Centri estivi, le modalità di spesa delle risorse assegnate ai Comuni

Il Dipartimento per le politiche della famiglia, con messaggio n. 1 dell’8 luglio 2020 fornisce indicazioni in merito alle modalità di spesa delle risorse assegnate ai Comuni, ai sensi dell’art. 105 del D.L. n. 34/2020 (interventi per il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socio-educativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività di bambini e bambine fino a 16 anni di età, per i mesi da giugno a settembre 2020). Il Dipartimento ricorda che l’intento del legislatore, con la previsione “interventi, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, di potenziamento dei centri…”, è quello di consentire il supporto e l’ampliamento dell’offerta dei servizi, mediante l’avvio o la prosecuzione di iniziative realizzate dal Comune beneficiario del finanziamento direttamente o in collaborazione con enti pubblici e privati. Pertanto, le famiglie devono essere intese come beneficiari “indiretti” dell’intervento legislativo.

Tramite le risorse ricevute, i Comuni beneficiari del finanziamento statale potranno, a titolo meramente esemplificativo:

  1. acquistare beni e servizi, direttamente o tramite una procedura di appalto prevista dalla normativa vigente in materia di appalti pubblici, con funzione strumentale rispetto agli interventi da realizzare per il potenziamento dei centri estivi (es. strutture mobili per ospitare le attività all’aria aperta per i bambini, servizi di sanificazione degli spazi, utilizzazione di personale aggiuntivo, acquisizione di strumenti, mezzi, servizi per la ristorazione);
  2. prevedere atti, quali protocolli, intese, convenzioni o contratti, secondo la normativa vigente, con altri enti pubblici e privati (ad esempio altri Comuni, ed enti più dettagliatamente indicati dal decreto di riparto, quali servizi educativi per l’infanzia e scuole dell’infanzia paritari, scuole paritarie di ogni ordine e grado, enti del terzo settore, imprese sociali ed enti ecclesiastici e di culto dotati di personalità giuridica), finalizzati a disciplinare la collaborazione, anche sotto il profilo economico o l’affidamento in gestione, per la realizzazione degli interventi previsti dalla legge;
  3. realizzare interventi di costruzione, ristrutturazione o riorganizzazione di strutture e spazi dedicati a ospitare i bambini per le attività estive.

Si ricorda che l’utilizzo delle risorse assegnate sarà monitorato dal Dipartimento per le politiche della famiglia sulla base della documentazione fornita da ciascun Comune come previsto dall’articolo 2, comma 7, del decreto 25 giugno 2020.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Sconta l’IVA il canone relativo ad un’attività effettuata in project financing relativa alla valorizzazione del polo museale

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 211/E del 13 luglio 2020 ha chiarito che il canone corrisposto dal comune al concessionario, per remunerare (indistintamente e nella loro globalità) le generiche prestazioni di servizi svolte nell’ambito della concessione, in project financing, per gestione dei servizi integrati al pubblico per la riqualificazione e valorizzazione dell’offerta museale deve essere assoggettato ad IVA nella misura ordinaria. Nel caso in esame, il Comune e la cooperativa hanno sottoscritto una convenzione per l’affidamento in concessione, tramite project financing, di un nuovo modello di gestione e valorizzazione dei beni culturali e delle politiche per il turismo della città, per l’esternalizzazione di servizi legati alla valorizzazione e alla promozione del patrimonio culturale e artistico della medesima Città. La convenzione prevede che la società concessionaria svolga una serie di prestazioni, quali: interventi di rifunzionalizzazione ed allestimento tecnologico del Polo Museale ed Espositivo; interventi di rifunzionalizzazione ed allestimento tecnologico dell’Ufficio di Informazioni Turistiche; gestione dei servizi museali e turistici per le strutture individuate; progettazione e gestione di interventi di produzione culturale; riallestimento degli spazi destinati ai servizi al pubblico; mantenere in perfette condizioni d’uso, mediante periodici interventi di manutenzione ordinaria, i locali, gli impianti e i beni in concessione; provvedere al pagamento dei costi relativi ai consumi di gas, acqua ed energia elettrica mediante attivazione di utenze autonome e previo distacco dalle utenze da parte dell’Amministrazione; porre in essere tutti i servizi, lavori e investimenti previsti nell’offerta tecnica, etc. Tali attività vengono svolte a fronte di uno specifico corrispettivo riconoscimento al Concessionario; al concessionario è riconosciuto anche il diritto alla percezione dei proventi derivanti dallo sfruttamento economico dei servizi oggetto della presente Convenzione” ed in concreto derivanti dalla vendita di biglietti di ingresso al circuito museale; bookshop e audioguide; visite guidate; servizi didattici per scuole; noleggio sale a privati.
In merito alla natura tributaria, agli effetti dell’IVA, dei contributi erogati in attuazione di fattispecie rientranti in tale tipologia di contratto anche con riferimento alle diverse disposizioni che si sono succedute nel tempo in materia di contratti pubblici, l’Agenzia ricorda che sono stati forniti importanti chiarimenti in precedenti documenti di prassi. In particolare, con la risoluzione 11 giugno 2002, n. 183/E, è stato chiarito che un contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In altri termini, il contributo assume natura onerosa e configura un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto. Di contro, l’esclusione dal campo d’applicazione dell’IVA si configura ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere alcunché in controprestazione. Così, in generale, i contributi a fondo perduto, ossia quelli versati non in contropartita di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, non sono soggetti ad imposta. Nel caso in esame il rapporto instaurato tra il Comune e la società concessionaria è inquadrabile in un rapporto contrattuale, caratterizzato dal sinallagma tra l’obbligo assunto dal Concessionario di svolgere una serie di attività correlate alla riqualificazione e alla valorizzazione dell’offerta museale e l’obbligo assunto dall’ente locale sia di pagare un canone che di consentire al concessionario il diritto allo sfruttamento del servizio mediante l’acquisizione dei relativi proventi.

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Rinegoziazione dei contratti di locazione passiva di immobili di proprietà privata

Con deliberazione n. 40/2020, la Corte dei conti, Sez. Piemonte, si è espressa sulla portata applicativa delle disposizioni di cui all’art. 1, commi 616 e seguenti, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), che attribuiscono, espressamente, alle amministrazioni dello Stato (specificando a titolo esemplificativo la Presidenza del Consiglio dei ministri, le agenzie anche fiscali, compresa l’Agenzia del demanio, nonché gli organi di rilevanza costituzionale) la facoltà di procedere alla rinegoziazione dei contratti di locazione passiva di immobili di proprietà privata, in corso alla data di entrata in vigore della legge, con lo scopo di ottenere, da una parte, l’allungamento dei termini di durata del contratto, e, dall’altra, il conseguimento di risparmi di spesa attraverso la riduzione del canone di locazione.
L’art. 1, comma 616 dispone che al fine di conseguire ulteriori risparmi di spesa connessi ai contratti di locazione passiva in immobili di proprietà privata, le amministrazioni dello Stato di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali compresa l’Agenzia del demanio, nonché gli organi di rilevanza costituzionale, possono procedere, ferme restando le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 dell’articolo 3 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e laddove conveniente, alla rinegoziazione dei contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, alle condizioni e nei termini previsti dal comma 617”. Il successivo comma 617 disciplina le condizioni e i termini della rinegoziazione, consistenti nella verifica con l’Agenzia del demanio della convenienza della rinegoziazione e nella proposta, entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, della rinegoziazione del contratto in corso mediante la stipula di un nuovo contratto della durata di nove anni a fronte di un canone annuo commisurato al valore minimo locativo, fissato dall’Osservatorio del mercato immobiliare, ridotto del 15 per cento. Infine, il comma 618 prevede che, entro trenta giorni dal ricevimento della proposta di rinegoziazione, il privato potrà scegliere se accettarla e, in caso contrario, il contratto vigente continua a produrre effetti fino alla naturale scadenza.
Secondo la Corte dei Conti, l’espressione “amministrazioni di Stato”, letteralmente, non include tutte le altre p.a. annoverate dall’art. 1, comma 2 del d.lgs. 165/2001; tutte le volte in cui il legislatore nazionale ha voluto far riferimento, in generale, alle amministrazioni pubbliche ha richiamato espressamente l’art. 1, comma 2 del d.lgs. 165/2001, senza alcuna espressa limitazione. Pertanto, secondo i giudici, l’interpretazione letterale e logica dell’art. 1, comma 616, della legge n. 160 del 27/12/2019 induce a ritenere che la disposizione faccia riferimento esclusivamente alle amministrazioni dello Stato, non anche alle P.A. (tra cui gli enti locali) di cui all’art. 1, comma 2 del d.lgs. 165/2001.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

La sterilizzazione del fondo anticipazioni di liquidità

Con sentenza n. 4 del 28.1.2020 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 2, comma 6, del DL. n. 78/2015, convertito, con modificazioni, nella legge n. 125/2015, e dell’art. 1, comma 814, della legge n. 205/2017 per contrasto con gli artt. 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, della Costituzione.
Si ricorda che l’art. 2, comma 6 consentiva agli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità di utilizzare la quota del FAL accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione, mentre l’art. 1, comma 814, della legge n. 205 del 2017 (norma di interpretazione autentica dell’art. 2, comma 6, del D.L. 19 giugno 2015, n. 78)  concedeva di utilizzare la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione, anche con effetti sulle risultanze finali esposte nell’allegato 5/2 annesso al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, a seguito del riaccertamento straordinario dei residui, nonché sul ripiano del disavanzo previsto dal comma 13 del medesimo articolo, limitatamente ai soli enti che avessero approvato il suddetto riaccertamento straordinario a decorrere dal 20 maggio 2015.
Nella sentenza 4/2019 la Corte Costituzionale, soffermandosi sulle operazioni da eseguire al fine di ovviare agli effetti della pronuncia, ha precisato che “Con riguardo alla situazione venutasi a creare a causa della non corretta contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità e dell’extradeficit presumibilmente generato dalla gestione posta in atto nelle more della presente decisione (non risulta allo stato degli atti la realizzazione di alcuna economia in grado di compensare l’allargamento della spesa), l’ente locale dovrà avviare il necessario risanamento nei termini di legge. È chiaro che in un simile contesto non è affatto necessario che l’amministrazione comunale riapprovi – risalendo all’indietro – tutti i bilanci antecedenti alla presente pronuncia, essendo sufficiente che siano ridefinite correttamente tutte le espressioni finanziarie patologiche prodottesi nel tempo, applicando a ciascuna di esse i rimedi giuridici consentiti nel periodo di riferimento, in modo da ricalcolare il risultato di amministrazione secondo i canoni di legge”.
A seguito della sentenza della Corte costituzione, durante l’iter parlamentare di conversione in legge del DL 30.12.2019, n. 162 (c.d. decreto milleproroghe), è stato inserito l’art. 39-ter, rubricato «Disciplina del fondo anticipazione di liquidità degli enti locali», il quale:

  • dispone che, in sede di approvazione del rendiconto 2019, gli enti locali accantonino il fondo anticipazione di liquidità nel risultato di amministrazione al 31.12.2019 (comma 1);
  • introduce una misura che consente gradualità nel ripiano del peggioramento del disavanzo 2019 determinato dall’accantonamento al fondo anticipazione di liquidità rispetto l’esercizio precedente (comma 2);
  • detta una nuova disciplina sulle modalità di utilizzo del fondo di anticipazione liquidità (comma 3);
  • precisa che la quota del risultato di amministrazione accantonata nel fondo anticipazione di liquidità sia applicata al bilancio di previsione anche da parte degli enti in disavanzo di amministrazione (comma 4).

Di fatto, la norma consente agli enti locali di sterilizzare gli effetti sul risultato di amministrazione del finanziamento della quota capitale oggetto di restituzione annuale, mediante la contropartita da stanziare in entrata sub specie di “utilizzo del risultato di amministrazione” (espressione che designa, in sostanza, un mero accantonamento contabile utile a preservare il pareggio finanziario di competenza), operando simmetricamente alle registrazioni contabili che consentono di neutralizzare gli effetti dell’accertamento dell’anticipazione nell’esercizio della sua concessione.
In merito all’eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019, per effetto dell’accantonamento a Fondo anticipazioni di liquidità dell’importo complessivo incassato e ancora non rimborsato, la Corte dei conti, Sez. Molise, con deliberazione n. 44/2020, offre utili indicazioni operative in ordine alle modalità di ripiano del disavanzo medesimo, secondo la ratio ispiratrice della disciplina prevista dall’art. 39-ter del D.L. 162/2019. Preliminarmente la Corte osserva che la norma non può, né deve intendersi come introduttiva della facoltà di sottostimare, attraverso la strumentale tenuta di più disavanzi, l’accantonamento annuale finalizzato al risanamento e, conseguentemente, di peggiorare, anziché migliorare, nel tempo del preteso riequilibrio, il risultato di amministrazione, poiché qualunque disposizione che consentisse di considerare separatamente più disavanzi di amministrazione, calcolando la quota di accantonamento – ai fini del risanamento – indipendentemente dall’entità complessiva del deficit dovrebbe ritenersi inesorabilmente incostituzionale.

Al fine di consentire il ripiano del disavanzo nel più ampio termine di cui alla previsione normativa, è necessario, secondo la Corte, operare il confronto tra il disavanzo complessivo determinato a rendiconto 2019 con il saldo 2018 non diminuito dall’accantonamento. Determinato il disavanzo è possibile distinguere tra diverse ipotesi:

  1. Emersione del disavanzo solo a decorrere dal rendiconto 2019, di importo inferiore o pari all’incremento dell’accantonamento al FAL: Tale “incremento”, di regola, coincide con la complessiva anticipazione da restituire al 31 dicembre 2019, salvi i casi – in verità, del tutto asistematici – di “utilizzazione” parziale della facoltà consentita dalle norme poi dichiarate costituzionalmente illegittime, in ragione di un FAL di importo superiore al FCDE;
  2. Emersione del disavanzo solo a decorrere dal rendiconto 2019, di importo superiore all’incremento dell’accantonamento al FAL: in aggiunta alla quota pari alla sorta capitale annua dell’anticipazione da rimborsare, occorre considerare un’ulteriore quota relativa alla parte di disavanzo superiore all’ “incremento dell’accantonamento”. Tuttavia, quest’ultima quota, non operando per essa la norma derogatoria introdotta dall’articolo 39-ter, sarà assoggettata alle ordinarie regole in materia di periodo di ripiano (di regola triennale, tenuto conto della sua emersione a decorrere dal 2019 e della previsione dell’articolo 188 TUEL).
  3. Peggioramento del disavanzo entro l’incremento dell’accantonamento a FAL: se non risulta superato il limite dato dall’incremento dell’accantonamento al fondo anticipazione di liquidità, il Legislatore consente di determinare le quote in misura pari all’importo annualmente rimborsato dell’anticipazione, con la conseguente possibilità di estendere il periodo di ripiano fino a farlo coincidere con il totale degli esercizi di restituzione dell’anticipazione ancora da rimborsare al 31 dicembre 2019. L’ente locale sarà tenuto a iscrivere in bilancio, come prima voce della spesa, sia la quota di ripiano corrispondente all’importo della rata di anticipazione da rimborsare e riferita al peggioramento del disavanzo, sia le quote di recupero del risultato negativo precedente al 2019 ancora non ripianate, per queste ultime continuando ad applicarsi le ordinarie regole che disciplinavano l’arco temporale di ripiano in ragione della natura del disavanzo;
  4. peggioramento del disavanzo oltre l’incremento dell’accantonamento a FAL. Occorre considerare nel calcolo del disavanzo complessivo da applicare nell’esercizio 2020 e nei successivi, in aggiunta alla quota pari alla sorta capitale annua dell’anticipazione da rimborsare, l’ulteriore quota relativa alla parte di disavanzo superiore all’ “incremento dell’accantonamento” (assoggettata alle ordinarie regole in materia di periodo di ripiano, non operando per essa la norma derogatoria introdotta dall’articolo 39-ter). In sede di quantificazione dell’importo da iscrivere, come prima voce di spesa, nei bilanci di previsione 2020-2022 e successivi, l’ente locale sarà tenuto a distinguere idealmente tre valori parziali, rispettivamente corrispondenti alle quote di recupero del disavanzo originario ancora non ripianate, alla rata annuale dell’anticipazione da rimborsare e all’ulteriore somma riferita alla parte di disavanzo superiore all’ “incremento dell’accantonamento”, ciascuno dei quali seguirà le regole riguardanti il rispettivo periodo di ripiano.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Emanata la Circolare contenente le istruzioni operative per la comunicazione dei proventi da sanzioni al CDS

È stata emanata dal Ministero dell’Interno – Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali – la Circolare F.L. n. 14 del 9 luglio 2020 recante le Istruzioni operative riguardanti l’inserimento dei dati nella piattaforma informatica in osservanza alle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 2, del Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Ministero dell’Interno n. 608 del 30 dicembre 2019. Si ricorda che sulle medesime istruzioni la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nella seduta del 23 giugno scorso, ha espresso parere favorevole.
La Circolare fornisce le istruzioni per la trasmissione della relazione, a regime, che ciascun ente è tenuto ad inviare entro il termine del 31 maggio di ciascun anno, con l’eccezione prevista in sede di prima applicazione, stabilita al 30 settembre 2020, e per le annualità pregresse che riguardano gli anni dal 2012 al 2018.
La comunicazione dati finanziari dovrà essere effettuata tramite piattaforma telematica, che sarà accessibile per il mese di settembre e, per gli enti ritardatari, l’applicazione sarà disponibile anche per il mese di ottobre. L’ente dovrà utilizzare esclusivamente il modello informatico che riproduce l’allegato A) del decreto interministeriale.
La relazione riferita ai dati delle annualità precedenti (2012-2018) dovrà essere inviata via mail (al seguente indirizzo renato.beretta@interno.it), sempre secondo lo schema di cui all’allegato A) del decreto, con la seguente tempistica:

  • anni 2012 e 2013 da presentare entro il 31 gennaio 2021;
  • anni 2014 e 2015 da presentare entro il 30 giugno 2021;
  • anni 2016 e 2017 da presentare entro il 31 dicembre 2021;
  • anno 2018 da presentare entro il 31 marzo 2022.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

In G.U. il decreto di riparto dei 455 mln di euro per programmi straordinari di manutenzione della rete viaria

È stato pubblicato in G.U. n. 173 dell’11-07-2020 il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 29 maggio 2020 di ripartizione ed utilizzo dei fondi previsti l’articolo 1 comma 95 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) per il finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane, da utilizzarsi dal 2019 al 2033.
Un totale complessivo di euro 459.165.664 da ripartire tra tutte le Province e Città Metropolitane delle Regioni a Statuto Ordinario e delle Regioni Sardegna e Sicilia sulle annualità dal 2019 al 2033 ed una somma di 4.000.000 euro attribuita specificamente alla Città Metropolitana di Roma, sulle annualità dal 2020 al 2023.
Alla somma complessiva delle risorse pari ad euro 144.693.736, per gli anni 2019-2024 vanno ad aggiungersi 4 milioni a favore della Città Metropolitana di Roma. La somma complessiva di euro 310.471.928, riferita alle annualità dal 2025 al 2033 sarà oggetto di un ulteriore decreto allo scopo di definire le tempistiche e le modalità e le eventuali modifiche intervenute dei coefficienti di ripartizione.
Le risorse saranno utilizzate per la realizzazione di vari interventi di ambito stradale, di manutenzione straordinaria e di adeguamento; per il miglioramento delle condizioni di sicurezza ed utilizzate prioritariamente su ponti, viadotti, gallerie, manufatti ed altre opere della rete stradale, dispositivi di ritenuta e installazione di sensoristica di controllo dello stato dell’infrastruttura.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

ANAC, proposte di modifica sull’applicazione del d.lgs. 33/2013 alle società quotate

L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha inviato lo scorso 9 luglio a Governo e Parlamento un Atto di segnalazione con delle osservazioni e proposte di modifica in merito ad alcune disposizioni del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ‘Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni’. Nella predisposizione di precedenti atti sullo stesso tema, l’Autorità aveva già rilevato alcune criticità delle norme di riferimento che potrebbero condurre ad applicazioni distorte della disciplina. Le modifiche proposte con l’Atto di segnalazione riguardano l’ambito soggettivo di applicazione e gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION