Proposta DDL di ripristino sorteggio presidente revisori e introduzione sorteggio nelle società partecipate

È stata depositata in Senato una proposta di DDL recante “Disposizioni per l’efficientamento della pubblica amministrazione”. L’obiettivo dell’iniziativa legislativa è rafforzare il percorso di miglioramento della performance delle pubbliche amministrazioni, apportando una serie di modifiche che mirano a rendere realmente indipendenti quegli organi della pubblica amministrazione, come gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV), i segretari comunali e i revisori legali, che sono posti a presidio della legalità e degli interessi dei cittadini. Trattasi di interventi che si propongono di realizzare quell’ammodernamento dello Stato il cui ritardo tanto pesa sulla perdita di competitività del Paese e sull’aggravarsi del debito pubblico italiano. Il documento consta di sei articoli:

  • l’art. 1 interviene sugli obblighi di formazione continua previsti per i componenti degli OIV;
  • l’art. 2 prevede che per la nomina degli organismi indipendenti di valutazione (OIV) si proceda mediante estrazione dall’Elenco nazionale dei componenti degli Organismi indipendenti di valutazione, tenuto dal Dipartimento della funzione pubblica, anziché attraverso la nomina diretta da parte dell’organo di indirizzo politico-amministrativo a seguito di procedura selettiva pubblica;
  • l’art. 3 prevede la realizzazione di un progetto per la creazione e l’utilizzo di un software unico di contabilità per gli enti locali, allo scopo di rendere accessibile online agli enti un sistema per la gestione della contabilità a livello nazionale, così da garantire una gestione contabile uniforme attraverso l’eliminazione dell’impiego dei vari software attualmente utilizzati dagli enti;
  • l’art. 4 introduce la modalità del sorteggio per la nomina dei segretari comunali, così da garantire una maggiore terzietà e imparzialità del segretario comunale e, di conseguenza, un esercizio maggiormente effettivo ed efficace delle prerogative di controllo ad esso attribuite;
  • l’art. 5 ripristina la precedente normativa in materia di nomina dei revisori dei conti degli enti locali, con conseguente abrogazione dell’articolo 57-ter del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n.157.
  • l’art. 6 estende la modalità dell’estrazione a sorte prevista per i revisori contabili degli enti locali ai revisori legali delle società a partecipazione pubblica.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Possibilità di cumulo dell’indennità di ordine pubblico con l’indennità di servizio esterno per il personale di P.L.

La Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 96/2020, rispondendo ad una richiesta di parere concernente la spesa del personale, ed in particolare in merito alla possibilità di cumulare l’indennità di ordine pubblico con le altre indennità previste dal CCNL del Comparto Funzioni Locali per il personale addetto al servizio di Polizia municipale, ha evidenziato che l’individuazione dell’ambito delle ipotesi di cumulo – solo eccezionalmente consentite – non può che essere rigorosamente vincolata alla verifica dell’oggettività delle prestazioni di servizio, ontologicamente riconducibili alla materia collegata dell’ordine pubblico, senza alcuna commistione e/o sovrapposizione con le competenze ordinarie della polizia locale. Solo tale condizione preventiva, infatti, è idonea ad escludere l’attribuzione di componenti remunerative illegittimamente liquidate per la resa del medesimo ed unico servizio, da realizzare, quindi, secondo il criterio di effettività con la resa di prestazioni diverse e aggiuntive rispetto a quelle ordinarie.
I giudici contabili, dopo una ricostruzione del quadro normativo di riferimento, hanno ricordato che il CCNL Funzioni Locali del 21 maggio 2018, all’art. 56 quinquies, prevede la non cumulabilità dell’indennità di servizio esterno con l’indennità di cui all’art. 70-bis “indennità condizioni di lavoro”, e, al contrario, la cumulabilità con l’indennità di turno di cui all’art. 23, comma 5 (indennità per il personale turnista), con le indennità di cui all’art. 37, comma 1, lett. b), del CCNL del 6.7.1995 e successive modificazioni ed integrazioni (indennità per il personale di vigilanza), e con i compensi connessi alla performance individuale e collettiva.
La non cumulabilità con l’indennità di servizio esterno, dunque, risulta avere ad oggetto – come indicato nella disposizione sopra richiamata – la c.d. ”indennità condizioni di lavoro”, la cui remunerazione trova giustificazione nello svolgimento, tra l’altro, di attività disagiate o esposte a rischi e, di conseguenza, pericolose o dannose per la salute. Tuttavia la menzionata indennità ha riguardo alla relazione tra i peculiari dipendenti della Polizia locale e gli altri dipendenti del medesimo comparto che non si trovano nelle predette condizioni di peculiarità. In tale senso, l’indennità di O.P. appare più assimilabile, quanto al personale di Polizia locale, alle c.d. indennità speciali erogate da “soggetti terzi” indicate – per il personale appartenente alle specialità della Polizia di Stato – nella circolare del Capo della Polizia del 03 aprile 2020, che non all’indennità di cui all’art. 70 bis del CCNL Funzioni Locali del 21 maggio 2018. Postulano, nel senso della natura “esterna ed eccezionale” dell’indennità di O.P. in favore del personale di Polizia locale, oltre al già mentovato inciso della circolare n. 333-G 2.3.81 del 07/12/2006 (che sottolinea come la corresponsione dell’indennità in parola vada riconosciuta al personale di Polizia locale solo quando l’ordinanza del Questore stabilisca uno specifico contingente numericamente determinato di operatori di Polizia locale, in quanto, altrimenti i servizi resi dal personale appartenente ai predetti Corpi e Servizi potrebbero essere considerati normali servizi di istituto e quindi, non meritevoli del riconoscimento dell’ indennità), anche la stessa intera sequenza procedimentale che consente l’inserimento del personale di Polizia locale nei servizi di Ordine Pubblico. Ci si riferisce, in particolare, all’estrinsecazione del modello coordinamentale sancito dalla L. n. 121/1981 (nel testo emergente dalla modifica impressa con il D.Lgs. n. 279/1999) che, per il tramite delle norme dell’art. 54, comma 2, del D.Lgs. n. 267/2000 e degli articoli 3 e 5 della L. n. 65/1986, realizza pienamente il principio di leale collaborazione tra enti ed istituzioni della Repubblica, anche sul versante della partecipazione del personale di Polizia locale – sebbene con compiti ausiliari ed in diretta dipendenza dall’ Autorità di pubblica sicurezza – alle funzioni di mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica. Inoltre, non va trascurato che – a rappresentazione di quanto il legislatore abbia inteso considerare il peculiare ruolo della Polizia locale nel contesto emergenziale connesso al contenimento epidemiologico del Covid-19 – con la L. 22 maggio 2020 n. 35 recante: “Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 25 marzo 2020 n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19”, è stato modificato il comma 9, dell’art. 4, del preveniente D.L. n. 19/2020, inserendo, dopo le parole: “delle forze di polizia”, le seguenti parole: “del personale dei corpi di Polizia municipale munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza”. Siffatta norma pone all’evidenza che i Prefetti, nell’assicurare l’esecuzione delle misure di prevenzione e cautela volti a determinare il contenimento della diffusione epidemiologica in parola, expressis verbis, rilancia la potenzialità di supporto che può offrire il personale di Polizia locale, in servizi che, ove coordinati nei termini sopra descritti, possano generare il riconoscimento dell’indennità di O.P. in termini di cumulabilità non dissimilmente da come ha precisato il Capo della Polizia nella circolare del 03 aprile 2020. Tutto ciò posto, dirimente è il fatto che il legislatore abbia ritenuto di conservare il divieto di cumulo per alcune particolari indennità. Infatti, nella prospettiva delle citate circolari, l’art. 10, co. 2, lett. c), del DPR n. 147/90, disciplinante le fattispecie tassativamente preclusive del cumulo, non può che considerarsi norma speciale, non estensiva per analogia e di stretta interpretazione, ai sensi dell’art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile (preleggi). Infatti, il richiamo dell’art. 56 quinquies, co. 2, lett. d), del CCNL 2018 “Funzioni locali”, all’art. 70 bis, non appare segnatamente riconducibile alla nozione tecnica di “ordine pubblico”, quindi non preclude, aprioristicamente, il cumulo in parola, a condizione che ricorrano tutti i presupposti testé enunciati e solo quando si verifichino le eccezionali condizioni necessarie.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Mantenimento partecipazioni pubbliche, rilevano il vincolo di scopo e il vincolo di attività

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 77/2020 rispondendo ad un quesito posto dal Commissario straordinario di un Comune, rileva che, ai fini del mantenimento di una partecipazione pubblica, gli enti dovranno valutare attentamente la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 4 del d.lgs. n. 175/2016 e, dunque, del cd. vincolo di scopo e del cd. vincolo di attività, a prescindere dal fatto che una partecipazione pubblica sia tale da poter qualificare una società pubblica in termini di “ente in house”. Il vincolo di scopo è riconducibile all’oggetto delle attività di produzione di beni e servizi da parte delle società, che dovrà essere strettamente necessario per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente. Il vincolo di attività individua le attività consentite alle società pubbliche, quali:

  1. produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;
  2. progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016;
  3. realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, commi 1 e 2;
  4. autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;
  5. servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016.

La qualificazione di ente in house rileva, invece, ai fini delle modalità con cui sono affidati i contratti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni.  Solo le società che hanno le caratteristiche, ex lege previste (vd. anche artt. 5 e 192 del d.lgs. n. 50/2016), di enti in house potranno ricevere affidamenti diretti da parte delle pubbliche amministrazioni, con ciò derogando ai più generali principi di tutela della concorrenza sul mercato, disciplinati dalla legislazione nazionale ed europea.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Il Comune non può concedere lo scomputo degli oneri di costruzione

Con deliberazione della Corte dei conti, Sez. Abruzzo con deliberazione n. 130/2020, nel rispondere ad una richiesta di parere di un Comune in merito alla possibilità di scomputare, oltre agli oneri di urbanizzazione, anche il costo di costruzione che il privato dovrà versare al fine di contribuire alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, ha evidenziato che è da escludere che l’Ente possa concedere, in sede di convenzione con il privato, lo scomputo degli oneri di costruzione.
Difatti, il DPR n. 380 del 2001, T.U. dell’edilizia, prevede tale possibilità esclusivamente per gli oneri di urbanizzazione, ammettendo la sostituzione della prestazione pecuniaria con la realizzazione di opere che il Comune deve realizzare con le predette somme (art. 16, comma 2), sia che si tratti di opere di urbanizzazione primaria (art. 4, L. n. 847 del 1964) sia che si tratti di quelle di urbanizzazione secondaria (art. 44, L. n. 865 del 1971). Nulla dispone per i costi di costruzione previsti dall’art. 16, primo comma. La Corte ricorda come tale convincimento trovi sostegno anche nella sentenza del Consiglio di Stato n. 8919 del 31 dicembre 2019 che, muovendo dalla considerazione che il legislatore non prevede la possibilità di scomputare anche il costo di costruzione, ma i soli oneri di urbanizzazione, sottolinea che il mancato espresso divieto non assume un rilievo decisivo in quanto “allorché il legislatore detta una disciplina per una specifica fattispecie, ciò conduce implicitamente ad escluderne l’applicazione anche ad altre e diverse ipotesi non menzionate”.
Sempre secondo il Consiglio di Stato, la possibilità di effettuare lo scomputo ha natura derogatoria rispetto all’obbligo della “corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”, laddove l’espressione “corresponsione” rimanda, con ogni evidenza, ad una dimensione monetaria del pagamento, che, del resto, costituisce l’ordinaria forma di riscossione delle entrate dello Stato e degli Enti pubblici. Inoltre, la disposizione delinea, in sostanza, un’eccezione alla regula juris generale per cui i debiti tributari o, comunque, regolati da norme di diritto pubblico si estinguono con un pagamento in moneta: in ragione di tale natura eccezionale, la disposizione non è applicabile oltre i casi ed i tempi in essa previsti (cfr. art. 14 preleggi), giacché non riflette né veicola un principio generale, ma, al contrario, vi deroga”. Il contributo di cui all’art. 16, comma 1, del T.u., ha natura di corrispettivo di diritto pubblico e configura una prestazione patrimoniale imposta”. Veste, pertanto, i panni del credito di diritto pubblico, che per sua natura è indisponibile per il soggetto impositore, non solo in ordine all’an ed al quantum (ossia alla fase genetica), ma anche in ordine al quomodo (ossia alla fase esecutiva o, che dir si voglia, solutoria)”. Precisa, infine, il Consiglio di Stato che l’espressione “con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune” del comma 2 dell’art. 16 del T.u. in materia di edilizia “non dimostra né sottende un’implicita autorizzazione legislativa a convenire pattiziamente forme di adempimento alternative a quella monetaria, ma deve intendersi unicamente riferita alle modalità strettamente afferenti alla concreta esecuzione delle opere in questione (tempistica, modalità costruttive, qualità dei materiali, ecc.)”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

La pubblicazione dei dati sui buoni per la spesa alimentare

Con comunicato del 27 maggio 2020 il Presidente dell’ANAC ricorda che i buoni per la spesa alimentare erogati a causa dell’emergenza COVID-19 sono riconducibili agli atti di “concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici a persone fisiche ed enti pubblici e privati” previsti dall’art. 26 del D.lgs. 33/2013. Si tratta, infatti, di interventi di aiuto finanziario vincolato all’acquisto di generi alimentari di prima necessità per nuclei familiari che versano in situazione di difficoltà economico-finanziaria. Di conseguenza, i comuni sono tenuti a pubblicare, innanzitutto, i criteri e le modalità di erogazione dei buoni (art. 26, co. 1) sul sito web all’interno della sezione “Amministrazione Trasparente”, sotto sezione di primo livello “Sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici”.
Gli atti di concessione dei buoni per la spesa alimentare adottati dai Comuni (art. 26, co. 2) vanno invece pubblicati, sempre nella sotto sezione richiamata, solo ove di importo complessivamente superiore a mille euro in un anno nei confronti dello stesso beneficiario.
Il comunicato ricorda che è esclusa la pubblicazione dei dati identificativi delle persone fisiche destinatarie dei provvedimenti in questione qualora da tali dati sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico degli interessati (cfr. art. 26, co. 4). I comuni, pertanto sono tenuti ad adottare tutti gli accorgimenti idonei a tutelare il diritto alla riservatezza.
Al fine di limitare gli oneri per le amministrazioni, l’obbligo di pubblicazione può intendersi assolto anche attraverso un collegamento ipertestuale alla home page o pagina web ove risultano eventualmente già pubblicati i dati in questione, avendo cura di assicurare che i dati siano pubblicati secondo i criteri di qualità delle informazioni previste dal d.lgs. 33/2013 (cfr. art. 6).
Fermi restando i dati da pubblicare obbligatoriamente, rimane salva la facoltà dei comuni di decidere di rendere trasparenti sul proprio sito istituzionale dati ulteriori e, in particolare, quelli aggregati relativi ai buoni spesa di importo inferiore ai mille euro e l’elenco degli esercizi commerciali presso cui spenderli.
Poiché la sospensione degli obblighi di pubblicazione è cessata il 15 maggio 2020 (art. 103, co. 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27 – termine di sospensione non prorogato né dal D.P.C.M. 26 aprile 2020 né dal D.L. 19 maggio 2020, n. 34), l’Autorità invita le amministrazioni comunali a riprendere quanto prima la pubblicazione dei dati sui buoni spesa.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Funzione pubblica, rilevazione dei procedimenti disciplinari

Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha divulgato i primi dati concernenti la rilevazione dei procedimenti disciplinari da parte dell’Ispettorato per la Funzione pubblica. Dal 1 ° gennaio i dati vengono integralmente trasmessi dalle amministrazioni per via telematica, in modo più rapido e semplice, grazie all’implementazione di ‘Procedimenti disciplinari’, la banca dati presente sul portale ‘PerlaPA che raccoglie le comunicazioni relative alle azioni disciplinari a carico dei dipendenti pubblici. Le amministrazioni pubbliche comunicano i dati entro 20 giorni dall’adozione dell’avvio, della conclusione e dell’eventuale provvedimento di sospensione cautelare.
Dalla rilevazione emerge che nel primo quadrimestre del 2020 i procedimenti disciplinari avviati sono stati 1931, di cui 15 per falsa attestazione della presenza in servizio. 466 si sono conclusi, 1346 sono ancora in corso e 119 sono sospesi per procedimento giudiziario. Dei 466 procedimenti disciplinari conclusi, 82 hanno dato luogo all’irrogazione di sanzioni gravi quali 13 licenziamenti e 69 sospensioni dal servizio.
Dei 15 procedimenti disciplinari per falsa attestazione della presenza in servizio uno si è concluso con licenziamento; uno è sospeso per procedimento penale; cinque sono stati archiviati a seguito di modifica dell’iniziale addebito; otto si sono conclusi con la sospensione dal servizio.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION