preliminari di opportunità inducono a raccomandare di non cumulare tale incarico con quello di RPCT;
  • il contemporaneo svolgimento delle funzioni ampie e complesse attribuite dalla legge al RPCT, di presidio sul sistema anticorruzione, e delle funzioni di gestione delle relazioni sindacali, è da valutarsi come inopportuno, in quanto si potrebbero verificare interferenze tali da ingenerare situazioni di potenziale conflitto di interesse tra le due posizioni, con conseguente pregiudizio del corretto svolgimento delle rispettive competenze;
  • in ogni caso, spetta all’autonoma determinazione dell’organo di indirizzo la nomina del RPCT e il compito di assicurare che quest’ultimo possa esercitare il proprio ruolo con autonomia ed effettività. La scelta deve comunque essere adeguatamente motivata nel provvedimento di nomina e compiuta considerando anche gli eventuali conflitti di interessi che possono concentrarsi in capo al soggetto incaricato di svolgere altre funzione, oltre quella di RPCT.

 

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Stabilizzazione LSU, eseguiti i pagamenti del contributo relativo all’annualità 2020

Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con comunicato dell’8 settembre 2020, informa che sono stati eseguiti (dall’Ufficio centrale del Bilancio) a favore dei Comuni con meno di 5.000 abitanti​ indicati nell’elenco n. 5, i pagamenti del contributo, relativo all’annualità 2020, per la stabilizzazione di lavoratori socialmente utili ex art. 1, comma 1156, lett. f), L. 296/2006 e ss. mm. e ii.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Incentivi per recupero evasione tributaria anche in caso di approvazione del rendiconto 2019 a giugno

È possibile riconoscere gli incentivi economici al personale per il conseguimento degli obiettivi assegnati nelle attività di accertamento dei tributi nel caso in cui l’ente abbia approvato il rendiconto 2019 oltre il termine previsto dal TUEL (30 aprile) ed entro il termine prorogato dal legislatore (30 giugno 2020) con norma di carattere eccezionale, fermo restando l’approvazione del bilancio di previsione (2020) entro il termine del 31 dicembre (2019). È quanto espresso dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con Deliberazione n. 113 del 10.09.2020, in risposta ad un quesito volto a superare i dubbi interpretativi relativi alle condizioni di applicabilità della previsione recata dall’art. 1, comma 1091 della legge n. 145 del 2018, nella parte in cui subordina all’avvenuta approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto “entro i termini stabiliti dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,” la possibilità per i comuni di riconoscere, con proprio regolamento, l’erogazione di un compenso incentivante al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate.
Secondo i giudici contabili, l’approvazione del rendiconto entro il 30 giugno 2020, termine fissato per effetto di proroga legislativa dal D.L. n. 18/2020 onde consentire all’ente locale gli adempimenti contabili non perfezionati a causa della situazione emergenziale da Covid 2019, non altera di per sé i risultati raggiunti nel precedente esercizio finanziario, di cui si rende conto, e non produce alcun effetto sull’avvenuta attività di riscossione, nel medesimo esercizio, da parte del personale; quest’ultimo, avendo raggiunto l’obiettivo assegnato, sarebbe pregiudicato dalla mancata corresponsione dell’incentivo pianificato nel bilancio di previsione tempestivamente approvato entro il 31 dicembre. Per effetto del sopravvenuto mutamento legislativo di proroga, preordinato a consentire agli enti gli adempimenti contabili cui sono tenuti per legge, l’approvazione del rendiconto 2019 entro il 30 giugno 2020 si atteggia ugualmente a tempestiva adempienza contabile del comune, richiesta dalla norma quale condizione di applicabilità degli incentivi, vale a dire il rendere conto tempestivamente e certi i risultati della gestione dell’esercizio finanziario ormai passato. Nel caso di specie, la norma speciale prevale su quella generale la cui applicazione verrà ripristinata alla cessazione di efficacia della prima per il venir meno del profilo di specialità che ha giustificato l’esigenza del legislatore nel prevederla.

 

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Rimozione del vincolo sul prezzo di cessione di immobili di E.R.P. convenzionata

Il vincolo per la determinazione del prezzo di cessione delle singole unità abitative, contenuto in una convenzione di cui all’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, può essere rimosso esclusivamente dietro corrispettivo secondo quanto previsto dall’articolo 31, comma 49-bis, della legge 28 dicembre 1998, n. 448. Lo ha precisato la Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 116 del 14.09.2020, in risposta ad un quesito in merito alla rimozione del vincolo sul prezzo di cessione di alcuni alloggi di edilizia residenziale pubblica convenzionata, confermando quanto già espresso dalla stessa Sezione nella precedente deliberazione n. 368/2019.
Ricordiamo che il nuovo testo del comma 49-bis dell’art. 31, come modificato dall’art. 25-undecies del D.L. 119/2018 (decreto fiscale 2019), prevede la possibilità di rimozione dei vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà o per la cessione del diritto di superficie, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari, per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall’applicazione del comma 48 del presente articolo. Detta percentuale è da stabilirsi, anche con eventuali riduzioni in funzione della residua durata del vincolo. In pendenza della rimozione dei vincoli il contratto di trasferimento dell’immobile non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato. L’eventuale pretesa di rimborso della predetta differenza si estingue con la rimozione dei vincoli secondo le modalità previste.

 

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Sisma 2016-2017, il decreto di riparto delle risorse per interventi di edilizia residenziale sociale

È stato pubblicato in G.U. n. 228 del 14-09-2020 il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti di riparto delle risorse per interventi di edilizia residenziale sociale nei territori danneggiati dai sismi del 24 agosto 2016, del 26 ottobre 2016, del 30 ottobre 2016, del 18 gennaio 2017 e del 21 agosto 2017 e definizione dei criteri per il finanziamento degli interventi e le modalità attuative e di monitoraggio del programma di ricostruzione post-sisma (100 milioni), ai sensi delle delibere Cipe n. 127/2017 del 22 dicembre 2017 e n. 55/2019 del 24 luglio 2019Gli interventi da realizzare prioritariamente con i fondi di cui al presente decreto sono quelli individuati  dalle  Regioni  Abruzzo, Lazio, Marche e  Umbria  indicati  nell’allegato  1  e  quelli  della Regione Campania indicati nell’allegato 2. Per gli interventi già individuati, i soggetti attuatori (comuni) comunicano, entro sessanta giorni dall’avvenuta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto, il Codice unico di progetto (CUP) alla regione di riferimento e al MIT. Le Regioni, entro duecentoquaranta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto, comunicano al MIT, a pena di decadenza del finanziamento:

  • le modalità e i tempi attuativi degli interventi desunti dal progetto di fattibilità tecnica ed economica approvato;
  • la data di avvio delle procedure di gara per l’affidamento dei lavori pena decadenza dal finanziamento;
  • il quadro temporale di trasferimento delle risorse statali secondo le scansioni indicate dal punto 1.1 dell’allegato 3 al decreto.

Per gli ulteriori interventi da finanziare sulle risorse disponibili ai sensi del precedente art. 1, le Regioni comunicano, entro duecentoquaranta giorni dall’avvenuta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto, al MIT, a pena di decadenza del finanziamento:

  • il comune di localizzazione,
  • la denominazione dell’intervento,
  • il soggetto attuatore e il Codice unico di progetto (CUP);
  • il costo finale, la quota di finanziamento assegnato e, ove necessario, le modalità di copertura aggiuntiva;
  • le modalità e i tempi attuativi di ciascun intervento desunti dal progetto di fattibilità tecnica ed economica approvato;
  • la data ultima ammissibile di inizio lavori pena decadenza dal finanziamento;
  • il quadro temporale di trasferimento delle risorse statali secondo le scansioni indicate dal punto 1.1 dell’allegato 3 al presente decreto.

La scelta degli interventi è effettuata nel rispetto delle prescrizioni di cui ai punti 4), 6), 7), 8) e 9) del punto 2.1 lettera a) della delibera CIPE n. 127/2017 riportati nelle premesse del presente decreto, ferma restando la facoltà di applicazione, da parte dei soggetti attuatori, delle altre prescrizioni previste dal citato punto 2.1 lettera a). Ciascun progetto definitivo, per il quale è stata accertata la fattibilità tecnica ed economica di cui ai precedenti commi 2 e 3, è approvato dalla Regione corredato dagli atti necessari alla sua celere realizzazione, della indicazione delle rispettive fasi attuative e dai tempi di collaudo. Le Regioni, avvalendosi del sistema informativo BDAP-MOP di cui  al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, dovranno vigilare sul rispetto dei tempi di attuazione di ciascun intervento approvato, ivi compreso il rispetto delle previsioni di spesa.

 

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Stralcio debiti tributari: Il limite di mille euro si riferisce alla somma dei carichi omogenei di ciascuna cartella esattoriale

In tema di stralcio ex lege dei debiti tributari ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, nella legge n. 136/2018, il limite di valore del debito (mille euro), cui detta disposizione correla l’operatività dello stralcio, dev’essere riferito non già ai singoli carichi risultanti da ciascuna cartella esattoriale, bensì alla somma di essi o, se i debiti sono di natura diversa, alla somma dei carichi omogenei. È quanto stabilito dalla Corte di cassazione, Sez. III civile, sentenza n. 17966 del 27 agosto 2020.
L’art. 4 del d.l. n. 119/2018 dispone che i debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’articolo 3, sono automaticamente annullati. L’annullamento opera automaticamente ipso iure in presenza dei presupposti di legge e, con riferimento ai debiti litigiosi, determina l’estinzione del processo per cessata materia del contendere, senza che assuma rilievo la mancata adozione del provvedimento di sgravio, trattandosi di atto dovuto meramente dichiarativo, previsto solo per consentire i necessari adempimenti tecnici e contabili nell’ambito dei rapporti tra agenti di riscossione ed enti impositori.
La Corte ricorda che la norma individua l’oggetto di disciplina dell’annullamento e, dunque, il termine di riferimento del valore di 1000 euro ne “i debiti di importo residuo […] risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010”. Ebbene, poiché la norma assume come oggetto di disciplina “i debiti di importo residuo […] risultanti dai singoli carichi” e, dunque, parla al plurale di “debiti”, è palese che in tal modo sottende che il “residuo” rilevante agli effetti del c.d. annullamento possa e debba (naturalmente se la cartella non sia [r]elativa ad un singolo carico) risultare dai più debiti, scilicet dai più “carichi” che la cartella contiene. In altri termini, a differenza di quanto sarebbe stato se la norma avesse parlato di “debito residuo” al singolare, il che avrebbe certamente consentito ed anzi imposto di riferire il limite di euro 1000 al singolo carico, in quanto la rilevanza del debito al singolare naturalmente sarebbe stata correlabile al singolo carico, il fatto che la norma allude ai “debiti residui” al plurale evidenzia necessariamente che il valore de quo si debba intendere risultante dal cumulo dei singoli carichi di cui alla cartella e ciò proprio perché “debiti residui” non possono che risultare dal cumulo dei singoli carichi esistenti nella cartella, cioè dal cumulo dei debiti che li costituiscono.
L’avere  il legislatore riferito il valore a “I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi”, implica una chiara correlazione dell’importo ad una risultanza emergente dal cumulo dei più carichi, perché il valore “fino a mille euro” è espressamente correlato a “i debiti di importo residuo” e, dunque ai più debiti (eventualmente esistenti nella cartella che rechi più carichi). Poiché ciò che risulta dai singoli carichi non è stato indicato come oggetto di annullamento con un riferimento al debito al singolare, ma lo è stato con un riferimento ai debiti al plurale, la lettera della legge è nel senso che si è inteso fare riferimento, nel caso di più carichi e, dunque, di più debiti, ad una sommatoria dei debiti, sicché il valore dev’essere rispettato con riferimento all’importo risultante dalla cartella per effetto del cumulo dei vari carichi.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION