Costituisce danno erariale la revoca di un contributo destinato a ristorare una spesa sostenuta per l’esecuzione di lavori di competenza del comune e dallo stesso sopportata, in considerazione dell’esistenza di una perdita ormai irrevocabilmente verificatasi per l’ente comunale. È quanto ha stabilito la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Toscana, con la Sentenza n. 186 depositata il 18 giugno 2020, nel giudizio di responsabilità promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti, che ha condannato il Responsabile unico di procedimento (RUP) nonché dirigente comunale del settore competente.
I fatti
In data 22 febbraio 2011 era stata stipulata una convenzione tra la Fondazione Pisa e il Comune di Pisa, con cui la prima aveva assunto l’impegno di finanziare un intervento di restauro. Il termine per l’ultimazione dei relativi interventi era stato fissato al 31 dicembre 2011, salva eventuale protrazione dei lavori (in effetti verificatasi) che, ai sensi della convenzione, doveva comunque essere tempestivamente comunicata all’ente erogatore del finanziamento. Con note in data 16 e 17 febbraio 2017 il Segretario generale del Comune di Pisa aveva chiesto alla Fondazione l’erogazione del contributo concordato, allegando il rendiconto relativo alle spese effettuate (i lavori, conclusisi in ritardo rispetto al termine originariamente programmato, risultavano infatti essere stati terminati tra il marzo 2012 e il marzo 2015). Con nota in data 7 marzo 2017, tuttavia, la fondazione aveva preso atto della mancanza di una comunicazione relativa alla protrazione dei lavori oltre il termine originariamente convenuto, disponendo la revoca del finanziamento. Proprio l’ammontare relativo al contributo revocato è stato qualificato dalla Procura come danno erariale.
La decisione
Nel giudizio è emerso con sufficiente chiarezza che il convenuto si è reso inottemperante alle funzioni di responsabile del procedimento (che, in base all’articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono attribuite al dirigente competente, salvo delega ad altro funzionario, che nel caso di specie non è stata effettuata). In particolare, ai sensi dell’articolo 10 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, vigente all’epoca dei fatti, grava(va) sul responsabile unico del procedimento il complesso dei compiti relativi alla correttezza dell’iter della procedura di affidamento, nel caso di specie, di lavori, in sintonia peraltro con gli obblighi della più generale figura del responsabile del procedimento amministrativo. In tale ambito si collocano anche le attività finalizzate a garantire la persistenza della copertura finanziaria dei lavori, in origine programmata. Il convenuto rivestiva, al contempo, la qualifica di dirigente del settore competente, con il conseguente obbligo, ai sensi dell’articolo 107, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n 267, di curare anche l’adozione degli atti finanziariamente onerosi e la loro copertura. Pertanto, secondo i giudici, non può che trovare applicazione il principio giurisprudenziale (Corte dei conti, sezione III Appello, 17 giugno 2019, n. 117) secondo cui in tema di erogazione di benefici pubblici “È corretta l’attribuzione al dirigente della colpa per l’intero illecito costituito dall’emissione di una illegittima e dannosa determina dirigenziale, nel caso in cui manchi del tutto l’evidenza della partecipazione alla fase istruttoria del responsabile del procedimento”: considerazione che, nel caso di specie, è rafforzata dalla circostanza che le due figure addirittura coincidevano. Acclarata la grave negligenza del convenuto, resta indiscusso anche il nesso causale rispetto al danno prodotto, in quanto la convenzione stipulata con il comune prevedeva espressamente la possibilità di revoca del contributo nel caso, tra l’altro, di mancata comunicazione degli elementi essenziali del progetto tra cui il termine di ultimazione, successivamente in effetti intervenuta, e tale omissione è come detto attribuibile al responsabile del procedimento.
Autore: La redazione PERK SOLUTION